Alla presentazione del libro su Napolitano finiamo a discutere di complotti e paranoie
La presentazione di ieri a Cesena di “Napolitano, il capo della banda”, è stata per me l’occasione di entrare in contatto con una realtà interessante ma a me assai distante. Come al solito, si è finito per parlare, anzi quasi per litigare, su tutt’altre questioni che solo marginalmente riguardavano il ruolo e la responsabilità del capo dello Stato e cioè sulle teorie del complotto (dal sequestro Moro all’11 settembre) e sulle visioni del mondo a esse sottese. Ci tornerò nei prossimi giorni …
Intanto vi segnalo il link allo streaming sulla web tv di Salvo Mandarà 8mancano per problemi tecnici pochi minuti del mio intervento iniziale) e ai due twitter con le immagini degli articoli dei due quotidiani locali:
il Resto del Carlino, edizione Cesena
Di quest’ultima intervista ho anche il testo che vi ripropongo:
E’a Cesena (dove sabato presenterà la sua ultima fatica: “Napolitano, il capo della banda” edito dalla cesenate “Edizioni Sì”) il giornalista e scrittore napoletano Ugo Maria Tassinari, noto in particolare per i suoi libri sulla storia del neofascismo italiano ed internazionale.
Preceduto da un imponente tam tam in internet, da numerosissime recensioni e citazioni, e dalle prime 1000 copie vendute in libreria in un paio di settimane (ma anche da una durissima censura dei maggiori organi di stampa) Tassinari dialogherà con i suoi lettori, e spiegherà i motivi che l’hanno spinto ad occuparsi in maniera fortemente critica del Presidente della Repubblica, scelta che ha già suscitato polemiche in quantità, alcune approdate sulla stampa locale.
In questa intervista ci ha anticipato alcuni dei temi del libro e della presentazione di sabato.
“Perché questo interesse, e questo libro inchiesta proprio su Giorgio Napolitano?”
“Io provengo dalla FGCI… da ragazzo, pieno di ideali e di sogni ascoltai Napoletano, in una sezione di Napoli, spiegare i motivi e la lezione del golpe di Pinochet… e ne fui così colpito che decisi… di lasciare il Partito Comunista!”…
“Cosa disse di così terribile?”
“Disse quello che poi ha ripetuto per tutta la sua vita politica… parlò, in sostanza, dell’impossibilità di costruire una società comunista, e della necessità di allearsi con le forza borghesi –allora si diceva così- per gestire il potere”…
“Era già un fautore delle larghe intese nel 1973?”
“Certo, e non solo. Lui, fra i più importanti esponenti del PCI non era proprio comunista, non aveva letto Marx, citava i filosofi liberali come fonte d’ispirazione…”
“La storia, con il crollo dell’URSS, sembra avergli dato ragione, però”…
“Se l’URSS fosse stata la realizzazione del comunismo sarebbe così… ma il comunismo, come lo sognavamo noi ragazzi, era cosa diversa dallo Stato oligarchico costruito da Stalin e dai suoi successori”…
“Ma Napolitano non è quello che applaudì all’invasione dell’Ungheria?”
“Sì… ma… nel libro cerco di spazzare via tutti i luoghi comuni… la storia di Napolitano, io, non l’affronto in ottica novecentesca comunismo-anticomunismo. L’affronto elencando tutti gli atti compiuti, prima e dopo l’elezione, come ‘capo della banda’, espressione forte per indicare la sua funzione di stratega della gestione del potere da parte dell’oligarchia italiana, in qualche modo simile a quella sovietica…”
”Ma qui non abbiamo avuto i gulag…”
“Certo che no….ma abbiamo avuto e abbiamo la gestione del potere per il potere. Nessuna idea di società, nessuna idea di bene comune, nessuna idea di vera alternanza alla guida del paese…”
“Affronta, nel libro, la questione della trattativa Stato Mafia?”.
“Ovviamente sì. E’ uno dei momenti più bui della storia della Repubblica. La distruzione dei nastri delle telefonate con Nicola Mancino (imputato nel processo n.d.a.) resta una macchia indelebile, una sorta di prova silenziosa degli intrecci fra potere politico e potere criminale. Se Napolitano non avesse avuto niente da nascondere, avrebbe dovuto chiedere lui di rendere pubblici quei nastri, non certo di distruggerli. La cosa peggiore è che, con tutta evidenza, la sua sia stata una scelta politica, non giudiziaria. Nel senso che l’ascolto avrebbe probabilmente demolito la sua immagine superpartes: niente di illegale, niente di rilievo penale”.
“E del tentativo grillino di mettere sotto accusa Napolitano?”
“Politicamente debolissimo: e difatti, tutto il parlamento gli ha votato contro. La colpa maggiore di Napolitano è qualcosa che non riguarda il suo interventismo in politica. Riguarda invece la sua idea di politica, così deprimente e statica… a mio avviso l’aumento costante dell’astensionismo è una sua vittoria: meno gente si interessa, meno gente si appassiona, più l’oligarchia può gestire i suoi affari in santa pace…”
”Quindi lei non accusa Napoletano di esser ‘capo della banda’ nel senso ‘poliziesco’ del termine”.
Finalmente Tassinari si lascia scappare il primo sorriso. “E quando mai!… un uomo con il suo pedigree, il ‘cominista preferito’ da Henry Kissinger non può essere accomunato ai ladri di polli dell’EXPO o del MOSE… siamo assai più in alto….”
Sabato, alle 16,00, all’Hotel Mosaico Suite, Ugo Maria Tassinari.
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