Il memoriale Pisetta: lo scrive il Sid, lo firma il “protopentito”
Ho utilizzato bene, per alcuni aspetti, questi mesi di clausura quasi totale, per quello che un tempo si chiamava “accumulo strategico”. E’ venuto il momento di cominciare a mettere in circolo i materiali più interessanti. Cominciamo con il memoriale Pisetta, una “polpetta avvelenata” confezionata dal Sid per tirare in mezzo tutta la sinistra extraparlamentare nel carrozzone allora sgangherato della Brigate Rosse. Marco Pisetta, detto il “protopentito” trascrisse il testo per lui predisposto, il prezzo da pagare per mantenere la libertà concessagli dopo l’arresto del 2 maggio 1972 all’ingresso di un covo milanese delle Br. Dopo il link per scaricare il memoriale (la copia pubblicata fu ritrovata nel covo di Robbiano di Mediglia e allegata come documentazione della I commissione Moro) una scheda biografica del nostro eroe.
Il manoscritto Pisetta
Chi è Marco Pisetta
Marco Pisetta è un elettrotecnico di Trento, che frequenta i compagni del movimento universitario che ha una punta di diamante nazionale nella facoltà di Sociologia. Qui, tra gli altri, conosce Mauro Rostagno e Renato Curcio. Nel 1969 commette alcuni attentati dimostrativi contro la sede dell’Inps e il palazzo della Regione della sua città.
Nel 1970 si costituisce alle forze dell’ordine, ma nonostante la condanna inflittagli di tre anni, dopo pochi mesi fu rimesso in libertà. Col senno di poi emergeranno forti sospetti sulla sua “leggerezza operativa” e sulla successiva (conseguente?) fortuna giudiziaria. Intanto, però, è entrato nel giro dei primi gruppi lottarmatisti, Gap e Brigate rosse e si è trasferito a Milano.
La cattura a via Boiardo
La mattina del 2 maggio è “sorpreso” con un mazzo di chiavi in mano, mentre entrare nel covo brigatista di via Boiardo, all’interno del quale è stata allestita una “prigione” per ospitare un “sequestrato”, il leader della maggioranza silenziosa, Massimo De Carolis. Nel covo sono ritrovati archivi importanti, alcune armi e il passaporto di Feltrinelli; la Polizia arrestò 30 persone, la quasi totalità dei brigatisti.
Marco Pisetta è portato in questura, e interrogato dal capo dell’ufficio politico, Allegra, e dal giudice Viola, che lo persuade con argomenti convincenti a collaborare.
“Il dottor Viola mi ha chiesto se volevo quindici anni di galera […] oppure uscire subito […]. `Diciamo che tu non hai mai partecipato alle bande rosse, eri lì per dare una mano a imbiancare l’ufficio’ […]. Mentre mi diceva queste cose, il dottor Viola mi sventolava sotto il naso il mandato di scarcerazione.”
Il memoriale scritto dal Sid
Pisetta cede e ottiene la libertà promessa. Dopo 4 mesi, subisce un ricatto analogo da parte del SID. Il servizio segreto lo convince a firmare un memoriale. Piú tardi egli stesso lo rivelerà al settimanale “ABC”. “Sono ritornati i due del SID. Mi hanno presentato un plico di fogli scritti a macchina dicendomi di ricopiare tutto a mano sotto forma di una mia confessione spontanea […]. In verità non era una confessione. Non era neanche spontanea. Tanto che parecchie delle cose che ho ricopiato mi erano del tutto sconosciute.”
Pisetta, in realtà, era stato affidato ai carabinieri che, alla metà di settembre ’72, lo portano a Salorno, in provincia di Bolzano. Qui lo raggiunge il tenente colonnello Michele Santoro sotto le cui sollecitazioni Pisetta scrive in un paio di settimane un “lunghissimo memoriale” affidato poi al capitano Antonio Labruna, il braccio destro del generale Maletti all’Ufficio D, l’interlocutore dei leader del “partito del golpe” che si fidano di questo scaltro ufficiale meridionale che li brucerà a tempo debito.
