18 giugno 1977: incidente sul lavoro a Venezia. Due autonomi feriti dalle molotov che preparano

Un breve articolo di Lotta continua su un “incidente del lavoro” (due autonomi feriti mentre confezionavano molotov chimiche) nel giugno 1977 a Venezia ci offre una traccia interessante. Il giornale, infatti, pubblica tranquillamente il nome di un minorenne arrestato. Cosa che è esplicitamente vietata da una ventina di anni. Ma all’epoca non era così, non c’era questa “tutela forte” per i soggetti deboli, così come non c’erano tante altre cose. E toccherà riparlarne. A seguire la cronaca dell’Unità che ovviamente non perde l’occasione per dare addosso ai compagni arrestati e all’area dell’Autonomia

La cronaca dell’Unità

REDAZIONE VENEZIA — « Il terzo si chiama Roby » pare abbia rivelato dal letto di una camera asettica dell’ospedale di Padova Claudio Grassetti, il giovane militante dell’Autonomia veneziana ustionato gravemente in seguito alla esplosione di una molotov « arricchita » che sabato sera stava confezionando assieme ad altri due giovani nell’oscuro pianterreno di uno stabile veneziano. A chi erano dirette le molotov, quali possibili legami esistono fra l’attività del piccolo ed improvvisato laboratorio di Santa Croce e gli atti di terrorismo politico che si sono registrati da due anni a questa parte nel centro storico veneziano? Sono questi gli interrogativi a cui stanno ora cercando di dare risposta agli inquirenti.

60 giorni per il ferito più grave

Anche Paolo Dorigo, 17enne e abitante in uno dei piani superiori dello stabile nel cui scantinato è avvenuta l’esplosione, è attualmente ricoverato in ospedale; a lui i medici dell’ospedale civile di Venezia hanno diagnosticato una prognosi di 15 giorni per ustioni di secondo grado alle mani; il Grassetti, secondo i medici padovani, ne avrà invece per almeno 60 giorni. Il terzo è tuttora latitante e attivamente ricercato dalla polizia. Di lui, testimoni oculari hanno affermato che aveva il volto annerito dal fumo dell’incendio e ciò complica notevolmente una eventuale identificazione. I due feriti sono attualmente agli arresti sotto l’accusa di fabbricazione e di detenzione di ordigni esplosivi.

Una telefonata per chiedere soccorso

Ieri mattina il sostituto procuratore della Repubblica Albano, a cui è stata affidata la fase istruttoria dell’indagine, ha interrogato Paolo Dorigo. Ma veniamo ai fatti come li hanno descritti gli inquirenti. Alle ore 18 circa di sabato, dallo scantinato di un’abitazione a poca distanza da piazzale Roma ha iniziato a uscire un fumo denso e pungente.

Non si sa chi, forse uno dei tre giovani, ha telefonato alla Croce azzurra. Di li a poco è arrivata con un motoscafo. Sul luogo dell’esplosione le fiamme divampavano ancora mentre due dei tre giovani hanno affidato agli infermieri il Grassetti in condizioni molta gravi. Ustioni estese di secondo e di terzo grado in tutte le parti del corpo. Per tutta la serata di sabato i medici dell’Ospedale di Padova si sono riservati la prognosi. Sul luogo dell’incendio sono poi arrivati i pompieri che hanno spento con relativa facilità le fiamme. Degli altri due, in un primo momento, nessuna traccia.

Un piccolo laboratorio attivo

Un rapido giro di telefonate ha avvertito la polizia, giunta nel frattempo sul luogo, che un certo Paolo Dorigo era stato ricoverato da poco all’Ospedale civile di Venezia con le mani ustionate: era il primo indizio; si è scoperto poi che il giovane abitava proprio nello stabile in cui è divampato l’incendio. Anche per lui, come per il Grassetti, è scattato immediatamente l’arresto.

La scientifica si è messa immediatamente al lavoro: i primi rilevamenti negli angusti locali del pianterreno (la porta di ingresso è scardinata, la chiave spezzata e i vetri della finestra in frantumi) portano alla luce i resti di un modestissimo laboratorio chimico: tre bottiglie molotov già confezionate, una tanica di benzina semivuota, acido solforico per detonatori, una piccola quantità di provette in pezzi. Accanto a questo un buon quantitativo in parte bruciato di volantini, di manoscritti e di altro materiale stampato che gli inquirenti stanno attualmente esaminando.

La dinamica dell’incidente

« E’ evidente — afferma il dr. Pensato — che i tre al momento dell’esplosione stavano confezionando le molotov »; un fiammifero non spento, un processo di autocombustione dei materiali termo-sensibili, o un errore nelle concentrazioni del composto esplosivo sono le probabili cause dello incidente ».

Entrambi i giovani arrestati erano conosciuti dalla polizia politica; tra i due soprattutto il Grassetti, già denunciato per un attentato contro l’abitazione di un neofascista in cui era stata usata una bottiglia molotov. «Potere operaio» e «Autonomia operaia» sono le sigle che ricorrono con maggiore frequenza nel materiale stampato trovato nello scantinato, a conferma delle supposizioni della polizia secondo cui i due si muovevano nella fascia della cosiddetta Autonomia. A Venezia di autonomi ce ne sono molto pochi: dieci-quindici, suggerisce l’Ufficio politico; al punto che non si sono mai permessi di uscire allo scoperto come hanno fatto in altre città italiane, soggetti in pratica all’iniziativa della più numerosa ed esperta Autonomia padovana.

L’Autonomia a Venezia

Ma la scoperta del piccolo laboratorio che deve essere stato attrezzato da pochissimo tempo, lascia supporre che sia in atto un primo momento organizzativo dell’Autonomia anche nel centro storico di Venezia. Autori con ogni probabilità di una lunga catena di attentati anche recenti (ricordiamo quelli ai giornalisti del Gazzettino e la scorribanda che circa tre mesi fa mise a ferro e fuoco le vie del centro), gli autonomi veneziani sono stati isolati oltre che dalla popolazione, da tutto il movimento degli studenti e dalle stesse frange estremistiche di «sinistra» attive in città, come Lotta continua e il Movimento lavoratori per il socialismo

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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