7 luglio 1973: muore Pietro Secchia, l’ultimo stalinista del Pci
Pietro Secchia, nato a Occhieppo Superiore, nel Biellese, da una famiglia operaia, nel 1903 ad appena sedici anni, partecipa attivamente alle lotte operaie del primo dopoguerra. Nel 1921, Secchia aderisce, come quasi tutti i quadri della federazione giovanile socialista, al Partito Comunista d’Italia. nel 1924 rappresenta i giovani comunisti al quinto congresso dell’Internazionale Comunista a Mosca e nel 1926 è già membro del C.C. del partito. Tornata clandestinamente in Italia in missione dopo la svolta del VI congresso del Comintern, che rilancia l’iniziativa clandestina del partito per l’abbattimento del regime fascista, viene arrestato e condannato nel 1931, dal Tribunale Speciale, a 17 anni di carcere. Tornato libero dopo il 25 luglio nel ’43, insieme a Longo nell’Italia del Nord, a Milano, fu uno dei principali protagonisti della resistenza e della costituzione delle Brigate Garibaldi, di cui divenne commissario generale.
Al congresso del 1945 Togliatti lo nomina vicesegretario del PCI insieme a Luigi Longo. Nel 1946, Secchia è deputato all’Assemblea Costituente e poi eletto senatore, carica che mantiene fino alla morte, avvenuta nel luglio del 1973.
Potentissimo responsabile dell’organizzazione, leader della corrente di più stretta osservanza staliniana, dissente dalla scelta moderata di Togliatti di non scatenare la piazza dopo l’esclusione del Pci e del Psi dal governo De Gasperi nell’inverno 1947. Nel 1950, come Togliatti e la Jotti, adotta uno degli orfani dei “martiri di Modena”, gli operai delle Reggiane uccisi dalla polizia. Finisce per essere sconfitto e emarginato dopo la defezione del suo più stretto collaboratore, Giulio Seniga, n.2 della vigilanza e passato nel 1954 alla sinistra comunista, portando con sé parte della cassa e importanti documenti. Il primo a ospitarlo dopo la fuga è Gianni Brera. La responsabilità dell’organizzazione è tolta a Secchia e passa al suo principale avversario politico, il moderato Giorgio Amendola. All’VIII congresso del 1956, quello della destalinizzazione e della via pacifica al socialismo, non è nominato nella Direzione del Partito.
Dalla fine degli anni sessanta si dedicò molto alla politica internazionale. Nel gennaio 1972 volò in Cile, dove sostenne il governo progressista di Salvador Allende: fu l’ultimo dirigente occidentale a visitare il Paese prima dell’avvento della dittatura di Augusto Pinochet. Al suo ritorno in Italia fu colto da una malattia che lo tenne tra la vita e la morte per qualche mese. La natura incerta del male indusse Secchia, sebbene non ne avesse le prove, a ritenere di essere stato avvelenato dalla CIA. Ormai debilitato, morì nel luglio del 1973.
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