Brigate rosse, Curcio: non decidemmo la nascita a Pecorile

brigate rosse
L’albergo-osteria che ospitò il convegno

Nel libro intervista con Mario Scialoja, Renato Curcio ridimensiona fortemente il peso del cosiddetto “convegno di Pecorile” nella nascita delle Brigate rosse. Lo riduce a un passaggio politico in cui non fu presa nessuna decisione organizzativa. E ne sbaglia data (settembre) e collocazione (era a Costaferrata)…

Come siete arrivati alla decisione di passare alla lotta armata?

Non c’è stato un momento in cui qualcuno, a tavolino, ha decretato che si doveva cominciare a sparare e a compiere attentati. È stata una maturazione graduale e laboriosissima. II processo è andato avanti sulla spinta delle esigenze contingenti e nel contesto di una violenza diffusa generale.

Comunque, volendo semplificare, si può dire che la strada che ci ha condotti alla guerriglia è stata imboccata con il convegno di Pecorile del settembre ’70.

Cos’è Pecorile?

Un paesino di sette case nell’entroterra di Reggio Emilia con una locanda-ristorante che i compagni della zona conoscevano bene. Invitammo a riunirsi lì un’ottantina di delegati dei vari collettivi che facevano capo a Sinistra proletaria.

Perché avete organizzato questo secondo convegno, pochi mesi dopo quello di Chiavari?

C’era l’esigenza urgente di risolvere le contraddizioni che erano maturate dentro Sinistra proletaria. Gli orientamenti divergevano ormai in modo insanabile.

Il punto centrale da affrontare era la discussione sulla necessità di passare a nuove forme di lotta più incisive e clandestine. Una scelta alla quale Margherita Cagol, Alberto Franceschini, io e qualche altro compagno eravamo decisamente favorevoli. Ma che non poteva essere discussa in un’assemblea aperta a chiunque. Portammo così a Pecorile un gruppo più o meno selezionato.

Quale decisione venne presa a Pecorile?

Formalmente nessuna. In pratica però, durante quei dibattiti, capimmo che l’esperienza di Sinistra proletaria era finita. Nessuno di noi prese la parola in mezzo all’assemblea di ottanta persone proponendo di passare alla lotta armata. Ma tra alcuni gruppetti ristretti di compagni il tema che circolava era quello. Si trattava comunque di discorsi ancora astratti e vaghi, senza risvolti concreti e tantomeno proposte organizzative.

Parlammo invece apertamente della trasformazione del servizio d’ordine in un nucleo bene organizzato. Una struttura capace di intervenire in varie città: lì dove lo scontro avesse richiesto una presenza dura.

Il servizio d’ordine doveva essere armato?

Non con armi da fuoco. Allora si usavano ancora le molotov, i bulloni, le spranghe. Però in quel periodo una certa «presenza armata» cominciava a farsi strada nel movimento e spuntavano i primi gruppi armati: come il «22 Ottobre» a Genova e i Gap di Feltrinelli. Io già dal ’68 mi incontravo ogni tanto con Giangiacomo Feltrinelli e discutevamo lungamente sui nostri rispettivi progetti.

Quello che intuii chiaramente a Pecorile fu che, una volta tornati a Milano, il nostro impegno di militanti avrebbe preso un’altra piega. Non sapevo ancora bene quale, ma sentivo che una scelta era imminente. E la mia scelta maturò presto nel clima teso degli scontri di fabbrica alla Pirelli.

La scelta della lotta armata e di creare quel gruppo ristretto che sarà le Brigate rosse?

Sì, ma c’è qualcosa che è bene chiarire. In quel momento il contenuto concreto della cosiddetta «lotta armata» era modestissimo. Bruciare le automobili dei capetti di fabbrica in pratica non significava quasi niente: le manifestazioni di piazza del movimento incendiavano ben altro che qualche vecchia Seicento. Il problema non era l’entità del danno provocato al nemico, ma la nuova posizione in cui queste azioni ci collocavano all’interno dei movimenti di lotta operai.

Il nostro discorso sulla lotta armata e i primi interventi di «propaganda armata» nacquero dall’impossibilità di proseguire con i vecchi metodi collettivi e assembleari, e dall’esigenza di dotarci di nuovi strumenti per far sentire la nostra presenza in una situazione di scontro sociale esasperato come quello di allora.

Un’analisi dei partecipanti

E’ nota una parte significativa dei partecipanti al cosiddetto “convegno di Pecorile” (tra i 70 e i 100). L’attivo quadri di Sinistra Proletaria in cui si definiscono e chiarificano le diverse posizioni. Senza nessuna pretesa di catalogazione scientifica, è significativo che i 42 nomi noti si dividono in tre componenti di peso più o meno pari. 14 aderiranno alle Br, 13 al Superclan, 15 rifiuteranno la clandestinità. Alcuni proseguendo la militanza pubblica e sindacale, altri ripiegando nella vita privata.

Brigate Rosse

Alberto Franceschini, Renato Curcio, Margherita Cagol, Maurizio Ferrari, Umberto Farioli, Fabrizio Pelli, Roberto Ognibene, Attilio Casaletti, Lauro Azzolini, Tonino Paroli, Enrico Levati, Annamaria Bianchi, Raffaello De Mori, Gaio De Silvestro.

