40 anni fa l’omicidio Verbano. Per il Ros una lunga striscia di sangue
E’ dell’altro giorno la notizia della richiesta di archiviazione da parte del pm nelle indagini bis per l’omicidio Verbano. L’atto giudiziario risale però al 28 agosto scorso. Ancora una volta, quindi, gli uffici giudiziari hanno confermato il circuito virtuoso con la stampa e con l’esigenza dei giornalisti di “coprire” gli anniversari “importanti”. Quello odierno lo è particolarmente: 40 anni dall’uccisione di un giovane sotto gli occhi dei genitori. Uno dei delitti più drammatici di quei tempi feroci. L’indagine bis del resto era nata sempre in simbiosi con la stampa e in coincidenza con un altro anniversario.
Il primo rapporto dei Ros: febbraio 2011
Il rapporto dei Ros che apre il fascicolo è consegnato il 24 febbraio 2011 e parte da un articolo del Corriere della Sera sui contatti di Carla Verbano, la mamma di Valerio, con Valerio Fioravanti e Francesca Mambro. Le attività investigative sono ripartite da qualche giorno: il 21 è stata sentita Carla, il 23 la compagna che era stata arrestata con Valerio nel 1979 e il camerata di Talenti divenuto amico di Valerio in carcere e sua fonte di informazione sull’ambiente neofascista di Roma est (ma a sua volta diffusore nella fascisteria di notizie ricevute dal compagno di cella).
Il 25 è la volta di un compagno di Valerio, rimasto ferito nella primavera 1977 da una pistolettata nel corso di una rissa in un autobus a Montesacro. E questo fatto, avvenuto quasi tre anni prima dell’omicidio Verbano, sarà al centro delle nuove indagini. Perché tra i fascisti aggrediti dai compagni quella sera, e che si difendono sparando, ci sarebbero i due principali sospettati dell’omicidio Verbano. Sospettati, non indagati. Perché quel fascicolo, si badi bene, è rimasto, lungo l’arco di otto anni, sempre catalogato come RI: registro ignoti.
L’uso sapiente della fuga di notizie
Nella richiesta di archiviazione non rientrano neanche tutti gli elementi investigativi lasciati trapelare nel corso degli anni, con una tecnica consolidata. Certo, le conversazioni intercettate, e fomentate dalla fuga di notizie, hanno dato riscontri, qualche elemento è arrivato dalle confessioni di vecchi camerati detenuti per reati comuni ma neanche sufifcienti ad assicurare un’iscrizione al registro indagati. E così, come in altri casi, ci troviamo di fronte a una verità storica che non ha per ora esiti giudiziari, tranne la coda della giornalista accusata di favoreggiamento.
Per i Ros è una catena omicidiaria
L’omicidio Verbano, come altri casi romani, è, nella ricostruzione del Ros, uno dei diversi casi romani di filiera omicidiaria. Tutto parte dall’omicidio Cecchetti, lo studente dell’Archimede non politicizzato, ucciso davanti a un bar di Talenti come rappresaglia per l’assalto a Radio Città futura. Un delitto sbagliato. Ma il bar Urbano, nella logica feroce di quei tempi e del disegno del controllo del territorio, è un ritrovo di fascisti, a 500 metri della combattiva sezione del Msi Talenti.
Passano 13 mesi tra il primo e il secondo delitto, un’enormità per i ritmi adrenalinici degli anni di piombo ma evidentemente ai fascisti di Talenti la voce che Verbano c’entri con quel raid assassino è arrivata in ritardo, probabilmente da radio carcere, quel carcere in cui, appunto Verbano è finito in aprile e c’è rimasto per qualche mese.
In mezzo c’è anche il ferimento a casa di un ex di Lotta Continua, Roberto Ugolini, figlio del redattore capo di Paese sera, a via Valpolicella, quartiere Montesacro. Un attentato per cui sarà condannato il responsabile del gruppo operativo di Terza posizione, Roberto Nistri. I pentiti tenteranno di tirarlo in mezzo anche per il delitto Verbano, ma il sospettato ha un alibi di ferro: era detenuto da due mesi. A lungo una delle piste seguite per il delitto Verbano era stata appunto quella di terza posizione, visto anche il coinvolgimento di Verbano nella rissa in cui è accoltellato Nanni De Angelis. Ma questa inchiesta l’ha esclusa focalizzandola sull’ambiente missino di Talenti che ruotava intorno alla leadership di Angelo Mancia
I sospetti su due attivisti di Talenti
Le indagini dei carabinieri si accentrano su due attivisti di Talenti, uno già finito in galera (ma non condannato) per gli scontri di Acca Larentia, l’altro arrestato pochi giorni dopo l’omicidio Verbano vicino a un’auto carica d’armi, con uno dei leader dello spontaneismo armato e altri due attivisti di Roma Nord. Anche nell’indagine sull’omicidio Mancia, il segretario del Msi Talenti ammazzato tre settimane dopo, affiora qualche traccia che riconduce a Valerio Verbano: i due presunti killer sarebbero scappati, dopo il cambio d’auto, con una fiat 500 bianca. E c’è una testimonianza di Carla Verbano che dice di aver visto il figlio parlare, la sera del 20 febbraio, con due persone giunte a bordo di una 500 bianca. Un’auto comune, all’epoca, come dieci anni dopo l’Uno bianca…
Le convinzioni del pm
Il pm, nel dare atto dell’incapacità di dare un volto agli assassini, anche per la reticenza di “tutte le persone sentite, soprattutto quelle appartenute all’ambiente di destra” si spinge ad affermare che “con molta probabilità possono celarsi gli autori del fatto tra due o tre soggetti, i cui nominativi sono emersi nel corso delle indagini”. Ad ogni modo “si è trattato di un’azione di violenza terroristica ben organizzata e premeditata per rispondere a precedenti attentati subiti da appartenenti a gruppi della destra terroristica, alla quale ha poi fatto seguito l’omicidio di Angelo Mancia”.
Il collegamento tra il delitto Verbano (“una cosa strana”) e Mancia era stato tra l’altro al centro di una conversazione intercettata al ristorante tra Massimo Carminati e i due Gramazio, Domenico e Luca. Una conversazione trascritta nell’ordinanza di Mafia capitale ma che stranamente non aveva suscitato l’attenzione della stampa mainstream
Lascia un commento