9 maggio 1978: l’omicidio di Peppino Impastato, un militante politico contro mafia e Dc

peppino impastato

Il coraggio di Peppino, la forza di mamma Felicia: il ricordo di Giovanni Impastato. Sono passati 42 anni dalla morte del giornalista e attivista politico di Democrazia proletaria Giuseppe ‘Peppino’ Impastato, ucciso in modo barbaro da Cosa Nostra per la sua battaglia portata avanti con la sua attività politica e con l’arma dell’ironia grazie all’emittente ‘Radio Aut’, libera autofinanziata, con cui ha denunciato i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini.

I suoi resti furono ritrovati il 9 maggio del 1978, stesso anno e giorno della morte di Aldo Moro, in un casolare vicini ai binari della ferrovia di Cinisi, in provincia di Palermo. Tentarono di farlo passare per un terrorista e ci vollero tanti anni, lunghe battaglie giudiziarie e una terribile determinazione per spazzare via quest’oscena calunnia.

La coincidenza ha finito per produrre, nelle narrazioni odierne, uno strano sincretismo, abituati come siamo, oramai, a un bizzarro Pantheon alla Jovanotti dei martiri del bene. Ma per chi ha vissuto la storia degli anni Settanta sa benissimo che Peppino Impastato era un avversario politico di Aldo Moro e che il suo rapporto  con la Dc siciliana, non ancora attraversata dalla grazia dei ravveduti Piersanti Mattarella e Leoluca Orlando, era di inimicizia assoluta

Il ricordo di Giovanni Impastato

“I ricordi di quel periodo sono terribili– ha raccontato Giovanni all’agenzia Dire-. È stato anche il giorno della morte di Aldo Moro. Per noi è stato un fulmine a ciel sereno, non ce l’aspettavamo. Ricordo che siamo anche stati trattati male dagli investigatori, che hanno perquisito le nostre abitazioni. Ci hanno preso per dei terroristi. Verso di noi sono stati brutali”. Per questo ad un certo punto “abbiamo voluto trattenere le lacrime e ci siamo rimboccati le maniche”.

Giovanni ha poi ricordato la tenacia, la forza e un coraggio come quelli mostrati da Felicia, la mamma di Peppino (e di Giovanni): “Lei ha reagito come può reagire una mamma. Era sconvolta, ma aveva capito che serviva andare a vanti, che dovevamo dare l’immagine giusta di Peppino. Come per i suoi compagni, che subirono perquisizioni. Loro riuscirono a trovare le macchie di sangue nel casolare dove fu fatto esplodere: hanno portato avanti un impegno serio e hanno pure rischiato”. 

Mamma Felicia “ha avuto un ruolo importantissimo, era la moglie di un mafioso. Ma era la madre di un militante che combatteva la mafia. Credeva nei valori famiglia. Non ha mai lasciato il marito, che era un mafioso, e lo ha rispettato fino alla fine”. Ma poi “si è schierata dalla parte della giustizia e non della mafia. Lei prima era complice di Peppino e poi nostra, dei compagni di Peppino”.

Di diverso avviso, sul valore di quella coincidenza, Giancarlo Calidori che è stato tra i protagonisti del percorso che ha portato alla scelta del 9 maggio come giornata nazionale del ricordo delle vittime di tutti i terrorismi.

La morte estingue.
Per quanto possano essere diverse le ragioni dei due omicidi – e lo sono – oggi ricordiamo due persone uccise.
Giù il cappello, davanti a due persone uccise.
“La campana suona anche per me”
Come diceva Pasolini: “sono diventato antifascista, ma non con gli stessi loro sentimenti”.
Questa è la mia “humanitas”.
Se vuoi puoi – liberamente, si capisce – criticarla e respingerla.

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.