La morte di Durruti/1: la catastrofe militare della colonna

Il 20 novembre 1936 muore, nel corso della battaglia di Madrid, Buenaventura Durruti, il leader anarchico che comandava l’omonima colonna, massacrata nei giorni precedenti nei combattimenti con le truppe marocchine del generale Franco. Alla vicenda dedicherò tre post (lo scenario militare, la morte raccontata dal suo autista, i funerali) estratti dal volume di H.M. Enzesberger, La breve estate dell’anarchia, un testo che assemblea centinaia di testimonianze dirette. Per una ricostruzione generale, vedi qui.

Lo sfondamento delle truppe franchiste

19 novembre 1936. – I ribelli attaccano rabbiosamente il quartiere dell’università. Gettano nella lotta sempre più rinforzi, artiglieria, lanciabombe. Gli attacchi vengono loro a costar cari, le perdite, specialmente fra i marocchini, sono enormi. Gli slarghi tra gli edifici del quartiere universitario sono disseminati di cadaveri. Durruti è molto abbattuto per il fatto che proprio le sue truppe abbiano offerto al nemico la possibilità di penetrare in città. Ma intende compensare questa sconfitta con un nuovo attacco, nello stesso punto ove gli anarchici hanno ceduto. I bombardamenti ininterrotti, l’annientamento degli abitanti indifesi, lo riempiono di furia cieca. I suoi grossi pugni si stringono, la sua figura eretta è in qualche modo piegata, ha l’aspetto, in certo qual modo, di un antico gladiatore romano, teso ad un disperato tentativo di fuga.

La riconquista dell’ospedale

21 novembre 1936. – È piovuto di nuovo tutta la giornata. A mezzogiorno sono riuscito ad entrare, insieme con le unità repubblicane attaccanti, nella clinica universitaria e nello ospizio “Santa Cristina.” Ambedue gli edifici sono stati conquistati, con attacco frontale, bombe a mano e baionette.
I marocchini e i “regolari” si sono ritirati di circa duecento metri, non di piú. Tengono sotto tiro gli edifici che sono stati loro strappati, si deve strisciare, e non sono ancora stati scavati i camminamenti.
Subito vicino ad una costruzione semifinita, ancora al rustico, un edificio della clinica è stato completamente distrutto. I soffitti e i pavimenti sono trapassati dai colpi, l’arredamento è demolito, a pezzi. I letti rovesciati, i pavimenti coperti di macerie e di calcinacci.

L’obitorio gremito

Giú nell’obitorio m’imbatto nel vecchio custode. È riuscito a rimanere incolume dopo il triplice attacco e il trapasso della casa di mano in mano. Prega i soldati combattenti di portare i loro morti in deposito all’obitorio, e un rifiuto lo lascia molto male. Chiaramente, non è piú in possesso delle sue facoltà.
Si sarebbe mai pensato che questo modesto obitorio sarebbe stato tanto ricolmo? Chi poteva prevedere che quest’angolo tranquillissimo, scientifico, accademico, sarebbe diventato una arena per le lotte piú dure e piú amare!
Povera Madrid! Era ritenuta una città tanto spensierata, tanto innocua, tanto felice. La prima guerra mondiale non la aveva toccata, si svolgeva molto lontano da lei. Ora ha patito piú lei in quindici giorni che le capitali europee in quattro anni di guerra. La città è divenuta un campo di battaglia!
Quando esausti, bagnati, sporchi, incapaci di parlare ma felici tornammo a strisciare in seconda linea, qualcuno venne correndo e ci raccontò che nel settore accanto, nel parco occidentale, Durruti era caduto.

L’ultimo incontro con Durruti

Ancora quella mattina, presto, lo avevo visto sulla scala del ministero della guerra. Lo avevo invitato a venire con me all’ospizio “Santa Cristina.” Durruti aveva scosso il capo. Doveva andare a preparare il proprio settore e, anzitutto, doveva proteggere i reparti dalla pioggia.
Scherzai: “Ma che, sono fatti di zucchero?”
Rispose burbero: “Sí, sono di zucchero. Nell’acqua si sciolgono. Ne resta uno su due. A Madrid si guastano.”
Furono le sue ultime parole. Era di cattivo umore.
Michail Kol’cov
Tra il 13 e il 19 novembre il sessanta per cento delle truppe che Durruti aveva portato a Madrid cadde in combattimento, e tra esse la massima parte del suo comando. I superstiti erano completamente esausti, spossati per il sonno.
Ricardo Sanz 2

Una catastrofe militare

Militarmente parlando, il tutto fu una catastrofe. Una colonna con una simile mentalità non poteva combinare niente a Madrid. Mancava loro qualsiasi senso di disciplina, ognuno faceva quello che gli saltava in testa di fare. Quando cominciarono a comprendere i loro errori, era già troppo tardi. Le unità che si presentavano con un’altra ideologia, intendo i comunisti, funzionavano diversamente; la loro disciplina militare era strettissima. Fra gli anarchici non c’erano vigliacchi, la maggior parte erano straordinariamente coraggiosi, ma militarmente parlando, il tutto fu una catastrofe.
Martinez Fraile

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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