Macché Mafia Capitale, per Colombo è solo una Roma marcia
Ancora una volta, con “Marcio su Roma. Criminalità, corruzione e fallimento della politica“, il libro appena pubblicato da Cairo Editori, Andrea Colombo ci offre un importante contributo di smantellamento del pensiero poliziesco dominante, smontando alla radici la narrazione di Mafia Capitale e disvelando i meccanismi di costruzione del mito. La sua tesi, che io, ovviamente condivido in pieno, è che una storia di malaffare abbastanza corrente, sia pure con delle specificità notevoli (la capacità di costruire un partito trasversale degli affari che va dagli ex Nar agli ex Br passando per Comunione e Liberazione e tenendo dentro tutti i partiti), è stata nobilitata a partire dall’enfatizzazione del ruolo criminale del boss solitario Massimo Carminati.
E’ quindi più esatto parlare di una Roma marcia, quindi, e non di Mafia Capitale. Del resto, già nel primo capitolo, Colombo affonda il bisturi, semplicemente costruendo una timeline dell’irresistibile ascesa di quella che nacque come “Rebibbia 29 giugno” e già a metà dello scorso decennio, con la giunta Veltroni, era diventato il gigante della cooperazione sociale e degli appalti nei servizi pubblici del Lazio. La storia che Colombo ci racconta, ovviamente ricavandola dagli atti giudiziari, smonta il mito della “fasciomafia”. Nel primo anno della Giunta Alemanno, infatti, dal Campidoglio si lavora al ribaltone ma la struttura alternativa, gestita da camerati fidati, su cui il braccio destro del sindaco, l’ex forzanovista Antonio Lucarelli, vorrebbe puntare non ha la consistenza organizzativa e logistica per soppiantare il colosso delle coop rosse. E così, dopo un prolungato braccio di ferro, tra ostracismi e contestazioni, si arriva a un accordo di affari che passa anche attraverso la corruzione personale di alcuni dei quadri più importanti dell’amministrazione. Il “Cecato” compare, è il caso di dire, sulla scena del crimine soltanto alla fine del 2012, quando oramai il sodalizio è attivo e operoso da anni. Eppure l’impianto accusatorio, con un sapiente gioco di cambi di prospettiva, rovescia la verità dei fatti, rispondendo così a una duplica esigenza: da una parte di tecnica processuale, dall’altra di spettacolarizzazione dell’inchiesta. Nel primo caso i vantaggi per l’accusa sono evidenti: uso estensivo delle intercettazioni, disponibilità del 41bis come strumento per fiaccare gli imputati riottosi. Sul secondo tema tornerò in un secondo post.
PS: La tesi “revisionista” del notista politica del “Manifesto” contesta alle radici l’ipotesi di mafiosità della banda affaristica-criminale ma non è affatto riduzionista sul tema delle responsabilità della politica per la catastrofe civile e amministrativa della Capitale. Tant’è che da giorni, nella sua pagina Facebook, Colombo bastona il cane che affoga e lancia un esplicito endorsement per Raggi sindaco…
secondo me, seguendo il processo a radio radicale tutti i giorni, “Vanno a scopa tutti quanti”,,, giudici imputati giornalisti finmeccanica massoni servizi lobby etc. tranne tassinari ed io eh ehe eh
Infatti, la presenza di organizzazioni criminali in luoghi come Campo dei Fiori e Via Veneto come è noto è il frutto di un’allucinazione collettiva …
Intanto il tribunale ha deciso che il clan Fasciani è un’organizzazione criminale ma non è mafiosa. Fattene una ragione ….
Ma adesso che ci penso, ma Andrea Colombo non è quello pseudo-compagno in ottimi rapporti con Maurizio Murelli? Ah, allora la sua obbiettività è a prova di bomba …
https://nottecriminaleblog.wordpress.com/2016/06/15/roma-da-salotto-buono-del-crimine-a-terra-di-mafia-un-anno-per-lavare-i-peccati-della-capitale/