Il ruolo di Labruna
Quando Labruna riceve il memoriale del “collaboratore”, lo porta a Innsbruck perché sia autenticato e poi lo spedisce al giudice Mario Sossi. Il pm titolare dell’indagine genovese sul partito armato, a differenza del gip milanese, Ciro De Vincenzo, considerato da Della Chiesa compiacente con le Br e diffidente verso il “protopentito”, crede a ciò che dice il trentino protetto dai carabinieri. Sossi, in quel periodo, sta lavorando sui rapporti tra i Gap di Feltrinelli e il gruppo XXII Ottobre, i “tupamaros della Val Bisagno”.
Tornando però indietro al memoriale di Pisetta, nel frattempo trasferito a Barcellona, la sinistra insorge contro la ricostruzione che l’uomo fa dell’eversione rossa. Inoltre, violando in segreto istruttorio, quel testo finisce sulle pagine di cinque testate per lo più di destra: Il Borghese, Lo Specchio, Il Giornale d’Italia, Il Secolo d’Italia e L’Adige sotto la direzione del democristiano Flaminio Piccoli.
La rabbia del giudice Viola
Lo stesso Viola, che in un primo tempo aveva usato argomenti tanto “convincenti” da indurre Pisetta a “collaborare,” si indigna per il comportamento del SID. Sollecita una formale inchiesta contro gli agenti segreti che gli hanno soffiato il testimone chiave sotto il naso: “Si tratta di un episodio di inaudita gravità. Omissione di atti di ufficio e favoreggiamento personale.” Nella sua requisitoria, tuttavia, raccoglierà gran parte delle rivelazioni del delatore. Costui, pur essendo formalmente ricercato si gode tranquillamente la libertà.
Pisetta è riparato intanto in Germania. Nel 1973, quando il Mossad vuole attrarre nella sua sfera di influenza le Br, offre al gruppo armato la testa di Pisetta “regalando” il suo indirizzo di Friburgo. Ma l’offerta è respinta e il “dono” non utilizzato.
La smentita di Pisetta
Pisetta prende la parola direttamente e lo fa ancora attraverso un giornale, ma stavolta di orientamento opposto. Il 10 novembre 1974, infatti, ritratta dalle colonne dell’Espresso e sostiene di essere stato costretto a scrivere quelle accuse. A esercitare quelle pressioni sarebbe stato lo stesso colonnello Santoro e la notizia viene ripresa da ABC, Lotta Continua e Il Giorno. E quest’ultimo rilancia riportando a sorpresa una dichiarazione dalla latitanza di Stefano delle Chiaie, il leader della formazione di estrema destra Avanguardia Nazionale: vero, quell’operazione contro la sinistra è opera dell’Arma e La Bruna c’è dentro fino al collo.
Grazie Ugo per il contributo,molto interessante comunque anche il “memoriale Morucci” lo fecero i servizi segreti e la DC…purtroppo la guerra e’ guerra , o t’ammazzo io senno’ m’ammazzi tu…ogni mezzo e’ consentito…ricorda De Andre’ ” e il nemico imbracciata l’artiglieria non ti ricambia la cortesia…”
..chissà perché mi viene in mente Mino Pecorelli e le sue bordate contro l’offshore del capitano La Bruna… bellissime le scene con Totò invitato a firmare un memoriale come testimone di un delitto; Lui: qui dice che io ho visto una macchina nera, ma non è vero; L’Altro: mi vuole dire che in vita sua non ha mai visto una macchina nera?; Lui: certo, che domande; L’Altro: perciò firmi che ha visto una macchina nera… di povericristi coinvolti per denaro per arrivismo (non sopportavo quelli dei nostri che si facevano intervistare…) per paura (la maggior parte) per ricatto (un bel po’)… le guerre intestine fra magistrati, fra poliziotti (007 e non), fra politici, fra vescovi… generano vittime non del tutto innocenti… a perderci è sempre la verità dei fatti..