Tra un libro e un docufilm si torna a parlare di Lotta Continua
Il commissario Luigi Calabresi «è stato innanzitutto una vittima di un ruolo che i suoi superiori diretti e indiretti gli avevano assegnato all’interno della strategia della tensione». La campagna montata contro di lui da Lotta continua per la sua responsabilità nella morte dell’anarchico Pino Pinelli – e su cui Adriano Sofri ha fatto abbondante autocritica, ci ha risparmiato «ulteriori stragi, e vittime, e oppressione e tirannide perseguite dagli strateghi della tensione». A scrivere queste parole è Guido Viale, che di Lotta continua fu uno dei dirigenti più noti ed amati.
Un docufilm controverso
Da pochi giorni è arrivato in libreria il suo nuovo saggio, intitolato Niente da dimenticare. Verità e menzogne su Lotta continua, pubblicato dal piccolo editore Interno 4. La diffusione nei canali Rai (Rai3 e Raiplay) del controverso documentario di Tony Santucci sul movimento rivoluzionario ha riportato alla ribalta social la vicenda della maggiore organizzazione extraparlamentare che ha avuto la stessa velocità di esplosione, nell’autunno caldo, e di implosione, dopo il disastroso esito elettorale del giugno 1976. A molti compagni il docufilm, ispirato al testo di Aldo Cazzullo, ma ricco di immagini d’epoca belle e significative, non è piaciuto. In particolare ha fomentato l’ostilità il livore anticomunista di Giampiero Mughini, che con il suo narcisismo spocchioso recita perfettamente la parte del “cattivo”.
Tante buone cose
Io, al di là di alcune democristianerie (equilibrare sistematicamente gli interventi del “destro” Marco Boato e del “sinistro” Erri De Luca) l’ho trovata non priva di pregi. Mi ha commosso l’ammissione di colpa dello scrittore sulla morte di Pietro Bruno (storia che avevamo già raccontato), divertito la sua improntitudine nel banalizzare la catastrofe dell’assalto al corteo femminista. Sempre interessanti i contributi di Donatella Barazzetti (sociologa ultrafemminista, insegna ad Arcavacata: rende onore a Sofri per l’eroismo laico con cui ha attraversato la via Crucis del processo e della galera) e di Enzo Di Calogero, un leader operaio alla Fiat che restituisce alla violenza diffusa di quegli anni la dimensione sociale e umana.. E a dirla tutta meglio del previsto anche Paolo Liguori, che ha fatto la fine che ha fatto ma difende con dignità la vicenda politica e comunitaria di Lotta continua. Inoppugnabili le obiezioni di Gad Lerner sulla presunta “lobby”.
Ma torniamo al libro di Viale, secondo cui è sbagliato indicare come «cattivi maestri» i leader politici rivoluzionari della nostra generazione: i Sofri, i Toni Negri, i Franco Piperno. Gli esempi da biasimare sono altri. Chi fu, infatti, il «vero cattivo maestro», se «mai in Italia ce n’è stato uno»? Indro Montanelli. Prima fascista, alla ribalta in Etiopia, dove partecipa senza vergogna alla pratica delle spose/serve bambine, ideatore di un colpo di Stato con l’ambasciatrice americana a metà degli anni ’50, poi promotore di quella cosiddetta “maggioranza silenziosa”, ovvero la minoranza anticomunista che puntava a prendere il potere con un golpe bianco. Se «chiunque di noi avesse detto e fatto anche solo la decima parte di quanto aveva scritto, detto e fatto Montanelli», osserva Viale, «provate a pensare quale sarebbe stato il suo destino […] e quale il trattamento riservatogli dalla stampa e dai media italiani».
L’indirizzo lo può anche pubblicare, nulla da nascondere, nulla di cui vergognarsi.
Entro subito nel merito: una recensione brutta ad un brutto libro.
I critici della storia di elleccì, fossero onesti, e non lo sono, dovrebbero parlare di se stessi senza nascondersi dietro la storia di Lotta Continua, che ha vissuto e vive senza di loro.
Lotta Continua è stata la vita di operai, studenti, pescatori, contadini che volevano un altro mondo.
Il fatto che opportunisti, squallidi intellettuali abbiano potuto inserirsi dentro l’organizzazione sicuramente è nostra responsabilità, ma anche lo vigliaccheria.
Francesco Giordano