26 aprile 1966: l’omicidio di Paolo Rossi e l’insorgenza antifascista

paolo rossi

Il 26 aprile 1966 in occasione delle elezioni delle rappresentanze studentesche dell’università di Roma si verificò un’incursione a Lettere da parte di un gruppetto neofascista di cui facevano parte Stefano Delle Chiaie,  Serafino Di Luia, Flavio Campo, Saverio Ghiacci, Adriano Mulas-Palomba, Alberto Questa, Loris Facchinetti e Mario Merlino per un volantinaggio del Fuan Caravella. Ne risultarono scontri che si conclusero con la tragica caduta, e il giorno seguente la morte, dello studente di architettura e iscritto ai giovani socialisti, Paolo Rossi, che precipita dalla scalinata di Lettere per un cazzotto al volto.

Le associazioni studentesche organizzarono incontri e iniziative che culminarono, il 28 aprile, con l’occupazione di diverse Facoltà (Lettere, Legge, Scienze politiche, Fisica e il Biennio di Ingegneria). Nei giorni seguenti si susseguono ancora aggressioni fasciste ai danni di altri studenti che vengono feriti in modo grave, e viene infine condotto dai fascisti un altro massiccio assalto all’Università di Roma. A questo attacco gli studenti antifascisti rispondono con fermezza, cacciando i missini e provocando duri scontri con le forze dell’ordine. Una delle immagini di quei giorni ha avuto abbondante diffusione un mese fa, in occasione della morte di Flavio Campo, uno dei capi della “piazza nera”, l’unico sugli scalini, in atteggiamento di sfida verso i compagni. Alle sue spalle, di profilo, Stefano Delle Chiaie, anch’egli recentemente scomparso

Un ragazzo come noi

La vicenda di Paolo Rossi ispira Paolo Pietrangeli per “Contessa” e sarà citata da Antonello Venditti in “Giulio Cesare”: “Paolo Rossi era un ragazzo come noi”.

“L’omicidio di Paolo Rossi – commenta Infoaut, ricostruendo la vicenda – è uno spartiacque dell’antifascismo italiano della seconda metà del ‘900. Segna infatti la svolta per il movimento che sta irrompendo nella società borghese e perbenista di quegl’anni, dandogli la forza e il coraggio di rispondere in modo militante, di massa e organizzato al neo-fascismo e ai suoi continui agguati. I responsabili dell’aggressione non saranno mai puniti dalla magistratura, che oltre ad insabbiare le indagini con l’aiuto prezioso della Polizia, non farà alcuno sforzo per punire i colpevoli dell’omicidio (la sentenza istruttoria si concluderà con un “omicidio preterintenzionale a opera di ignoti). Questo atteggiamento istituzionale sarà d’aiuto al movimento per capire che la risposta alle aggressioni fasciste non sarebbe più dovuta essere la delega allo Stato, ma appannaggio esclusivo del proletariato”.

La Strage di Stato

Il libro di controinformazione su Piazza Fontana dedica un paragrafo alla ricostruzione della morte di Paolo Rossi e al suo ruolo di innesco delle prime mobilitazioni antifasciste

Il 27 aprile 1966, durante gli scontri violentissimi provocati dai picchiatori di Delle Chiaie davanti alla facoltà di Lettere, muore lo studente socialista Paolo Rossi. Un incidente, dirà la polizia: il ragazzo si è sentito male ed è precipitato dalla scalinata. Invece ci sono molti testimoni a dichiarare che Paolo Rossi è stato picchiato e per questo è caduto sul piazzale. Anche le foto parlano chiaro, dimostrando le violenze dei fascisti che si accaniscono su studenti isolati, mentre i poliziotti stanno a guardare. Riconoscibilissimi sono Serafino Di Luia, Flavio Campo, Saverio Ghiacci, Adriano Mulas-Palomba, Alberto Questa, Loris Facchinetti e Mario Merlino.

L’aggressione alla figlia di Ingrao

La morte di Paolo Rossi risveglia le coscienze, mobilita i giovani della nuova sinistra. Alcune facoltà vengono occupate. La notte tra il 28 e il 29 gli squadristi di Delle Chiaie aggrediscono nuovamente alcuni studenti isolati, bloccano l’auto su cui viaggia la figlia del deputato comunista Pietro Ingrao assieme a due amici assistenti universitari, a uno dei quali un colpo di coltello asporta la falange di un dito. Tra i denunciati per il vile episodio c’è Serafino Di Luia ed un certo Angrillo, un militare dell’Aeronautica. Il 2 maggio tutta l’università romana è occupata.

Tremila studenti riuniti in assemblea e 51 docenti titolari di cattedra denunciano in una lettera inviata al presidente della Repubblica “la situazione di violenza e illegalità che regna nella città universitaria dove un’infima minoranza di teppisti che hanno fatto propri i simboli del nazismo, del fascismo, delle SS e dei campi di sterminio possono impunemente aggredire studenti e professori che non condividono metodi e idee appartenenti al più vergognoso passato e condannati dalle leggi di tutti i paesi civili”. E concludono: “Di fronte a questo stato di cose, anche noi ci sentiamo responsabili della morte di Paolo Rossi perché abbiamo tollerato tutto ciò sino ad oggi”. Il giorno precedente un corteo di centinaia di operai si era recato alla Città Universitaria per portare la propria solidarietà agli studenti occupanti.

Il rettore Papi costretto alle dimissioni

Il ministro della pubblica Istruzione, a scanso di guai ulteriori, costringe alle dimissioni chi, più degli studenti e dei professori democratici, è stato responsabile per anni della situazione che ha portato alla morte di Paolo Rossi: il rettore Ugo Papi. In una intervista rilasciata al giornale Rome Daily American l’ex fascista Papi dichiara: “L’unico mio torto è stato quello di aver sempre cercato di ostacolare i professori di sinistra”.

Respinto l’assalto del 3 maggio

Eppure i fascisti attaccano ancora. Il 3 maggio 300 squadristi guidati da Caradonna e Delfino danno l’assalto alla facoltà di Legge: ma ormai gli studenti sono in grado di reagire e di battersi e anche la polizia interviene.
In realtà, la presenza dei fascisti si era rivelata utilissima per la creazione nell’Università di quel clima di terrorismo e di rissa latente su cui il vecchio corpo accademico, incolto e clientelare, fonda le sue tradizionali fortune.

Impossibilitati a sviluppare la dialettica delle idee, gli studenti di sinistra stentavano a mettere a fuoco gli obiettivi di lotta avanzati e restavano prigionieri della logica anacronistica – anche se legittimata da esigenze di conservazione fisica – della battaglia antifascista. Dall’esperienza di quegli anni il corpo accademico e, più in generale, le forze interne all’apparato statale. trarranno utili indicazioni per il futuro: in quel momento, l’applicazione di alcuni elementari principi costituzionali nell’ambito universitario nasce più dalla paura della reazione studentesca che da una, sia pur tardiva, resipiscenza democratica delle autorità.

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.