28 novembre 1977. Reale: Petrone e quei topini nell’armadio del Pci

A proposito del post su Benedetto Petrone ricevo e volentieri pubblico questa testimonianza di Giacinto Reale che del MSI di Bari fu dirigente e ci spiega le ragioni per cui il PCI ebbe tutto l’interesse a mettere la sordina al processo per il suo omicidio.

Ugo: a quella data non ero già più a Bari, e quindi –anche se conoscevo alcuni dei personaggi coinvolti nella vicenda- non posso offrire un testimonianza diretta. Due spunti, però sento di poterli/doverli dare:
1. La figura della vittima: “Benny” lottava infatti contro l’espulsione dei ceti popolari dalla città vecchia”, dice Nico Lorusso…forse non è proprio così: scrive Peppino Caldarola (“Il lungo sogno”, Bari 2003): “Il massimo della sgradevolezza fu un colloquio che ebbi –ero io il segretario cittadino del PCI- con il segretario provinciale allorchè quest’ultimo disse con chiarezza che se non si fosse chiusa questa storia sarebbe partita, da parte degli avversari politici, una campagna di diffamazione del giovane Petrone che sarebbe stato presentato come un “topino” un piccolo delinquente da strapazzo. Per il segretario federale sarebbe stata la fine del PCI. Il martire sarebbe stato smascherato. La città avrebbe voltato le spalle ai comunisti”.
Come vedi, da parte dei dirigenti del PCI (che conoscevano i loro polli) nessun dubbio sul fatto che il Petrone fosse un ladruncolo abituale (“topini” a Bari erano definiti soprattutto gli specialisti di furti nelle macchine), e anche, vorrei aggiungere, che non avesse nessun percorso di redenzione sociale avviato (partecipazione ad assemblee, presenza in lotte di quartiere, etc), perché, sennò, sarebbe valso come prova di un miglioramento etico in corso
La verità è che, impotenti a reggere un’offensiva piazzaiola che li vedeva soccombenti, i “compagni” provarono a stabilire qualche aggancio con certa piccola delinquenza della città vecchia, più abituata a risse e accoltellamenti, e –credibilmente si disse, ma non posso assicurarlo- allettata da certe “aperture” femminili di piccole borghesi attratte dal bruto sottoproletario
2. La dinamica:” Quella sera tra le 19 e le 20 dalla Cattedrale ci muovemmo in gruppo per raggiungere altri amici che provenivano da piazza Garibaldi. Attraversammo piazza Chiurlia fino ad arrivare davanti al teatro Piccinni” racconta uno dei testimoni….forse nemmeno qui è proprio così: chi conosce Bari, sa che il teatro Piccini è contiguo alla (allora) Federazione missina, e sembra strano che un gruppo di “rossi” muovesse se non con intenzioni bellicose –in un clima da settimane molto teso (vedi il libro di Lorusso e Minerva “Le due città”)- verso quelle strade, per “raggiungere altri amici” che guarda caso, anche loro, quella sera, si erano dati appuntamento in zone solitamente evitate
Ipotizzo, ma credo di non sbagliare, avendo, questo sì, vissuto esperienze simili più di una volta, e proprio nelle stesse strade, che il “gruppo”, arrivato sotto le finestre della sede missina abbia iniziato il consueto coro di insulti e minacce, che, in assenza di reazione poteva sfociare in un tentato assalto alla sede (ce ne furono) e sennò, prevedeva la fuga in direzione città vecchia (a 50 mt) dove era “appostato” un contingente più numeroso per risolvere la questione, o, cmq, il contesto era più sicuro
Il caso volle che quella sera, invece del solito bidello che chiamava in Questura preoccupato, in federazione ci fosse un nutrito gruppo di giovani, che pensò bene di scendere ad affrontare gli avversari…i quali, naturalmente fuggirono
Petrone, che era affetto da zoppia, fu meno lesto degli altri, e fu costretto ad appoggiarsi al muro della Prefettura per affrontare i fasci (forse, scrissero i giornali, brandendo una catena).
Sarebbe finita così, senza niente di “gravissimo” (la Questura è a 50 mt) se di fronte non avesse trovato Piccolo, che era piuttosto “nervoso” di carattere e non si faceva intimidire
E, purtroppo (per tutt’e due, possiamo dirlo, alla luce degli sviluppi successivi) finì male

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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