Napolitano, il capo della banda: il trionfo di Renzi è il capitolo che mancava al mio libro

Con l’inconfutabile risultato elettorale di ieri, che vede il Pd prendere 10 punti in più del centrodestra allargato (Forza Italia+Ncd/Udc+Fratelli d’Italia+Lega) e quasi doppiare il Movimento 5 stelle che i pronostici dei cavallari da strapazzo davano in rimonta e a un’incollatura, Matteo Renzi ha scritto il capitolo che mancava al mio libro.
A ben vedere, infatti, sia pure sotto la forma retorica dell’invettiva, la mia è stata una amara riflessione sulla morte della sinistra. Ho scelto, con Napolitano, il suo personaggio più emblatico e “vincente”, il primo in tantissime cose, per raccontare come il sogno della liberazione e dell’emancipazione sociale si sia trasformato nell’incubo di una struttura organicamente funzionale alla macchina del dominio del capitale nella sua massima fase di spersonalizzazione e di smaterializzazione.
Con il trionfo personale di Renzi, che si è messo in gioco e si è battuto con caparbia e sfrontatezza, si chiude perfettamente un ciclo: se vent’anni fa il partito personale di Berlusconi sussumeva quel che restava della Dc e dei suoi satelliti, squassati dalla rivoluzione giudiziaria di Mani pulite, in una nuova forma di partito liquido, carismatico, padronale ancor più che aziendale, oggi il premier ha spazzato via quel che avanzava di residuale della grande tradizione comunista, dell’organizzazione e dell’idea stessa di politica che ha segnato il Novecento, dimostrando di essere il miglior allievo di Berlusconi: perché ne ha imparato la lezione alla grande, perché ha saputo costruire una narrazione vincente
Il Pd arriva al 40% senza neanche cannibalizzare quel poco che resta della sinistra, ma assorbendo il centro e anche pezzi di centrodestra. E della natura postdemocristiana dell’elettorato conquistato c’è un’evidente traccia nel clamoroso flop di tutti i sondaggi. Come trent’anni fa, per antica saggezza gesuitica e controriformista, quella che ha fatto, nei diversi campi, di Giulio Andreotti e di Alberto Sordi, due maschere della Nazione, chi vota dc non lo dice, perché un po’ non si fida, un po’ se ne vergogna.
Quanto a me, non sono andato a votare. In quarant’anni (proprio ieri ho compiuto 58 anni: e c’è dell’ironia che dopo il 18 aprile, la data simbolo della nuova era politica sia il 25 maggio) credo sia la seconda volta (l’altra era alle comunali e il candidato del centrosinistra era veramente invotabile). Anche quando ero un militante rivoluzionario non vi ho mai rinunciato: non ho mai votato Pci (ma Dp, Nuova sinistra unita, Radicali, Verdi Arcobaleno) ma dagli anni 90 ho sistematicamente scelto il centrosinistra e uno dei partiti eredi della tradizione comunista (più spesso Pds-Ds-Pd, talvolta Rifondazione e poi Sel). Fino a sabato sera ero incerto se votare Lista Tsipras o Movimento Cinque Stelle, in un evidente conflitto tra le ragioni del cuore e la tentazione cinica di contribuire a far saltare il tavolo consociativo delle riforme (puntando su un M5S a ridosso del Pd e con un buon margine sul centrodestra: il che, evidentemente, non è stato). Ma i motivi per non farlo sono stati di gran lunga prevalenti e possono essere sintetizzati semplicemente facendo riferimento a due libri (e così si chiude il cerchio del rapporto forte tra biblioteca di Babele e realtà). Sfogliando il primo, Candido di Sciascia, una cover scritta nel ’77 del romanzo filosofico di Voltaire, una satira feroce contro le due Chiese ideologiche, mi sono ricordato che è una scelta di libertà “lasciar morire quello che deve morire”. Il secondo, invece, l’ho comprato ma non ho fatto a tempo a leggerlo. Perché a svelare che “I 55 giorni che cambiarono l’Italia” era una “sola” sono stati gli ex colleghi dell’autore, indagando per calunnia l’autore delle clamorose rivelazioni che, a detta di Imposimato, avrebbero consentito di svelare i misteri del sequestro Moro. E così, quando ho visto sul palco di San Giovanni l’ex pm, ho deciso che no, non potevo stare dalla stessa parte del peggio della sinistra forcaiola, complottista, paranoica.

Così non sono andato a votare, con assoluta leggerezza d’animo. Ed è stato uno dei più bei compleanni da parecchio tempo a questa parte …

 

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

1 Comment on “Napolitano, il capo della banda: il trionfo di Renzi è il capitolo che mancava al mio libro

  1. Ugo, il fatto che Imposimato possa aver detto o scritto (anche) qualche minchiata, non significa che i complotti non esistano, soprattutto nel caso Moro …

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