Strage di Bologna: la Corte chiude la falla sull’86esima vittima

“Qui non si versa in un giudizio di revisione e i giudici del dibattimento fondano il
proprio giudizio su elementi di prova concreti”. Al momento, “eventuali ipotesi, puramente astratte, relative all’esistenza di vittime non identificate vanno correttamente rappresentate a una autorità inquirente”. Così il presidente della Corte di Assise di Bologna, Michele Leoni, nel corso del processo che vede imputato per concorso nella strage del 2 agosto 1980 l’ex Nar Gilberto Cavallini.

Leone: competono alla Procura nuove indagini

Leoni ha respinto la richiesta, fatta dalla difesa di Cavallini, di chiamare a testimoniare Silvana Ancillotti, amica di Maria Fresu, sopravvissuta all’attentato, Il presidente ha invitato chi ritiene che ci sia un’86esima vittima mai identificata ad andare in Procura per chiedere nuove indagini.

Riguardo a un eventuale inquinamento delle prove, poi, Leoni ha ricordato “l’immediato contesto post strage era uno scenario apocalittico”. C’era “una mescolanza di corpi, brandelli e macerie”: “Sarebbe stato impossibile – ha affermato – individuare e selezionare un corpo da far sparire”. Perciò ” in via logica non è ragionevole ipotizzare l’organizzazione di un inquinamento delle prove estemporaneo e immediato”. La strage era infatti “un evento del tutto accidentale e quindi non assolutamente preventivato”.

La prossima udienza del processo avrà luogo il 13 novembre. Terminata la fase istruttoria inizierà la discussione. I primi a parlare saranno i pm Enrico Cieri, Antonello Gustapane e Antonella Scandellari. la requisitoria dovrebbe occupare tre udienze, il 13, 14 e 20 novembre.

“Esirti non univoci dal Dna della Fresu”

“La perizia sul Dna delle presunte spoglie di Maria Fresu non ha dato esiti univoci e sicuri quali ad esempio la riconducibilità di tali resti a una sola persona”. Dunque, per Leoni “l’eventuale espletamento di altre perizie sul Dna porterebbe comunque a un binario morto”.

A “rappresentare l’opportunità di disporre altre perizie sul Dna di altre vittime accertate”, era stato uno degli avvocati di Cavallini, Alessandro Pellegrini. L’ipotesi è stata rigettata dalla Corte, che invece ha disposto l’acquisizione delle ricognizioni cadaveriche fatte all’epoca sulle vittime.

Parte civile: dubbi sulla conservazione dei resti

In mattinata, nel corso dell’udienza, la consulente di parte civile Susi Pelotti si era a sua volta soffermata sul modo in cui sono stati conservati i resti: “Non c’è una certificazione dei reperti”, ha affermato, perciò anche se “il Dna estratto non appartiene a Fresu, non possiamo sapere da dove provengano quei frammenti”.

Anche il legale di parte civile Andrea Speranzoni ha ribadito il concetto. Tuttavia Elena Pilli, incaricata dalla Corte di Assise di Bologna della perizia sui resti attribuiti in passato a Maria Fresu, ha affermato di “non avere contezza di come siano stati conservati i reperti”. La perita non crede che all’epoca la conservazione fosse effettuata con la medesima cura di oggi. A chiudere il dibattito è stato Leoni, che ha rimarcato come la valutazione rispetto alla validità delle prove spetti ai giudici.

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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