1 aprile 1971: Monika Ertl vendica il Che e Inti Peredo

Fu una bellissima bavarese, Monika Ertl, l’ angelo vendicatore che uccise in un attentato ad Amburgo l’ assassino di Che Guevara. Sparò con una pistola procuratagli da Giangiacomo Feltrinelli attraverso la rete internazionale dell’ ultrasinistra. Poi fuggì in Bolivia e fu tradita e uccisa in un’ imboscata organizzata dal criminale nazista Klaus Altmann Barbie, che era amico di famiglia. 
Nata in Germania nel 1938, era la maggiore di quattro figlie. Monika era venuta in Bolivia con tutta la sua famiglia nel 1950, utilizzando la rotta dei ratti, la via di fuga dei gerarchi nazisti.

La fuga in Bolivia

Il padre era stato uno dei più bravi cameramen della regista Leni Riefenstahl ma non subì persecuzioni nel dopoguerra: non era mai stato iscritto al partito. La colonia tedesca che viveva ai bordi di La Paz era folta, in buona parte gente che voleva far dimenticare il suo passato.
Un habitué di casa Ertl era Klaus Altman, ossia Klaus Barbie, meglio noto come «il boia di Lione». Quand’era ancora una teenager, Monika lo chiamava «zio Klaus». Quando nei suoi vent’anni inoltrati, e dunque nei primi anni Sessanta, aderì alle idee estreme della sinistra sudamericana ed europea, il ricordo di quell’uomo amico di famiglia accese ulteriormente la sua radicalità. Come se fosse stata una macchia da cui voleva lavare sé e la sua famiglia.

Il legame con Inti Peredo

Monika sposò un ricco boliviano- tedesco, ma nel 1969 divorziò e lasciò la famiglia. Divenne la compagna di Inti Peredo, l’ erede del Che. “E’ un Cristo con la pistola”, diceva innamorata. Anche Inti cadde, ucciso dal torturatore Quintanilla, che si fece fotografare fiero accanto al suo cadavere. Monika Ertl giurò a se stessa di vendicare il Che e Inti. Fuggì in Germania, ebbe alloggio in una comune dell’ ultrasinistra in un appartamento nello stesso palazzo del consolato boliviano. Laggiù la dittatura militare aveva messo al sicuro Quintanilla come console. I generali temevano i commandos del Ministerio de la Seguridad cubano, non una giovane bavarese.

Quella mattina ad Amburgo

Ad Amburgo, in Germania, sono le dieci meno venti della mattina del 1° aprile 1971. Una bella ed elegante donna dai profondi occhi color del cielo entra nell’ufficio del console della Bolivia e aspetta pazientemente di essere ricevuta.

Mentre fa anticamera, guarda indifferente i quadri che adornano l’ufficio. Roberto Quintanilla, console boliviano, vestito elegantemente con un abito oscuro di lana, appare nell’ufficio e saluta, colpito dalla bellezza di quella donna che dice di essere australiana, e che pochi giorni prima gli aveva chiesto un’intervista.

Tre spari, senza parlare

Per un istante fugace, i due si trovano di fronte, uno all’altra. La vendetta appare incarnata in un viso femminile molto attraente. La donna, di bellezza esuberante, lo guarda fissamente negli occhi e senza dire nulla estrae un pistola e spara tre volte. Non ci fu resistenza, né lotta. Le pallottole hanno centrato il bersaglio. Nella sua fuga, che la moglie del console tentò di frenare, Monika Ertl lasciò dietro di sé una parrucca, la sua borsetta, la sua Colt Cobra 38 Special, ed un pezzo di carta dove si leggeva: “Vittoria o morte. ELN”. L’arma, comprata a Milano 3 anni prima, costerà all’editore un mandato di cattura internazionale ma Feltrinelli è già passato in clandestinità per dirigere i Gap, una delle prime bande armate della guerrriglia italiana.

La trappola del boia di Lione

Lei riuscì a tornare in Bolivia, si unì all’ Eln con il nome di bataglia di Imilla. Sulla sua testa, c’ era una taglia di 20mila dollari. Contattò Régis Debray, l’ amico francese del Che per organizzare il sequestro del “boia di Lione”. Ma lui era furbo e protetto. Colonnello onorario del servizio segreto boliviano, organizzò l’ imboscata in cui Monika Ertl cadde, il 12 maggio 1973. Invano papà Hans, informato della morte di lei, chiese la consegna della salma. Gliela negarono. Né a Cuba né nell’ Urss, né nella Ddr né nell’ ultrasinistra occidentale, le furono mai intitolati una scuola, un monumento o un manifesto.

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

3 commenti su “1 aprile 1971: Monika Ertl vendica il Che e Inti Peredo

  1. Conoscevo la storia e nei meandri della memoria avevo un inpout sulla pistola. Ho digitato parole chiave e son giunto qui. Mi ha dato conferma. Grazie. Gia che ci sono , forse sa dirmi qualcosa in merito alla morte di Feltrinelli. So come è morto ma quando sono venuto a conoscenza delle modalità della morte circa 10 anni dopo di Peppino Impastato…mi è sovvenuto una associazione. Associo solo le tipologie di morte. Ci sono prove, testimonianze ? che Feltrinelli stesse tentando di compiere un attentato?…anche la modalità mi sembra estranea . Non trovo informazioni in proposito. Quando successe avevo circa 7 anni

    • C’è una sentenza giudiziaria che stabilisce che Giangiacomo Feltrinelli è morto preparando un attentato

  2. C’è un film documentario ” SACRIFICIO – CHI HA TRADITO CHE GUEVARA” del 2001 diretto da Erik Gandini e Tarik Saleh. allego qui link del documentario: https://www.youtube.com/watch?v=3wI_8dhb3tU Nel film viene mostrata una lettera che prova il tradimento di Regis Debray. Lettera scritta dal Debray al suo avvocato (il quale in seguito la farà pubblicare) nella quale afferma di aver preso accordi con i militari boliviani di non rivelare ai giornalisti della presenza del Che in Bolivia. Una copia della lettera viene mostrata da Humberto Vasquez (fratello di Jorge El Loro, uno dei primi guerriglieri morti negli scontri con i militari boliviani). Se dunque Debray aveva già tradito il Che, viene logico pensare che abbia tradito anche Monika Ertl facendola cadere nella trappola tesale dal boia di Lione.

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