14 marzo 1950: il massacro che non ci fu alla Breda
Nel corso di una manifestazione di protesta contro i licenziamenti degli operai della Breda, le forze di polizia aprono il fuoco uccidendo Nerone Piccolo di 25 anni e Virgilio Scala di 33 e ferendo altri 5 lavoratori. I lavoratori di Venezia organizzano una manifestazione di protesta aperta dai parenti delle vittime che recano gli indumenti degli operai uccisi, insanguinati e forati dalle pallottole. Rinvenuti sul luogo della sparatoria 1 Kg. di bossoli di armi automatiche di grosso calibro.
Così, qualche anno fa, l’Osservatorio sulla repressione rilanciava la storia di uno dei tanti massacri della polizia scelbina contro il movimento operaio e contadino del dopoguerra. Un massacro entrato nella memoria collettiva grazie anche alla canzone di Gualtiero Bertelli, La Breda:
Un massacro che, per fortuna, non c’è stato. La storia o, meglio la leggenda, ce l’ha raccontata “La Nuova Venezia“, quando è morto, un anno fa, Nerone Piccolo:
Nerone Piccolo era entrato nella leggenda delle storie operaie di Porto Marghera, all’età di 19 anni. Il 14 marzo 1950 gli operai del cantiere navale Breda, oggi la Fincantieri, senza salario da mesi, entrarono in sciopero. E la polizia sparò. All’ospedale di Mestre si parlò di decessi e la storia ha fatto il resto. La presunta morte degli operai venne riportata dalle cronache de L’Unità.
A Marghera quel giorno come giornalista del giornale comunista c’era anche Gianni Rodari. La smentita poi, pare, ci fu ma si perse mentre l’immaginario collettivo parla ancora dei morti della Breda e del corteo in Piazza San Marco aperto dai parenti degli operai che mostravano le tute imbrattate di sangue.
Con la morte ‘sta volta
la tua rivolta devi pagar…
Così cantava Gualtiero Bertelli ne “La Breda”.
Ci hanno portato in corteo
a piazza San Marco a protestare,
mentre cadeva in un giorno
ogni illusione di nuova realtà.
Nerone Piccolo e i compagni riuscirono a salvarsi. Lui ha vissuto il resto della sua vita, prima in altre aziende di Marghera, come l’Alumetal, e poi al Porto. La morte è tornata al capezzale del suo letto l’altra notte, all’età di 89 anni, dopo 70 anni di unione con la moglie Antonietta, per tutti la “mora”. Una vita da operaio passata al Macaè, oggi Altobello. Da settimane era ricoverato al centro Nazareth.
In realtà anche la Nuova Venezia, nel ricostruire la verità effettuale dell’evento, è imprecisa. Perché Gianni Rodari, straordinario scrittore di favole per bambini e non, fu cronista assai rigoroso. Come dimostra il pezzo scritto il 16 marzo, due giorni dopo la “strage” e pubblicato sull’Unità del 17:
In mattinata il senatore Roveda, segretario della F.I.O.M. aveva fatto a «l’Unità» le seguenti dichiarazioni: «La riuscita dello sciopero generale a Venezia è stata veramente totale. Al mio arrivo in pieno pomeriggio non ho visto un solo negozio aperto. Per poter cenare e trovare una camera mi è stato necessario avere l’autorizzazione della C.d.L. Lo sciopero inoltre è stato effettuato spontaneamente anche prima che la C.d.L lo proclamasse ufficialmente.
«Ho visto stamane il luogo dov’è avvenuta la sparatoria. Ero accompagnato da un gruppo di operai ancora semintossicati dai gas lacrimogeni. La polizia ha sparato un numero elevatissimo di colpi. Se ne vedono le tracce sui muri, all’altezza adatta ad uccidere. Data la vastità del terreno su cui la polizia ha agito e dato il raggio della sua sparatoria c’è veramente da restare sorpresi che ci siano stati solo due feriti gravi e un numero relativamente basso di altri feriti. Chi comandava il servizio d’ordine deve aver perso le staffe ed è stato preso da tale malvagità o da tale paura, da non controllarsi più e da non controllare più l’azione dei suoi uomini. Un ferito grave, quello che è stato colpito alla testa, è stato preso di mira mentre cercava di sfuggire. GIANNI RODARI
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