25 marzo 2003: muore Luciano Della Mea, un marxista libertario

Si definiva un marxista libertario, spiegando che «una delle più grosse disgrazie della storia è che a un certo punto Carlo Marx abbia rotto con l’ anarchico Bakunin». E anarchico, irrequieto, infedele agli schemi e alle etichette è sempre stato Luciano Della Mea, fratello del cantautore Ivan, scomparso ieri mattina a 79 anni, a Firenze. Praticamente autodidatta, era cresciuto in un collegio per orfani e aveva fatto i più vari mestieri, dallo scaricatore di legname all’ operaio, al portiere d’ albergo prima di divenire giornalista e scrittore.

La sua biografia politica parte dalla Resistenza con Giustizia e Libertà e approda, dopo la Liberazione, nel Psi di Nenni. Aderirà poi al Psiup e, successivamente, da seguace diventa ispiratore di svolte: nel ‘ 67 è tra i fondatori di Potere operaio a Pisa, dopo sarà vicino a Lotta continua, tanto da essere definito più tardi come un fratello maggiore della generazione di Adriano Sofri e Mauro Rostagno.

Nel ‘ 72 prese posizione contro il terrorismo, allora quello tedesco della banda Baader-Meinhof, con Proletari senza comunismo dove accusava i «tupamaros d’ Europa» di infantilismo ideologico e scriveva che è un «errore, ed errore grave, dare il via ad azioni di violenza armata di avanguardia sulla base di una valutazione spontaneistica che le masse operaie e proletarie approvino e seguano l’ esempio».
Così Serena Zoli, sulle pagine del Corriere della Sera, in occasione della morte di Luciano Della Mea, il 25 marzo 2003. E’ di quel periodo, la primavera 1972, il suo impegno per ottenere giustizia e verità per Franco Serantini.

Un giornalista militante

Nella prefazione a un’antologia dei suoi scritti, Luciano Della Mea. Giornalista militante. Scritti 1949-1962, Lacaita, Manduria-Bari-Roma 2007, Paolo Mencarelli ricostruisce la sua complessa figura di intellettuale militante, tra aspirazioni letterarie e impegno politico, che prenderà presto il sopravvento, al punto da tradursi, nella recensione al libro di Franco Fortini Dieci inverni (10 dicembre 1957), in un’appassionata difesa della politica morandiana degli anni precedenti e della sua impostazione del problema del ruolo degli intellettuali (la recensione non piacque per nulla a Fortini, cui Della Mea era legato da un’affettuosa amicizia, al punto da spingerlo a lasciare il PSI).

Il suo lavoro da cronista

Nel suo lavoro di cronista ciò si era concretizzato in una serie di articoli (pubblicati sull’ “Avanti!” a partire dal 1953) di denuncia delle contraddizioni sociali di una città come Milano che, da lì a poco, diventerà la capitale del miracolo economico e, soprattutto, nella rubrica di dialogo con i lettori “Arrivi e partenze”, tenuta in un arco di tempo (dall’11 novembre 1954 al 14 settembre 1958) ricco di importanti avvenimenti politici interni ed internazionali che sposteranno gradualmente l’attenzione di Della Mea dai temi di carattere sociale (la scuola, il lavoro) a quelli più dichiaratamente ideologici, cercando sempre di rifuggire dalla retorica di partito (in un articolo del 1951 scriveva che “anche scrivere pace con la lettera minuscola è già lotta per la la pace”). In definitiva, Della Mea mantenne il proposito “di trattare degli argomenti che i lettori pongono con la massima chiarezza e semplicità a me possibili, evitando sia la saccenza didattica (l’andare verso il popolo armato di pazienza e di pillole di cultura), sia la pedanteria (che è tipica del burocrate), sia il sentimentalismo (parlare con il cuore in mano)”.

