L’incredibile storia del papà di Vierchowod che combatte con l’Armata rossa in Italia

Il carattere lo ha ereditato dal padre, un soldato dell’Armata Rossa originario di Kiev. A cui ovviamente deve il cognome particolare. Ma che fa oggi Vierchowod? (…) Papà Ivan Luchianovic Verchovod, soldato ucraino fatto prigioniero in Italia durante la seconda guerra mondiale. Volevano deportarlo nei campi di lavoro in Siberia, così scappa sopra le colline di Bergamo e lì si stabilisce.

Così Antonio Sereni per il corriere.it. Io l’ho ripresa, a onor del vero, da Dagospia. E lo sdegno mi ha indotto a riaprire il blog che avevo abbondato da più di due mesi. Io per primo, al di là di tutti i dubbi, provo grande empatia per l’eroica resistenza del popolo ucraino all’invasione russa. Ma come si fa a scrivere una puttanata così colossale e nessuno se ne accorge?

Perché un soldato dell’Armata rossa, catturato in guerra, dai nemici, quindi i nazifascisti, dovrebbe essere deportato in Siberia? Se la storia non è del tutto inventata e il rischio era reale, bisogna pensare che il vecchio Verchovod fosse aggregato alle truppe naziste, come tanti ucraini antisovietici, e perciò temesse (giustamente?) di essere riconsegnato alla patria che aveva tradito e che, per altro, non l’avrebbe neanche deportato ma semplicemente passato per le armi per intelligenza contro il nemico. Del resto, in tutta evidenza, l’Armata rossa non ha mai combattuto in Italia

L’armata rossa in Italia?

La paura di essere riconsegnato ai sovietici era effettivamente potente. Perché, in tutta evidenza, Stalin era un realista cinico e brutalissimo. Capace di giustificare gli stupri di massa a Berlino e Vienna come legittimi sfoghi dei soldati frustrati da una durissima guerra. E così l’annunciata condanna a morte di chi si fosse arreso, in qualsiasi situazione, all’invasore, fu un deterrente formidabile per innescare resistenze matte e disperatissime che fiaccarono significativamente la macchina da guerra nazista.

Il monumento dell’infamia

Del resto, a finale, vorrei ricordare a quanti esprimono il giusto e doveroso sdegno per gli invasori russi, che si spingono a stuprare le ragazzine, che in Italia ci siamo tenuti per più di 70 anni il monumento al generale Juin, che autorizzò i suoi goumiers marocchini a devastare la Ciociaria: e nel diritto di preda (sessuale) entrarono donne, uomini e bambin*. A distruggere quell’abominio fu un “fetente” di fascista. La storia l’ho raccontata, all’epoca dei fatti, su Fascinazione

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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