Perché ci mancherà Marco Panella
Marco Pannella ci ha lasciato. Il giorno, tante volte temuto ed evocato per la sua incredibile capacità di andare sempre ai resti, è arrivato. Come tutti gli autentici grandi ha fatto cose eccellenti e altre pessime. Ma anche volendo mettergli in conto l’oltranzismo filoisraeliano, l’ossessione per il sistema maggioritario all’inglese, l’appassionata credenza per la potenza regolatrice del mercato in una logica liberista d’altri tempi, l’attenzione esasperata al sistema delle regole, alle forme del diritto astratto e il totale disinteresse per la potenza trasformatrice del conflitto sociale, sono pagliuzze rispetto alle travi portanti delle battaglie per il divorzio, l’aborto, l’antiproibizionismo, i diritti civili e umani degli ultimi della terra (morti di fame, detenuti, malati terminali, LBGT, condannati a morte) che hanno contribuito a rendere l’Italia un paese civile.
Non c’è stata una sola volta – nei quarant’anni in cui mi sono a vario titolo occupato di queste faccende – in cui sia mancato il sostegno e la disponibilità personale di un parlamentare o di un dirigente radicale per una campagna di tutela di un detenuto maltrattato (vale anche per l’ultimo caso di Emanuele Macchi). Speriamo di non doverlo rimpiangere troppo …
E’ straordinariamente vero.
Marco Pannella può essere (o essere stato) “antipatico” per vari versi ma lui e i radicali sono stati spesso gli unici a sentire gli ultimi, socialmente e politicamente.