25 agosto 1972, Parma: il fascista Bonazzi uccide Mario Lupo, operaio di Lc

D’altronde la violenza fascista non si arresta. In giugno a Firenze Almirante lancia la parola d ’ordine dello “scontro fisico”. A Salerno, il 7 luglio, muore il fascista Falvella in uno scontro con un gruppo di compagni e l’anarchico Giovanni Marini, incriminato di omicidio, inizia la sua peregrinazione per i carceri d ’Italia. Un mese e mezzo dopo è assassinato a Parma il giovane compagno di Lotta continua Mariano Lupo.
Se la cava con un rigo e mezzo Luigi Bobbio nella sua “Storia di Lotta continua” per questo giovane militante proletario. Appena più generoso Aldo Cazzullo nel suo “I ragazzi che volevano fare la rivoluzione”:
Cadono vittime su entrambi i fronti. Il 7 luglio a Salerno è ucciso in uno scontro il missino Carlo Falvella. Il 23 agosto un ragazzo di Lc, Michele Ricci, viene accoltellato a Massa. Due giorni dopo muore a Parma un altro militante di Lotta continua, Mario Lupo: un fascista espulso dall’MSI lo assassina con una pugnalata al cuore davanti a un cinema. Duemila compagni vanno sotto il carcere dov’è rinchiuso l’omicida, scandiscono «Andreotti è il mandante il killer è Almirante», bruciano la sede missina di via Maestri e concludono il corteo sotto la casa natale di Guido Picelli, il capo della lotta antifascista di cinquant’anni prima, urlando: Compagno Lupo sarai vendicato dalla giustizia del proletariato».
Brogi: un brutto clima
A Parma si trasferisce per due mesi Paolo Brogi. «Trovai quindici ragazzi spaventatissimi e avviliti» ricorda. «Nelle nebbie dell’oltretorrente, davanti alla sede, subivamo le provocazioni degli amici degli assassini di Lupo, rimasti a piede libero. Passavano in auto mostrando le armi. Fu un caso se non ci fu un altro morto. Dovevamo stare molto attenti, la sera venivano compagni da Bologna e Forlì a difenderci. I fascisti erano noti, ma nessuno pensò mai di andarli a cercare.».
Evidentemente la fuga in avanti dell’omicidio Calabresi aveva prodotto un brusco contraccolpo, mettendo in sordina le spinte estremiste e insurrezionaliste emerse nella fase del “Prendiamoci la città” e della violentissima mobilitazione contro i comizi missini nella campagna elettorale per le elezioni politiche del 7 maggio.
Zeroincondotta, quotidiano on line bolognese ricostruisce in un servizio ben dettagliato il delitto e le vicende processuali:
L’agguato
Mariano era un giovane emigrato siciliano di 19 anni che, primo di 5 figli, aveva il padre invalido. Faceva l’operaio edile e militava in Lotta Continua. Si era stabilito con la famiglia a Parma da pochi mesi, dopo aver vissuto in Germania.
Era stato più volte minacciato dai fascisti per la sua costante attività contro lo squadrismo nero. Per questo, il 28 luglio precedente era stato aggredito da 2 fascisti: Andrea Ringozzi ed Edgardo Bonazzi. Questi due figuri avevano poi minacciato la sua compagna Gabriella, che partecipava all’attività politica del Manifesto e faceva la cassiera al cinema Roma.
Nel primo pomeriggio del 25 agosto, un altro episodio era stato, in qualche modo, premonitore.
Lo stesso gruppo di fascisti protagonista la sera dell’imboscata mortale aveva aggredito un altro attivista antifascista. Poi alcuni dei medesimi squadristi avevano lanciato, da un’auto in corsa, un coltello contro Mariano Lupo mentre stava passeggiando.
La sera, Mariano ed altri compagni si recarono al cinema Roma per andare a prendere Gabriella alla fine del lavoro. Si sentiva insicura per le minacce delle settimane precedenti e aveva chiesto una qualche forma di protezione collettiva.
Nelle vicinanze del cinema, però, i fascisti avevano organizzato un agguato. Con altri 4 camerati, Ringozzi e Bonazzi si erano nascosti dietro un cespuglio in viale Roma. All’improvviso, balzarono fuori e si avventarono su Lupo e un altro compagno che venne coperto di botte; Mariano si lanciò contro i fasci per difenderlo, ma venne colpito al cuore con un pugnalata.
Erano le dieci di sera. Morì sul colpo davanti all’entrata del cinema. Il suo corpo giaceva senza vita sull’asfalto. Dopo l’assassinio, i fascisti si diedero alla fuga. Poco più tardi vennero fermati dalla polizia, che però li rilasciò subito dopo.
Il questore banalizza
Il questore definì i fatti come una “rissa per questioni di donne”.Solo molto più tardi, sull’onda dello sdegno sollevatosi in città, vennero emessi mandati di cattura a carico dei fascisti, per omicidio volontario.