Per uscire da sinistra dallo stalinismo

L’interruzione della rubrica (anche per le critiche dello stesso Nenni alle posizioni assunte da Della Mea, vicino a Raniero Panzieri nel tentativo di delineare una uscita “da sinistra” dallo stalinismo, attraverso le “tesi sul controllo operaio”) segnerà il suo passaggio dall’ “Avanti!” a “Mondo nuovo”, organo della corrente di sinistra del PSI. Pur nella comune critica all’ipotesi di formazione di un governo di centro-sinistra, l’atteggiamento di Della Mea (e di Bosio, Panzieri, Pirelli) è differente da quello filocomunista di Valori e Vecchietti, i leader della sinistra socialista che daranno poi vita allo PSIUP: Gaetano Arfé ha scritto giustamente, a questo proposito, di un “autonomismo di sinistra”, per indicare una ricerca teorica che cercava di mettere insieme (generosamente, ma anche, spesso, confusamente) Rodolfo Morandi e Mao, Gramsci e la Luxemburg, la critica al concetto di stato-guida e quella alla democrazia rappresentativa.

Buongiorno, Resistenza

Anche nella collaborazione a “Mondo nuovo” (e nel lavoro editoriale con le Edizioni Avanti!, ricostituite alla fine del 1953 su iniziativa di Gianni Bosio: nel 1964, staccatesi dal partito, assunsero il nome di Edizioni del Gallo) l’interesse principale di Della Mea sarà quindi rivolto alle trasformazioni del capitalismo e alla condizione operaia: un’attenzione che lo porterà a partecipare alla fondazione dei “Quaderni rossi”, sia pure con una posizione differente (per quanto riguarda i rapporti con i partiti della sinistra) da quella di Panzieri e, soprattutto, di Mario Tronti. Con il trasferimento di Della Mea a Pisa, si apriva per lui una nuova stagione, quella della partecipazione al “lungo sessantotto”; valgono davvero per Della Mea, nella sua difficile vita, quanto scrisse dalle colonne dell’ “Avanti!” il 1 febbraio 1955, in risposta ad un lettore: “Quando l’amarezza e la tristezza assalgono, perché la lotta è aspra, perché il mondo è ingiusto, perché si ha a che fare con viltà e slealtà di ogni sorta, non conviene dirsi, a mò di rassegnazione, “Buongiorno tristezza”, bensì “Buongiorno resistenza”. E così salutare un nuovo giorno di lotta”.

Un socialista libertario

Oggi, per ricordarlo, sulla propria pagina Facebook, la figlia Maria Valeria pubblica un brano della sua autobiografia “Una vita schedata” (Jaca Book, 1996) « […]

Ora ho 72 anni e una salute malferma. Ero e resto fondamentalmente un socialista libertario, più “sociale” che partitico; considero il socialismo un’impresa di civiltà umana più che mai necessaria dentro la crisi dell’economia-mondo (e contro l’azienda-mondo analizzata da Hosea Jaffe) e l’uguaglianza – quale riconoscimento di tutte le diversità – l’idea portate e distintiva. Non rinnego proprio nulla, mentre mi faccio carico degli errori.

Rifuggo dalle idee e soprattutto dalle pratiche di “sviluppo” e “progresso” proprie della cosiddetta civiltà occidentale, di cui critico le pratiche di mercato e le sue culture pervasive; la concezione del lavoro che è e resta di dominio, pur secondo tecnologie diverse; la concezione del dovere che non ammette o esclude il piacere di vivere; l’istituzionalismo e il burocraticismo; il conformismo; la perdita di riflessione sulla morte presente quotidianamente in natura e nell’universo; il giusnaturalismo capitalistico che considera eterna e insormontabile la diseguaglianza, mentre sono e restano da valorizzare tutte le diversità al di là e contro il nazionalismo, il razzismo, le etnie contrapposte, il fideismo religioso con i suoi fanatismi e le sue intolleranze, il sessismo. […]»

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

1 Comment on “25 marzo 2003: muore Luciano Della Mea, un marxista libertario

  1. Ho qui il suo libro “LETTERA DI UN IMPAZIENTE”, Lettera aperta a David Cooper (Mazzotta Editore). Qualcuno lo ha letto?

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