Narrare la lotta armata: un film deludente, un libro scritto molto bene

Nello strazio delle narrazioni sui 55 giorni si ripropone il tema dell’incapacità tutta italiana di produrre narrazioni artistiche (romanzi, film) di qualità sugli anni di piombo. In questi giorni arrivano in sala e in libreria due opere di segno opposto sulla lotta armata. Un film deludente, Dopo la guerra di Annamaria Zambrano (esaltato da Mughini) che condanna l’esilio di chi ha praticato la lotta armata come colpa. Un libro scritto molto bene, l’autobiografia di Marina Premoli, militante di Prima Linea. Per presentarli vi ripropongo gli attacchi della lunghissima e molto bella intervista di Quinlan a Paolo Persichetti (il brigatista a cui è in parte ispirata la vicenda del film e che alla lotta armata arriva quando i giochi sono già finiti) e la recensione del libro, scritta da Andrea Colombo per il Manifesto:

Anni Settanta. «Questa è già la mia vita», il libro della ex militante di Prima linea, per Quodlibet

lotta armataQuando l’arrestano Marina Premoli, militante di Prima linea, avverte i poliziotti che la stanno portando via: non si sono accorti che uno dei due compagni presi con lei è ancora armato.

 

Lo fa per proteggerlo, per evitare che impugni l’arma e ci rimetta la pelle, ma forse lo fa anche perché è una terrorista particolare, che all’uso delle armi non si è mai davvero acconciata. Lei stessa ha nella borsetta una pistola: però non ha mai avuto intenzione di adoperarla e lo ha detto sin dall’inizio ai suoi compagni. Le hanno risposto di portarsela dietro lo stesso «a scopo di deterrenza». Proprio quell’arma ha fatto scoprire i tre di Pl, fermati durante un controllo. I documenti falsi, preparati proprio da Premoli, avevano resistito all’esame. Se i poliziotti non avessero perquisito la borsetta se la sarebbero cavata.

Marina Premoli passerà otto anni in carcere, soprattutto per l’evasione di quattro militanti dal carcere femminile di Rovigo, organizzata da Sergio Segio per far evadere la sua compagna Susanna Ronconi. Doveva essere un’azione senza vittime, invece ci rimise la vita un pensionato. Altri otto anni la Premoli li ha passati in semilibertà prima di tornare una donna davvero libera nel 1996. LEGGI TUTTO

paolo persichetti

È in sala Dopo la guerra di Annarita Zambrano, in cui si racconta la vicenda di un ex brigatista rifugiato in Francia, interpretato da Giuseppe Battiston, costretto a fuggire perché sospettato dell’omicidio Biagi, avvenuto nel 2002. Ne abbiamo parlato con Paolo Persichetti, ex brigatista, giornalista e storico, cui il personaggio di Battiston è parzialmente ispirato.
[Nella foto Paolo Persichetti esce dal carcere di Rebibbia nel marzo del 2014]

Prima di parlare di Dopo la guerra di Annarita Zambrano, ti chiederei di raccontarci la tua storia, la tua vicenda all’interno delle Brigate Rosse.

Paolo Persichetti: Ho fatto parte di una delle ultime formazioni provenienti dalla storia delle Brigate rosse per un periodo abbastanza breve, poco meno di un anno, dall’estate 1986 al maggio 1987, quando fui arrestato e l’organizzazione smantellata.

Eri in clandestinità?

Paolo Persichetti: No, in altri tempi si sarebbe detto che ero un «irregolare».

Negli anni ’80 le Br perdono la loro unità e si suddividono in vari gruppi: tu a quale appartenevi?

Paolo Persichetti: Dopo il 1983 erano rimaste in piedi, nonostante l’uso dispiegato delle torture in carcere, una parte delle Brigate rosse – Partito comunista combattente, raccolte essenzialmente attorno a ciò che restava della colonna romana che in alcune periferie della capitale poteva ancora contare su un discreto numero di simpatizzanti. Un paio di anni dopo si aprì una discussione tra chi chiedeva di innovare la strategia brigatista, alla luce delle sconfitte e della mutata situazione sociale, e chi non voleva abbandonare l’ortodossia originaria, ormai però priva del contesto che l’aveva generata. Il dibattito portò all’ennesima divisione. Io ritenevo fondate le ragioni dei sostenitori del rinnovamento che avevano assunto la denominazione Br-Unione dei comunisti combattenti e quindi nell’86 ne entro a far parte. In realtà, come i fatti ci dimostrarono velocemente, entrambe le posizioni non avevano futuro. Era troppo tardi per innovare quella esperienza o per pensare di conservarla intatta, bisognava chiuderla prima con intelligenza. LEGGI TUTTO

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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