A questo elenco bisogna aggiungere Prospero Gallinari . Alle Br approda dopo essersi fatto un “giro” nel Superclan. Bisogna pure, in qualche modo, distinguere le ultime tre posizioni. Annamaria Bianchi è imputata nel processo al nucleo storico ma si è da tempo distaccata. Gli altri due sono invece leader di fabbrica. De Mori operaio alla Pirelli. De Silvestri tecnico alla Siemens.

Per Mario Moretti il loro ruolo è decisivo nella prima fase delle Brigate Rosse, insieme a quello di un vecchio quadro operaio della Fiat, identificato con uno pseudonimo. Ma tutti e tre “uscirono ben presto”. A ben vedere in questo gruppo di “fondatori” sono rappresentate tutte le “componenti”: forte la delegazione reggiana (giocavano in casa: Franceschini, Pelli, Ognibene, Casaletti, Azzolini, Paroli), poi gli operai milanesi (Farioli, Ferrari), i trentini (Curcio e Cagol), il gruppo di Borgomanero (Levati, legato a Giovanbattista Lazagna e ai partigiani secchiani).

Superclan

Corrado Simioni, Sandro D’Alessandro, Innocente Salvoni, Francoise Tuscher, Franco Troiano, Vanni Mulinaris, Duccio Berio, Elvira Schiavi, Ivan Maletti, Sabina Longhi, Oscar Tagliaferri, Francesco Ravizza Garibaldi.

Anche in questo caso alcuni se ne distaccheranno: Maletti, D’Alessandro (che diventerà un piccole editore di successo, prematuramente scomparso nel 2013), Ravizza Garibaldi (diventato attore di caroselli ma è stato accusato di aver partecipato a rapine del Superclan e sono girate voci su una sua attività guerrigliera in Palesina). Altri prenderanno altre strade pericolose: Oscar Tagliaferri, cacciato da Prima Linea per un triplice omicidio dopo una lite da bar, sarebbe finito in Perù. Il nucleo centrale dei fedelissimi di Simioni vivrà fino in fondo l’avventura “francese” dell’Hyperion.

La terza componente

Marco Fronza (redazione SP) Rosetta Infelise (moglie di Fronza e dirigente CPM), Claudio Aguilar, Paolo Strambio De Castiglia, Pietro Sacchi, Marco Bazzani e Antonio Mottironi, (tutti e 7 già presenti a Chiavari), Alberto Pinotti (direttivo CPM e redazione SP), Ivano Prati, Roberto lussi, Dario Angelini, Orietta Tunesi (presente anche a Chiavari, moglie di Troiano), Ezio Tabacco, Gino Simonazzi (del gruppo appartamento), Piero Elefantino.

Alcuni dei presenti in questo terzo elenco erano all’epoca dell’assemblea quadri dirigenti di Sinistra proletaria: Fronza e Pinotti. Il primo, in particolare, è il più deciso a battersi contro qualsiasi deriva lottarmatista. Passerà infatti con la moglie Rosetta Infelise a Lotta Continua.

“Quando Renato Curcio e gli altri dissero che per continuare nella lotta era necessario passare in clandestinità fu un vero choc. Marco disse: Ma cos’è questa, un’operazione della CIA? Io mi alzai. Ero una leader del Collettivo politico metropolitano, e quindi convinta che mi seguissero non dico tutti, ma tanti. Ce ne andammo solo in cinque. La ferita fu così grande, che da quel momento e per parecchi anni io e mio marito abbiamo smesso di fare politica attiva”. Rosetta Infelise Fronza oggi ha 81 anni (Marco Fronza, ex sindacalista Cgil è deceduto nel 2018,) e quando ricorda quella giornata di agosto del 1970 gli occhi grandi e gentili si velano di tristezza e lo sguardo diventa interrogativo, come a cercare di leggere la reazione dell’interlocutore. Lo sgomento è dovuto al fatto che quella riunione del CPM tenutasi a Costaferrata/Pecorile, non lontano da Reggio Emilia, viene comunemente ricordata come l’atto di fondazione delle Brigate Rosse. LEGGI TUTTO

Prati, legato a De Stefano, sarà eletto con lui delegato Fim alla Sit Siemens e proseguirà il suo impegno sindacale in fabbrica. Di altri non abbiamo raccolto notizie. (2-fine)

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

2 commenti su “Brigate rosse, Curcio: non decidemmo la nascita a Pecorile

  1. Scusate, ‘refusi’ di memoria possono capitare a tutti. * Con Rossanda e Mosca, è Mario Moretti ad essere intervistato. Libro-intervista con Renato Curcio è invece, qualche anno prima, quello curato da Mario Scialoja. |||| Segnalo, semplicemente perché si chiarisca di quale dei due libri (coi rispettivi ‘io narranti’, fa parte l’intervista qui sopra). ‘Buone cose’,come si diceva una volta. Scalzone, Oreste

    • Grazie, Ore’, ci aveva già pensato zio Frank a correggermi. Poi ovviamente, il lapsus ha una superiore intelligenza e grande potenza cognitiva: e c’è una buona ragione per cui si sono sovrapposti i due libri …

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