Tifo e ‘ndrangheta: si uccide un leader dei Drughi sentito come teste
Si è ucciso nei giorni scorsi, lanciandosi dal viadotto alle porte di Fossano, Raffaello Bucci, quarantenne, originario di San Severo, uno dei capi carismatici del gruppo ultras bianconero dei Drughi, «assunto» dalla società come consulente esterno nella stagione scorsa come «Supporter Liaison Officer», sostenitore ufficiale di collegamento tra la tifoseria e il club. “Ciccio”, di professione guardia giurata, si è tolto la vita due giorni dopo essere stato sentito in procura, a Torino, nell’ambito della recente inchiesta sull’infiltrazione della ’ndrangheta nella curva bianconera e sul business del bagarinaggio come persona informata sui fatti.
Non era indagato ma nella veste professionale, introdotta di recente dal regolamento Fifa, aveva la funzione di «anello di congiunzione» tra tifoseria e club, col compito di controllare la biglietteria, «intervenire in caso di problemi, verificare eventuali complicazioni per l’ingresso allo stadio e mediare, se necessario con i tifosi». Mansioni tecniche con finalità di ordine pubblico. Il lavoro svolto da Bucci in curva era molto apprezzato dalla dirigenza. era stato scelto per quel ruolo di fiducia perché non aveva mai avuto guai con la giustizia. Di certo aveva contatti con alcuni dei personaggi finiti al centro dell’indagine coordinata dall’antimafia torinese, che nei giorni scorsi ha portato all’esecuzione di 18 misure cautelari, di cui 15 in carcere.
Tra gli indagati finiti in cella ci sono membri della famiglia Dominello, del Chivassese, in particolare Saverio Dominello, considerato uno dei boss del clan, collegato alla cosca Pesce-Bellocco di Rosarno, tirato in ballo in un capo di imputazione per aver dato il suo benestare, ad un amico, per l’apertura di un nuovo gruppo ultras nella curva bianconera, i “Gobbi”. Tra gli arrestati c’è un altro leader storico degli ultras e dei Drughi, Fabio Germani, che dieci anni fa si dimise da portavoce della curva Scirea per dare vita a una sua associazione No profit “Italia bianconera”, con cui organizzava eventi promozionali, come le “serate bianconere”, cene con centinaia di tifosi a cui partecipavano mister Conte e numerosi calciatori (vedi il video youtube). Un pr più che un fighter di strada. Ora lo accusano, tra le altre cose, di aver procurato un provino al figlio di un boss di Rosarno, uno dei Bellocco. Un provino finito male: la giovane promessa calcistica non ebbe alcun contratto. Germani era considerato il volto pulito della curva. Ne parlava infatti in questi termini un’inchiesta del Corriere della Sera del 2007, dedicato proprio al business dei biglietti:
Nell’economia da stadio funzionano come assegni da portare all’incasso ogni domenica, prima delle partite. «Con la Triade erano una grande risorsa», rivela un’investigatore che da anni lavora a contatto con gli ultrà bianconeri. Quanti biglietti passavano? «Tra scontati e in omaggio, sui 150-200 a partita per ognuno dei 4-5 gruppi». I tagliandi venivano rivenduti in un giro di bagarinaggio interno. «Qualcuno si è sistemato comprando un bar, altri girano in Mercedes. I leader più tosti possono mettersi in tasca anche 100 mila euro in un anno». (…) Il funzionario ammette: «Alcuni ingressi sono praticamente gestiti dagli ultrà, e da lì passa di tutto». È questo uno dei punti su cui insiste la polizia. Nicola Rossiello, segretario provinciale Silp-Cgil di Torino: «Vanno monitorate le dinamiche che nascono attorno alle partite, vogliamo che emergano eventuali connivenze. E che le cose cambino veramente».
Il nuovo capo ultrà si chiama Fabio Germani: è il volto pulito della curva, quello che va in tv. Quello con cui tratta la società. «Si è aperto un dialogo. È garantito: quest’anno non facciamo nessun casino, manteniamo l’ordine, per quanto possibile». L’inizio non è stato così pacifico: «Li abbiamo contestati, non conoscevamo i progetti». Fabio si definisce «il referente della Curva Scirea». Ma gli Arditi, che della Scirea fanno parte, scrivono sul loro sito che «non può parlare per loro». E gli investigatori raccontano che il vero capo è sempre quel Dino Mocciola, storico leader dei Drughi, in carcere 15 anni per rapina, che non può andare allo stadio e «comanda senza esserci». Ma il mondo che racconta Fabio non c’entra niente con quello degli investigatori. Il giro d’affari? «Non c’è nessun guadagno: i biglietti li pago, e in contanti». Le entrate controllate dai tifosi? «Ogni settimana cambia quello che ci fa entrare, proprio per evitare coinvolgimenti con noi».
(…) Il legame a doppio filo Juventus-ultrà, durato anni, è stato scompaginato da Moggiopoli. Unica certezza: la posta in gioco è alta, se i gruppi se la contendono con i coltelli e le pistole. Sulla faida nella curva bianconera indaga da mesi la Digos di Torino. La storia inizia un anno e mezzo fa. Mocciola, il capo dei Drughi, esce dal carcere. È un intoccabile della curva. La voce dello stadio (vedi striscioni «La triade non si tocca») vuole i Drughi vicini alla vecchia dirigenza Juve. Mocciola esce dal carcere e torna a riprendersi il suo posto in curva, mentre la lotta con i Fighters (ora Tradizione) e i Viking di Milano è già aperta. In gioco gli equilibri in curva e i rapporti con la società. Lotta fratricida, sottotraccia. Per ricostruirla bisogna mettere in ordine una serie di esplosioni di violenza. Tre Drughi arrestati per aver accoltellato un Fighters nell’aprile 2005. Quasi un anno dopo, altro colpo ai Fighters: due spari contro il loro bar-ritrovo, il Black White. A luglio 2006 Mocciola viene sfregiato con un coltello ad Alessandria, durante un’amichevole. Solo a pensarla, qualche anno fa, una cosa del genere avrebbe messo i brividi all’intera curva. Settembre scorso: trenta persone devastano il ritrovo dei Fighters. E quando la prima giornata di campionato è già passata, un centinaio di ultrà delle opposte fazioni si scontra con mazze da baseball, bottiglie e bastoni fuori dal Delle Alpi.
La Procura di Torino ora vorrebbe sentire come persona informata anche Mocciola. Ma Dino da qualche giorno è irreperibile …
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