29 novembre 1976. Cinque esponenti di Prima Linea irrompono nella sede del gruppo dirigenti della Fiat a Torino, incatenano gli impiegati, espropriano i soldi che trovano, e scrivono con una bomboletta spray, il nome :”Prima Linea”. E’ la prima comparsa della sigla che così si presenta nel volantino di rivendicazione.
« Non siamo emanazione di altre organizzazioni armate, come Brigate Rosse o Nap, ma l’unione di gruppi guerriglieri che hanno sino ad ora operato sotto sigle diverse con lo scopo di creare ed organizzare il potere proletario armato ».«Prima Linea non è un nuovo nucleo combattente comunista, ma l’aggregazione di vari nuclei guerriglieri che finora hanno agito con sigle diverse»
In realtà Prima Linea nasce come rete militare di quello che resta (ed è molto) dei Comitati comunisti per il potere operaio, l’organizzazione dell’autonomia operaia che si era andata aggregando dal 1974. Le principali componenti sono la corrente di Potere operaio contraria allo scioglimento (“Linea di Condotta”) e due gruppi di fuoriusciti milanesi di Lotta Continua, ben radicati in alcune fabbriche di Sesto San Giovanni. In un libro appena uscito per Derive & Approdi, “Figli dell’officina”, uno dei fondatori, Chicco Galmozzi, sottolinea l’importanza degli operai e il radicamento in fabbrica dell’organizzazione. Nell’arco di due anni i Co.Co.Po avevano perso diversi pezzi militanti ma avevano mantenuto integra la forte rete operaia:
Nella sede di via Carlo Alberto. Un commando armato rapina gli elenchi dei dirigenti Fiat. Hanno chiuso gli impiegati nel bagno sotto la minaccia delle armi e vuotato gli scaffali. L’azione rivendicata da “Prima linea”
Un commando, composto da tre uomini e due donne armati di pistola, ha fatto irruzione lunedì mattina nella sede del Gruppo dirigenti Fiat in via Carlo Alberto 61. Dopo aver chiuso sette impiegati nello stanzino da bagno, hanno portato via gli armadietti metallici dove venivano custodite le deleghe dei mille soci all’azienda per il versamento della quota sociale. L’azione è stata rivendicata, in un volantino diffuso poche ore più tardi, da un nuovo gruppo estremista, «Prima linea». Mancano pochi minuti alle 12.
Gli uffici al terzo piano dello stabile ospitano, oltre all’associazione culturale dei dirigenti, la società per il traforo del Gran San Bernardo. Si spalanca la porta d’ingresso, irrompono 5 giovani a volto scoperto, armi in pugno. Le due ragazze si fermano nell’entrata, i complici spalancano le porte di tutte le stanze e ordinano agli occupanti (cinque impiegati del gruppo dirigenti e della società per il traforo, un addetto alle pulizie e un visitatore) di uscire e raccogliersi nell’atrio. Quello che coordina l’azione del commando intima: «Vogliamo le schede con i nomi dei soci». Uno degli ostaggi risponde: «Non ne sappiamo nulla, non c’è il responsabile».
Gli estremisti non insistono, costringono il gruppo ad entrare nel bagno e chiudono la porta a chiave. Poi frugano i locali fino a che non trovano gli armadietti metallici che contengono i fascicoli con le deleghe dei soci all’azienda per le trattenute della quota sociale. Li prendono e fuggono dopo aver chiuso la porta d’ingresso. Prima di uscire dall’androne, si sbarazzano delle chiavi. Le troverà poco più tardi un fattorino. Nel pomeriggio viene diffuso il volantino in cui il gruppo « Prima linea » si accolla la responsabilità del gesto.
Il commando costituirebbe il «Terzo gruppo di fuoco di Torino». L’atto terroristico è stato commentato con sdegno da tutte le organizzazioni politiche e sindacali. Il Gruppo dirigenti Fiat «il cui impegno democratico e sociale è noto, condanna questo grave atto di intimidazione da parte di sconosciuti che, ancora una volta, intendono turbare l’ordine pubblico». Solidarietà da parte dell’Associazione dirigenti aziende industriali che «deplora vivamente l’attacco portato a termine da ignoti ».
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