19 agosto 1942, nasce Mario Rossi. Fondò la 22 ottobre

Mario Rossi

Mario Rossi passa l’infanzia a Genova nella Val Bisagno, in Piazzale Adriatico, un quartiere operaio sorto per i profughi istriani grazie all’allora sindaco Gerlasio Adamoli. La famiglia di Mario ha la fortuna di vedersi assegnata una della case popolari del piazzale dopo che la loro casa rifugio vicino al quartiere Marassi è andata distrutta in un bombardamento. La sua è una famiglia operaia e antifascista e da bambino si trova immerso nel clima della Genova partigiana.

Lungo il Bisagno (era frequente che all’epoca i ragazzini giocassero sulle rive del torrente asciutto) Mario scopre la passione per la natura grazie alla grande quantità di fauna e flora che il letto del fiume regalava (topi, scorpioni, rane, rospi, lucertole, ramarri, pesci ma anche residuati bellici), collezionando ogni tipo di animaletto e classificandolo secondo le specie. Mario entra come volontario nel museo di Storia Natuale di Genova; lì impara, sotto la guida del tassidermista Anselmo Rossi, il mestiere che tutt’oggi pratica.

La politica, la fabbrica

Nel frattempo comincia ad interessarsi di politica e si iscrive alla FGCI (Federazione Giovanile Comunista Italiana) manifestando un interesse che cresce in parallelo a quello della tassidermia. Si trasferisce a Milano dunque dove è assunto al museo di Storia Naturale come aiuto tassidermista. E’ a Milano che negli anni ’60 viene sempre più ad interessarsi alla questione di “ un eventuale colpo di stato ” da parte dell’esercito. Decide di lavorare allora a stretto contatto con gli operai e perciò decide di trasferirsi alcuni anni dopo a Ivrea per lavorare alla Chatillion con la speranza di trovare compagni per organizzare dei gruppi di resistenza.

Il ritorno a Genova di Mario Rossi

Ma questa esperienza fallisce presto e torna nella sua Genova in piazzale Adriatico (la data del biglietto che ritrovano gli inquirenti nella tasca della giacca di Mario è 22 ottobre 1969, quella che dà il nome alla banda di cui Mario fu leader a Genova) e ritrova i suoi vecchi amici scoprendo l’identica volontà politica che aveva mancato a Milano e ad Ivrea.

Il 26 marzo 1971, è il giorno in cui il cosiddetto gruppo XXII Ottobre (oltre a Mario quel giorno c’erano Augusto “Tino” Viel e Giuseppe “Beppe” Battaglia e un complice ad aspettarli con la Lambretta, Adolfo Sanguineti, che all’ultimo decide di abbandonare la Lambretta ancora accesa) uccide Alessandro Floris, un portaborse dell’Istituto Case Popolari di Genova, lo stesso in cui Battaglia lavorava come fattorino, e che era di ritorno dalla banca con una valigetta piena di contanti.

L’omicidio Floris

Ma Floris ritarda e Mario e Tino, nascosti dietro il portone di ingresso della sede dello Iacp, si spazientiscono. Appena Floris arriva Mario riesce a strappargli la valigetta e corre sulla scalinata (ora intitolata a Floris) che porta a Via Banderali, dove era posizionata la Lambretta.

La scena del crimine fu drammaticamente fotografata da Ilio Galletta che, sentendo gli spari in strada, si affacciò dalla finestra e scattò una sequenza di foto diventate il simbolo di quegli anni. Mario e Tino fuggono rocambolescamente sulla Lambretta e giungono fino a Piazza de Ferrari dove Mario si lancia giù dalla moto ancora con la valigetta di soldi in mano.

La prigione per Mario Rossi

Lui è catturato subito ma Tino riesce a scappare nella casa rifugio poco distante e per alcuni anni grazie al contatto con “Osvaldo ” Feltrinelli riesce a vivere nascosto. I suoi successivi 31 anni Mario li vive nelle carceri (Asinara, Porto Azzurro, Novara) uscendo in semi libertà solo negli anni ’90 e definitivamente nel 2002.

Il suo passato è radicato nella storia italiana recente in quanto l’omicidio di Floris nel ’71 fu il vero inizio del periodo brigatista in Italia, tant’è che durante i due più famosi sequestri che le BR fecero ai danni di esponenti dello stato, Mario Sossi e Aldo Moro, nelle lettere che i rapitori scrivevano per il rilascio di questi ultimi si richiedeva la liberazione di Mario e degli altri esponenti del gruppo XXII ottobre.

FONTE: Alberto Redighieri – L’origine della specie.
Il testo fa parte della scheda di presentazione di un documentario, “L’origine della specie” che, sulla falsariga di un’esperienza tedesca, l’autore vuole dedicare a un Mario Rossi, il nome più comune in Italia. Poi si imbatte nel libro di Donatella Alfonso sulla banda XXII ottobre e la cosa prende un’altra piega, poiché in tutta evidenza il Mario Rossi, leader del primo gruppo armato italiano non è affatto una “persona comune” ma esemplare.

Qui la prima parte della sinossi del progetto con il teaser del video documentario

Mario Rossi, il tassidermista

Mario lavora come tassidermista a Novara. Il suo lavoro, ormai in via di estinzione, è fatto non solo di una grande conoscenza del mondo animale, ma anche dell’anatomia di ognuno di loro. Sul letto del fiume di Novara, il Terdoppio, la vita scorre lentamente e gli animali che popolano questo fiume Mario li conosce bene.

Ce ne parla mentre passeggia caldamente lungo il sentiero del fiume, poco fuori il centro di Novara, dove lui i suoi figli e sua moglie hanno abitato lì fino a qualche anno prima, prima che Mario trovasse una nuova compagna. Il cascinale che apparteneva a Mario è ormai un rudere, uno di quei classici ruderi vicino a fiumi o torrenti abbandonati e resi inagibili dal tempo e dal vandalismo.

Entriamo con lui che ci spiega con nostalgia i suoi anni trascorsi lì con sua moglie e i suoi figli.. LEGGI TUTTO

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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