19 maggio 1980. Napoli, commando br uccide Pino Amato. Catturati tutti
Napoli, 19 maggio 1980. Alle 9,40, in via Alabardieri, nel cuore della City, quattro brigatisti tendono un agguato all’auto su cui viaggia l’assessore al Bilancio della regione Campania, Pino Amato (49 anni), democristiano, uccidendolo. L’autista dell’assessore, Ciro Esposito, (50 anni), spara a sua volta contro gli aggressori e ne colpisce uno, Bruno Seghetti, l’autista della vettura sulla quale le Br caricarono Aldo Moro subito dopo la strage di via Fani. Seghetti, benché ferito, riesce a fuggire con i suoi compagni. Proiettili colpiscono anche due passanti.
L’inseguimento, la cattura
La polizia intercetta l’auto degli attentatori. L’inseguimento si conclude a Santa Lucia, alle spalle del palazzo della Regione, in via Marino Turchi. Qui, al termine di un’altra sparatoria, dopo aver lanciato quattro bombe a mano, i brigatisti si arrendono. Sono il romano Bruno Seghetti (30 anni), l’avellinese Maria Teresa Romeo (26), il napoletano Salvatore Colonna (21) e il torinese Luca Nicolotti (26). Con loro hanno quattro pistole a canna lunga, due mitra M12 e uno Sterling M4k, due parrucche e due giubbotti antiproiettile. E’ la prima azione della colonna napoletana ed è anche la prima volta che cade in azione un intero commando brigatista.
Il caleidoscopio brigatista
I quattro sono rappresentativi della ricchezza delle esperienze confluite nelle Brigate Rosse.
Bruno Seghetti è un quadro di Centocelle. Ha fatto la trafila da Potere Operaio nella rete illegale di Morucci con tutti i passaggi (da Lapp alle Fca alle Br) fino a via Fani.
Maria Teresa Romeo, irpina, proviene dai Collettivi politici irpini della rete di Rosso. Con il suo compagno Nicola Valentino e Roberto Capone milita nelle Formazioni combattenti comuniste fino alla tragedia di Patrica. Nell’agguato al procuratore di Frosinone, Calvosa, perde la vita Capone. Dopo l’arresto di Ceriani Sebregondi i due scampati aderiscono alle Br.
Salvatore Colonna è un giovane proletario dell’Arenella, cresciuto nella piazza rossa del Vomero, Medaglie d’oro, luogo di ritrovo della prima generazione dei Nap. Gli succederà una leva di autonomi molto radicali che continueranno ad alimentare l’area di contiguità tra militanza politica e passaggio alle armi.
Luca Nicolotti è un torinese di famiglia borghese che per una scelta politica va a lavorare come operaio della Fiat Presse, dove si distingue come delegato Fim Cisl nella sinistra sindacale. Entrato in clandestinità nel 1977, un anno dopo è spostato a Genova per sostituire Rocco Micaletto al vertice della colonna genovese. E’ da poche settimane a Napoli per rafforzare la colonna che è stata appena costituita
La rivendicazione
Alle 16,28, arriva una telefonata alla redazione napoletana del quotidiano Paese Sera. Un uomo, a nome della colonna Fabrizio Pelli delle Brigate rosse, rivendica l’uccisione di Pino Amato. Nel corso delle indagini, i carabinieri scoprono una base d’appoggio delle Br a Napoli. Numerosi i documenti sulla formazione della colonna napoletana e schede su esponenti e strutture della Dc.
Il 23 giugno 1980, davanti alla seconda corte d’Assise di Napoli (presidente Antonacci) comincia il processo. Rito direttissimo per i quattro brigatisti rossi (nella foto da sinistra Romeo, Nicolotti, Colonna, Seghetti). La corte li condanna tutti e quattro all’ergastolo. Sentenza confermata in Appello e poi in Cassazione.
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