6 ottobre 1980: catturato il gruppo di fuoco Nar-Prati

Due giorni dopo l’arresto di Nanni De Angelis e Luigi Ciavardini viene smantellato l’altro gruppo di fuoco dei Nar, quello del Prati-Fuan. La mattina del 6 ottobre, presso una stazione di servizio dell’autostrada, all’altezza di Treviso, squilla il telefono pubblico. Risponde il responsabile e dall’altra parte una voce giovanile dice: «Cerco Giampiero». Il gestore chiede in giro se ci sia qualcuno di nome Giampiero, ma non c’è nessuno con quel nome.

Pochi minuti dopo, stessa telefonata alla stazione di servizio parallela, in direzione opposta. Un giovane chiede se ci sia Gilberto. Stavolta lo trova. Glielo chiamano. E ci parla. Ma la cosa è sospetta: non è roba da tutti i giorni che una persona telefoni a una stazione di servizio per chiedere di farsi passare qualcuno.

Così l’addetto della stazione si insospettisce, attraversa l’autostrada, si avvicina a una pattuglia della polizia stradale che si trova nella stazione Piave Ovest e racconta l’episodio. Gli agenti si spostano all’altro Autogrill e bloccano il gruppo di giovani che accompagna questo misterioso Gilberto.

Viaggiano su due macchine: una Citroën Ds targata Venezia e una Renault targata Trieste. Sulla prima vengono fermati l’autista (il veneto Ottorino Tasinato) e i due neri romani Claudio Conti e Marco Di Vittorio. Sulla seconda, oltre al proprietario, il triestino Gilberto Falcioni, ci sono altri due camerati della Capitale: Luigi Aronica e Claudio Ragno. Ma c’è anche una terza auto, un’Alfa 1750, rubata quattro giorni prima, i cui due occupanti riescono a scappare. Intanto arrivano altre pattuglie e la verità viene presto a galla.

Nei giardinetti a pochi metri dalle auto, il gruppo di fuoco dei Nar ha provato a nascondere alcune armi, mentre altre sono ancora nella Renault. Alla fine il bilancio del materiale sequestrato sarà il seguente: sei pistole e due bombe a mano Srcm, simili a quelle usate nell’assalto alla sezione del Pci Esquilino per vendicare Francesco Cecchin. Oltre a barba e baffi finti, un nastro adesivo e un lucchetto con la chiave, della colla e un cavo elettrico. E ancora: una bottiglia di acetone, che può avere un effetto sedativo e narcotizzante. Insomma, il tutto lascia prevedere che il gruppo stesse preparando un attentato, o una rapina. O, più probabilmente, un rapimento. Ma sentiamo Marco Di Vittorio:

Ero stato in carcere fino al giugno del 1980. Poi, una volta fuori, faccio delle cose. Comprese alcune rapine, per aiutare economicamente camerati latitanti. Di tutti i soldi che mi sono passati per le mani – e sono stati tanti – non mi sono mai preso 50 lire, forse perché venivo da una famiglia abbiente e non mi servivano. Non entro nel comportamento di altri, non lo giudico. Parlo per me.

Una volta uscito di prigione, Di Vittorio non tornerà in via Siena:

Ormai, in quell’estate del 1980, al Fuan non c’è più nessuno. Mi unisco a chi sta ancora fuori. La situazione a quell’epoca per noi era diventata pesantissima. Già con la strage di Ustica ci eravamo preoccupati. Il primo campanello d’allarme ci fu con la strana telefonata ai giornali che parlava dell’orologio di Affatigato sull’aereo. Ci dicemmo: Guarda se ’sta tragedia non la attribuiscono a noi… Poi ci fu Bologna e pensammo: Come volevasi dimostrare… Di Vittorio spiega qual era il loro obiettivo in quel periodo: In quei giorni ci muovevamo chiaramente in un’ottica di lotta armata. Facemmo delle rapine e volevamo fare rapine per autofinanziarci e organizzare delle azioni. Così in ottobre decidemmo di lasciare Roma per andare al Nord e autofinanziarci.

Ma il 6 ottobre, come abbiamo visto, il gruppo verrà catturato. Di Vittorio non è convinto della versione ufficiale che, come abbiamo visto, parla di una segnalazione alla polizia da parte del responsabile della stazione di servizio sull’autostrada:

Secondo me il nostro arresto fu una cosa strana. Io sono sempre stato dell’idea che quella mattina ci stessero aspettando. Avevamo messo le armi in una delle tre macchine. All’Autogrill arrivò un’auto della polizia che ci fermò quasi a colpo sicuro. Ma la cosa più strana è che a quattro ore dall’arresto a interrogarci c’era già la Digos di Roma. Credo che fu proprio il capitano Straullu a interrogarci. Ci presero in sei, gli altri riuscirono ad andarsene e non furono mai arrestati. Barba e baffi finti, manette, cloroformio, armi, nastri adesivi… Trovarono tutto.

Ci presero e ci portarono in Questura, a Treviso. Ci chiesero chi fossero quelli scappati, ma siccome non li videro, evidentemente ci aspettavano e sapevano quanti eravamo, così alla fine non gli tornavano i conti. Sapevano che eravamo otto, ma ci avevano preso in sei. Volevano sapere dove avevamo dormito, visto che ci avevano beccati di mattina presto, quindi presumibilmente avevamo un appoggio in zona; cosa che era vera, ma non l’hanno mai trovato.

Noi ci salvammo perché uno di questi ragazzi scappati telefonò all’Ansa comunicando che eravamo stati presi. I miei l’hanno saputo il giorno dopo l’arresto. Ma prima che la notizia arrivasse alla stampa, abbiamo passato ventiquattr’ore da sequestrati. E hanno usato la mano pesante. A uno di noi hanno spezzato le dita dentro un cassetto, a un altro hanno spaccato lo zigomo, io ho avuto lesioni interne e costole rotte. Non è che ci hanno trattato coi guanti bianchi…

Però, ripeto, faceva parte del loro mestiere. Io mi metto nei panni di questi che prendono un gruppo di gente armata che potrebbe sparargli addosso. Così ti fracassano di legnate. Ognuno fa il suo mestiere, non mi sono mai lamentato, non è che sono andato dal giudice a dire: Questi mi hanno picchiato… Ci portarono a Treviso, dove ci tennero in isolamento per alcuni mesi, poi a Rebibbia.

Finisce così la stagione del gruppo Fuan-Prati.

FONTE: Trilogia della celtica/Nicola Rao

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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