23 maggio 2011. Muore in cella il brigatista Fallico, poteva essere salvato
Luigi Fallico, il brigatista detenuto a Viterbo e morto di infarto nel sonno il 23 maggio 2011, poteva essere salvato. Non ha dubbi il consulente di parte civile, Luigi Sommariva, direttore del reparto di cardiologia dell’ospedale di Belcolle. “Andava fatto subito un elettrocardiogramma” ha detto deponendo nell’udienza del processo per omicidio colposo. Un parere confermato dal medico legale Maria Rosaria Aromatario, incaricata dalla Corte:
“Quando è stato visitato, Fallico non accusava il dolore tipico dell’infarto, ma siccome linee guida indicano un preciso iter diagnostico anche in caso di dolore toracico, in tutte le sue manifestazioni.
Andava fatto immediatamente un elettrocardiogramma e poi un altro anche a distanza, se risulta negativo, nelle ore successive. Visto che l’infarto poi è arrivato, infarto misconosciuto non era”
La superficialità dei medici
Alla sbarra due medici del carcere di Mammagialla che hanno visitato il prigioniero il 18 e il 19 maggio 2011. Fallico era stato trasferito in infermeria il 18 maggio con 110 di minima e 190 di massima. Lo rimandarono subito in cella con un diuretico e una tachipirina, senza nemmeno un elettrocardiogramma. Il giorno dopo, il 19 maggio, però, trasferirono regolarmente Fallico a Roma per il maxiprocesso in corte d’assise. Fumatore, con il colesterolo alto, era in tutta evidenza un soggetto a rischio e per i due periti andava seguito e monitorato con più attenzione.
Fallico, 59 anni, già detenuto negli anno ’80, era stato arrestato nel 2009 per terrorismo e banda armata nell’ambito dell’inchiesta sulle Nuove Brigate rosse. In particolare per un presunto attentato progettato alla Maddalena, dove si sarebbe dovuto tenere il G8 spostato all’Aquila.
La testimonianza di un coimputato
Conferma la superficialità degli ufficiali sanitari la testimonianza di
Massimo Porcile, un boscaiolo suo coimputato. E’ l’ultima persona con cui Fallico ha parlato la sera prima del decesso.
“Dato il malore del giorno precedente, quando si accasciò al suolo durante l’ora d’aria, gli consigliammo di non partecipare all’udienza e restarsene in cella, ma lui volle venire lo stesso. La sera, quando tornavamo sull’autoblindo, aveva male alla testa, al torace, alla schiena e un braccio intorpidito. Mi sono preoccupato. Mio padre è morto di infarto quando avevo 12 anni e nei giorni precedenti aveva gli stessi sintomi di Fallico. Io, che faccio il taglialegna, avrei detto infarto e non pressione. La sera prima che Fallico morisse, pensava di avere la febbre, aspettava l’infermiera col termometro. Mi ha chiesto di chiudere la finestra della sezione perché sentiva freddo. La mattina dopo, lui di solito si alzava alle 6, non si è svegliato. Abbiamo chiamato un agente, che credeva dormisse. Era ancora tiepido, sotto le coperte. Invece era morto di infarto”.
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