Napolitano, il capo della banda la cattiveria dei vecchi e la santificazione del Potere
Ce l’ha detto assai bene Fabrizio de Andrè “si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio”. È per questo che i nostri Presidenti della Repubblica, alla testa della gerontocrazia italica, sembrano essere così saggi, così buoni, così senza macchia, così disinteressati. Guardate Napolitano, guardate Scalfaro. Persino “nonno” Pertini nel suo infantilismo giocoso ci spinge a tenere considerazioni. È solo stanchezza del corpo. Quello che risuona intatto invece è l’ego spropositato, le intenzioni personalistiche, la fame di potere, la volontà di eternarsi, nascondendo le giovanili raccapriccianti esuberanze e gli scheletri negli armadi. È forse per fare giustizia di tutto questo, mentre i più s’apprestano a limare, pronto per l’uso, il “coccodrillo” per il nostro attuale Presidente che, come una benedizione, arriva nelle librerie un saggio breve e caustico, ma non per questo meno vero.
Così Mario Grossi per Il fondo di Miro Renzaglia attacca la recensione di “Napolitano, il capo della banda”, una riflessione sulla cattiveria dei vecchi, sull’autocelebrazione del Potere gerontocratico, del valore del mio libretto nel tentativo di sollevare qualche dubbio sull’opera di santificazione già in corso da tempo. Al testo analitico segue un’intervista con l’autore, la cui chiusa è il rovesciamento dell’intero ragionamento:
Cosa farà Napolitano da grande?
Io non so neanche cosa farò io da grande.
Intendo tornare sulle raccapriccianti esuberanze con relativi cadeveri (non solo nell’armadio ma bensì anche all’obitorio) disseminati nella loro giovane età, da taluni presidente della attuale repubblica,con l’eccezione di Napolitano, che su tale versante, non ha trascorsi giovanili atroci.Mi riferisco a due padri della patria, Sandro Pertini (il più amato dagli italiani,secondo Raffaella Pelloni, in arte Carrà)e Oscar Luigi Scalfaro.Questo per puntualizzare che per entrambi, non solo i famosi “scheletri nell’armadio” evocati nell’articolo, furono una iperbole retorica, ma purtroppo, una tragica sanguinaria realtà, con la quale noi tutti dobbiamo fare i conti.In conclusione poi una considerazione finale s’impone, credo che sia un fattore biologico, si sa che si nasce piromani e si muore pompieri.
Impraticabile il paragone tra il partigiano Pertini e il magistrato Scalfaro
Alludo ( e paragono visto l’esito finale)ad alcuni scheletri nelle tombe e non a degli ipotetici “scheletri negli armadi”.Per entrambi si capisce,pur in diverso modo, infatti il primo da “irriducibile esaltato sovversivo” come fu definito dal commisario di pubblica sicurezza Marcello Guida,futuro Questore di Milano,ma si badi bene, per meriti resistenziali acquisiti furbescamente durante la guerra civile 43-45, collaborando coi partigiani; l’altro da magistrato, che ebbe modo di far “giustiziare” come pubblico ministero, durante i tipici “processi popolari”dell’epoca di alcuni “repubblichini”.