2 maggio 1972: il covo brigatista di via Boiardo e il delatore Marco Pisetta
ll 2 maggio 1972 a Milano, in via Boiardo 33 e in via Delfico 20 la polizia individua due covi delle Br (armi, esplosivo, documenti, una cantina adibita a prigione per eventuali sequestri e, in via Delfico, il passaporto autentico di Giangiacomo Feltrinelli).
Caccia a Curcio e a Moretti
Tre gli arrestati e gli ordini di cattura emessi dal giudice Guido Viola contro Mario Moretti, 26 anni, e lo studente Renato Curcio. Sono due nomi nuovi ma, a dire degli inquirenti, “molto importanti”, che entrano nel “caso Brigate rosse”». Mario Moretti, perito elettronico alla Sit-Siemens, arrivò sulla sua Fiat 500 sotto il “covo” di via Boiardo, vide i carabinieri e telefonò a casa sua (al Gallaratese, altro quartiere popolare): «Mi si è rotta l’auto, farò tardi», e sparì dalla circolazione. E’ l’inizio della sua latitanza che durerà quasi nove anni e si concluderà a Milano.
Il covo di via Boiardo, affittato da Giorgio Semeria, era già stato attrezzato per funzionare da “prigione del popolo”. Bersaglio dei brigatisti era il consigliere comunale della destra democristiana, Massimo de Carolis, un avvocato rampante supporter della Maggioranza silenziosa, il movimento reazionario di massa che cerca di dar vita a una “piazza nera” capace di contrastare l’onda di piena dei movimenti politici e sociali antagonisti.
La cattura di Pisetta
Viene “ufficialmente” sorpreso con un mazzo di chiavi in mano, nell’atto di entrare a via Boiardo, Marco Pisetta, un proletario trentino, amico di Curcio, già arrestato per attentati del 1969 e condannato a tre anni. Portato in questura, e interrogato da Calabresi e Viola, viene “persuaso” con argomenti convincenti a collaborare: “Il dottor Viola mi ha chiesto se volevo quindici anni di galera […] oppure uscire subito […]. `Diciamo che tu non hai mai partecipato alle bande rosse, eri lì per dare una mano a imbiancare l’ufficio’ […]. Mentre mi diceva queste cose, il dottor Viola mi sventolava sotto il naso il mandato di scarcerazione.”
Il memoriale scritto dal Sid
Pisetta cede e ottiene la libertà promessa. Dopo 4 mesi, subisce un ricatto analogo da parte del SID. Il servizio segreto lo convince a firmare un memoriale. Piú tardi egli stesso lo rivelerà al settimanale “ABC”. “Sono ritornati i due del SID. Mi hanno presentato un plico di fogli scritti a macchina dicendomi di ricopiare tutto a mano sotto forma di una mia confessione spontanea […]. In verità non era una confessione. Non era neanche spontanea. Tanto che parecchie delle cose che ho ricopiato mi erano del tutto sconosciute.”
Il SID “allunga” la confessione così confezionata al “Borghese” che la pubblicherà a puntate nel mese di gennaio 1973. Risulta chiarissimo il disegno del SID di coinvolgere nell’operazione contro le BR tutta la sinistra, parlamentare e non.
Lo stesso Viola, che in un primo tempo aveva usato argomenti tanto “convincenti” da indurre Pisetta a “collaborare,” si indigna per il comportamento del SID. Sollecitare una formale inchiesta contro gli agenti segreti che gli hanno soffiato il testimone chiave sotto il naso:”Si tratta di un episodio di inaudita gravità. Omissione di atti di ufficio e favoreggiamento personale.” Nella sua requisitoria, tuttavia, raccoglierà gran parte delle rivelazioni del delatore. Costui, pur essendo formalmente ricercato si gode tranquillamente la libertà.
Insieme a Girotto, Pisetta è l’unico caso noto di provocatore, o meglio di “delatore” di cui sono state vittime le BR per molti anni.
Per approfondire
La vicenda e il suo impatto sulle scelte dell’organizzazione, che decide di passare alla clandestinità totale è così ricostruita nel volume “Brigate Rosse”, curato dal Soccorso Rosso nel 1975.
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