Chi svelò il mistero del quarto uomo nella prigione di Moro?

Hai voglia di buttarla in poesia, di tentare l’esplorazione dell’animo, i lettori vogliono la sostanza. E in questi tempi in cui i culti misteriologici hanno preso piede, alla fine le discussioni aperte dal post di ieri sulla complessa figura di Germano Maccari hanno finito per addensarsi su due snodi essenziali. Il suo ruolo nell’esecuzione di Aldo Moro. Come e perché si dissolve il cono d’ombra che per quindici anni lo ha coperto. Dirò la mia, quindi, dopo aver precisato che comunque di congetture si tratta. Partiamo dalla coda.

Il cono d’ombra dissolto

Quando a metà ottobre 1993 la Digos arresta Germano Maccari, la stampa rilancia quello che oggi chiameremmo un epic fail. Per Massimo Lugli, di La Repubblica:

Nessuna soffiata, nessun pentito, nessuna “dritta” dei servizi segreti, giura Marcello Fulvi, capo della Digos capitolina. E smentisce il senatore Ferdinando Imposimato che, in un’ intervista, parla di un’ indicazione venuta da qualcuno “può essere stato Valerio Morucci o qualcun altro”. Niente “confidenze” ribattono alla Digos, solo un maniacale, imperterrito lavoro di immedesimazione nella mentalità quasi paranoica delle Brigate rosse dell’ epoca, molto prima delle sconfitte e dei pentimenti a catena che permisero di smantellare l’ organizzazione (…)

Un’inchiesta indipendente

Puttanate, evidenti puttanate. Giusto ieri, sul nostro canale youtube, abbiamo pubblicato l’intervista al pm del processo Moro 5 che attribuisce ad Adriana Faranda lo smascheramento del quarto uomo. Abbiamo però imparato che le polpette avvelenate sono spesso fatte con carne buona. E cioè che la tecnica disinformativa di inserire i falsi sostanziali in un contesto di notizie vere o verosimili è oramai diffusa:

L’ inchiesta scatta a maggio, in occasione dell’ anniversario dell’ assassinio di Moro e parte dalla costatazione che a via Montalcini doveva esserci per forza una quarta persona, ancora sconosciuta. (…) Un personaggio abbastanza affidabile per poter ricoprire un ruolo tanto delicato ma poco conosciuto anche all’ interno dell’ organizzazione. Un irregolare di provata fede che potesse farsi passare per il marito della Braghetti. Un uomo che, all’ epoca, doveva avere sui 28 e 30 anni e che, dopo la morte di Moro, doveva essere uscito dalle Br. Un giovane che i vicini descrissero come alto, smilzo, riservato, educato. A questo identikit senza volto corrispondevano, inizialmente, circa 80-90 persone. Mesi di verifiche e controlli hanno ristretto i sospettati a due persone, una delle quali, però, sta scontando una condanna a 25 anni. Restava Germano Maccari. Strano personaggio: ex militante delle Fac (Formazioni armate comuniste) accusato di un attentato alla Sip dell’ Eur, condannato nel 1986 con altre 16 persone e uscito di prigione dopo due anni e mezzo di carcere. Da allora, buio assoluto.

Il blitz del Sisde in Nicaragua

Alla fine del pezzo arriva, come dire, quella che, in buona evidenza, appare un’excusatio non petita.

 Smentita categoricamente la voce, molto insistente anche in ambienti bene informati, secondo cui a tirare in ballo Maccari sarebbe stato, dal Nicaragua, il brigatista latitante Alessio Casimirri.

A smentire la smentita categorica arrivano, due anni dopo, due agenti del Sisde. E, per omogeneità narrativa, ricorriamo ancora a la Repubblica:


A diciotto anni di distanza dall’ omicidio di Aldo Moro, è ancora fitto il mistero sull’ identità dell’ “ingegner Altobelli”. Il quarto uomo del covo di via Montalcini, carceriere e, secondo Adriana Faranda, killer dello statista Dc, potrebbe non essere Germano Maccari. Il nuovo nome è quello di Giovanni Morbioli, estremista di sinistra mai coinvolto in indagini sulle Br e sarebbe stato fatto da Alessio Casimirri a due agenti del Sisde. Al processo “Moro cinque” in cui è imputato Maccari, due agenti del servizio segreto civile hanno raccontato dell’interrogatorio di Casimirri in Nicaragua. Il brigatista latitante condannato all’ ergastolo avrebbe raccontato a Carlo Parolisi e Mario Fabbri (sotto inchiesta per false dichiarazioni al pm nel caso Pecorelli) che l’ identità di Altobelli nascondeva Giovanni Morbioli.

Un tentativo di sintesi

Erano stati in tre, in realtà, gli agenti volati in Nicaragua nella primavera del 1993 per convincere Casimirri a rientrare, come ha raccontato Parolisi l’anno scorso all’Adn Kronos: un’operazione d’intelligence bruciata da uno scoop dell’Unità, a suo dire, “un depistaggio”, a parere del senatore Flamigni, il padre di tutti i dietrologi. Gli possiamo credere. Nello stesso periodo, altri agenti compiono analoga missione nell’arcipelago nero. La pesca va meglio a destra: e i funzionari dell’agenzia dei servizi civili riportano in patria dalla Francia Martino Siciliano che sarà teste chiave della nuova inchiesta su piazza Fontana.

In tutta evidenza non proviene quindi direttamente da Casimirri l’imbeccata sul quarto uomo. La finestra temporale tra le sue “interlocuzioni” con gli 007 e la cattura di Maccari avvalora quindi una narrazione forte: il latitante sa poco sul quart’uomo. Durante il sequestro Moro la compartimentazione funziona in modo feroce.

Ha capito, forse gli hanno detto, che è un operativo di stretta fiducia di Valerio Morucci, capace di risolvere tutti i problemi pratici e logistici di un covo-prigione in una città in stato di assedio. Con Gallinari blindato dentro, la Braghetti per copertura che va tutti i giorni in ufficio e Moretti che va e viene, in giro per l’Italia. “Cip e Ciop” glielo descrivono, sulla base delle descrizioni degli abitanti di via Montalcini,8, come ungiovane bruno, alto e dinoccolato.

I due possibili sospetti

Alla fine dei conti sono un paio i “fedelissimi” della vecchia guardia che rispondono al profilo. Germano Maccari e Gianni Morbioli che, per altro, ha vissuto alcuni anni in Nicaragua facendo il fotografo di guerra. Incassato l’ambo, i nostri agenti a Managua al rientro si danno da fare. Mettono sotto pressione Morucci e Faranda (vedi dichiarazione di Imposimato, ormai parlamentare Pds ma sempre ben informato sugli sviluppi delle inchieste che aveva condotto) e alla fine è lei che cede. La motivazione “umanitaria” delle accuse a Maccari (liberare Gallinari dal fardello dell’esecuzione di Moro che non ha compiuto) è poco più di una foglia di fico. (1-continua)

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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