23 novembre 1973: il Viminale scioglie il Movimento Politico Ordine Nuovo

Il podcast della trasmissione Wikiradio del 22 novembre 2012. Una lunga intervista al sottoscritto sulla vicenda del Movimento Politico Ordine Nuovo nell’anniversario dello scioglimento d’ufficio.

ordine nuovo

Il MOVIMENTO POLITICO ORDINE NUOVO sceglie di fondarsi il giorno del solstizio di inverno.  Intende così riaffermare la propria intransigente ispirazione evoliana. Si darà una più complessa organizzazione, in occasione del primo congresso nazionale, tenuto a Lucca nell’ottobre 1970. Un rapporto di polizia dà il via all’inchiesta giudiziaria per “ricostituzione del partito fascista”. il documento attribuisce al MPON una quarantina di episodi di violenza. La cifra è irrisoria per quegli anni feroci, ma la polizia enfatizza le potenzialità eversive del movimento

La relazione Pellegrino, Commissione Stragi

“ORDINE NUOVO – scrive il presidente Pellegrino nella relazione della Commissione Stragi – risultava già caratterizzato come un movimento semiclandestino, fortemente gerarchizzato, con una direzione politica centralizzata, orientato a muoversi in gruppi di pochissime persone che dovevano essere in grado di volta in volta di mobilitare un’area di simpatizzanti, ispirato a una concezione elitaria e mitica dello Stato, antidemocratica e antiborghese, in assoluta contrapposizione con la democrazia parlamentare e l’organizzazione del consenso attraverso i partiti, ma almeno in parte non antistituzionale. Il movimento si distingue per una «concezione antidemocratica, antisocialista, aristocratica ed eroica della vita”.
Così Pellegrino evidenzia la forzatura compiuta: “Gli elementi che col tempo sono emersi consentono oggi di dire che già all’epoca erano stati consumati fatti delittuosi di maggiore gravità e relativi a ipotesi associative di diverso rilievo, che solo molto tempo dopo sarebbe stato possibile ricondurre nell’ambito dell’organizzazione”.

La forzatura del ministro Taviani

Rafforza la determinazione a sciogliere il MPON con un decreto, subito dopo la condanna del tribunale, un convincimento. La strage di piazza Fontana era stata opera di ordinovisti collegati agli apparati di sicurezza. Ma ancor’oggi questa ipotesi non ha pieno riscontro giudiziario. C’è solo la prescrizione del pentito Digilio, reo confesso del confezionamento della bomba.
Del resto proprio gli apparati del Viminale giocavano un ruolo centrale nella costruzione delle strutture miste civili-militari. Nei confronti dei suoi uomini (autentici “apprendisti stregoni”) il ministro ben si guardò dall’applicare il pugno di ferro. Anzi, il “superpoliziotto” Umberto Federico D’Amato ha continuato a mantenere fino alla pensione, e oltre, il ruolo di garante degli apparati di sicurezza atlantici in Italia.

Il maxiprocesso

Il 6 giugno 1973 inizia a Roma il processo. Tra i 42 imputati alla sbarra alcuni non hanno mai aderito al MOVIMENTO POLITICO, altri sono rientrati nel MSI. I“puteolani” sono stati protagonisti di una grottesca scissione, qualcuno, infine, ha abiurato. I militanti del MPON confermeranno l’adesione con un gesto forte, che anticipa la successiva tattica delle BRIGATE ROSSE. Non si difenderanno in un “processo alle idee”. L’unico abilitato a parlare è il capo. Nell’ultimo discorso pubblico come leader del MPON, l’autodifesa collettiva, Graziani enfatizza la discontinuità con il fascismo. La sua successiva elaborazione, che si svilupperà intorno all’idea del “partito aristocratico” e alle intuizioni jungheriane, confermerà che non si trattava solo di una esigenza difensiva:

“Alcuni dei valori espressi dal fascismo […]si dissolsero come nebbia al sole, una volta sottoposti a una critica che faceva propri i principi di una visione del mondo aristocratico e tradizionale. Così il nazionalismo, il culto naturalistico della patria risultarono dei non valori: la nostra patria è là dove si combatte per l’Idea! Al concetto di Stato totalitario fu sovrapposto il concetto di Stato Organico; all’esigenza del capo […] l’esigenza dell’élite rivoluzionaria”.

La sentenza: 30 condanne

Il processo si conclude con 30 condanne a pene variabili da 5 anni e 3 mesi a 6 mesi. Il Viminale scioglie il gruppo per decreto.Nel 1974 prende il via un maxiprocesso che vede imputati 119 militanti per ricostruzione del partito fascista. Un processo che si arenerà su questione procedurali: l’impossibilità per la Corte di sentenziare essendo ancora aperti numerosi procedimenti sui singoli episodi che costituivano elemento essenziale dell’accusa. A fine decennio, a partire dalle confessioni di alcuni pentiti, prese corpo un secondo, abnorme maxiprocesso, con circa 150 imputati, molti accusati di crimini “comuni”, variamente connessi con le attività di militanti impegnati nella stagione successiva allo scioglimento.
In realtà, nonostante i forti enunciati, il MPON non era per nulla attrezzato a sostenere il passaggio alla clandestinità e, di fatto, nei successivi tentativi di rigenerazione avrà un ruolo marginale o nullo il gruppo dirigente storico.

Il Mpon dalla storia alla leggenda

Una copia della rivista Anno zero, fondata dopo lo scioglimento, trovata addosso a un giovane bresciano che salta in aria mentre trasporta un ordigno, trascina la leadership nelle inchieste sul terrorismo stragista. La repressione costringe i dirigenti a una più severa latitanza all’estero e alla perdita del controllo del movimento in Italia. Nonostante la breve vita e l’esito drammatico (Graziani e Massagrande saranno prosciolti molti anni dopo ma non rimetteranno più piede nel Paese e moriranno in esilio) il MPON resterà nell’immaginario collettivo delle successive generazioni della destra radicale un riferimento mitologico.

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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