Per l’aggressione e l’omicidio furono inquisiti Edgardo Bonazzi, Andrea Ringozzi, Pier Luigi Ferrari e il consigliere comunale del Msi-Dn, Luigi Saporito. Erano tutti militanti del Movimento Sociale Italiano, ma avevano anche contatti e simpatie con fazioni vicine a Ordine Nuovo.
Alcuni di loro guardavano con diffidenza l’avvicinamento istituzionale dei dirigenti nazionali del partito della Fiamma, attraverso la famosa “politica del doppio petto”, da affiancare a quella del manganello, per infiltrarsi nei luoghi del potere con il “metodo democratico”. (…)
Un corteo di massa fu promosso da Lotta Continua e a cui aderirono Potere Operaio, Il Manifesto, il Pcd’I ml, la sezione Gramsci del Pci e, a titolo personale, tanti militanti comunisti, socialisti e attivisti sindacali.
Un immenso corteo
Il giorno dopo, domenica 27 agosto 1972, ci fu una grande risposta di piazza di Parma Antifascista. Il corteo era composto da migliaia di giovani e di operai. Furono molti i gruppi e i militanti che arrivarono da altre città dell’Emilia-Romagna, soprattutto da Bologna.
La sfilata passò sotto il carcere, dov’era rinchiuso Bonazzi. Poi, il serpentone umano si diresse verso la sede della federazione del MSI. Il covo fascista venne preso d’assalto, mobili e suppellettili vennero buttati dalle finestre. Alla fine, gli uffici della Fiamma furono completamente distrutti.
Dopo il blitz antifascista, il corteo riprese il suo percorso e si andò a concludere davanti alla casa di Guido Picelli, il leggendario capo degli Arditi del Popolo parmensi.
La salma di Mariano Lupo fu esposta nell’aula consiliare del Municipio di Parma. Il suo funerale si tenne in forma ufficiale il 28 agosto 1972, con un oceanico corteo di migliaia di persone e di bandiere rosse. La partecipazione operaia e popolare fu impressionante: in decine di migliaia sfilarono nel corteo funebre, mentre la polizia presidiava i “punti nevralgici” della città.
Per quella giornata i sindacati avevano indetto lo sciopero generale. Parma si paralizzò.
Il processo
Il 6 settembre 1972, a Ferrara, venne arrestato Pier Luigi Ferrari, militante di destra indiziato di aver partecipato all’aggressione a Mariano Lupo.
Il 27 novembre 1972, a Parma, i due militanti di destra arrestati per l’assassinio di Mariano Lupo, Ettore Croci e Angelo Tommaselli, vennero scarcerati con la motivazione che avevano subito minacce e che il carcere non era sicuro per la loro incolumità.
Il 14 maggio 1975, ad Ancona, iniziò il processo per l’uccisione di Mario Lupo a carico dei neofascisti Bonazzi, Ringozzi e Saporito. Il processo, che doveva cominciare nel gennaio 1974, era stato rinviato per il ricorso in Cassazione dei difensori degli imputati.
Il 21 maggio 1975, al processo di Ancona il teste Zefferino Ghirarduzzi dichiarò di aver ricevuto minacce da parte dei neofascisti, allo scopo di farlo desistere dalla testimonianza e di essere stato oggetto anch’egli di un’aggressione a Parma, un mese prima della morte di Lupo, cui avrebbe partecipato lo stesso imputato Bonazzi. Ghirarduzzi era scampato all’agguato fuggendo e rifugiandosi in un negozio.
Il 30 luglio 1975, ad Ancona, il processo in Corte d’Assise terminò con la condanna dell’accoltellatore, Edgardo Bonazzi, a 11 anni di reclusione, per omicidio preterintenzionale. Andrea Ringozzi e Luigi Saporito furono condannati per concorso, rispettivamente a 6 anni e 10 mesi e a 4 anni e 5 mesi. Venne invece assolto per insufficienza di prove Luigi Ferrari.
All’uscita dall’udienza, scoppiò una rissa fra neofascisti e militanti di sinistra.
Sulla figura di Bonazzi torneremo domani, per le rilevanti vicende della sua militanza spontaneista in carcere, il passaggio alla malavita, il pentimento, il ruolo da protagonista nell’ultima inchiesta sulla strage di piazza Fontana. Tanta roba
Ho conosciuto personalmente Luigi Saporito,dei 10 anni di condanna inflittagli se ne fece a malapena qualcuno.Torno’ al suo paese natio Torre Annunziata dove si dedico’ al FdG con scarsi successi.Tuttavia durante le elezioni, di notte girava armato di P38 per affiggere i manifesti insieme a quattro sbarbati minorenni che lo vedevano come un “Mito” un Guru…Si riciclo’ come pseudo imprenditore edile truffando moltissime persone.Era alcolizzato.Credo sia morto in poverta’ da barbone
sarebbe interessante postare questo episodio su Fascinazione perchè riguarda un episodio concernente MSI DN e Fascisteria