A proposito di preferenze e strappi democratici: un ricordo sul vecchio Pci
Ci ripensavo rileggendo le bozze del primo capitolo del mio nuovo libro che, seppure dedicato al ruolo e alla persona dell’ultimo leader comunista in attività politica, è in realtà una riflessione accorata sulla morte di quella che un tempo chiamavamo “sinistra istituzionale”.
In questi giorni si alzano, soprattutto nella “sinistra” del Pd, alti lamenti per lo strappo democratico espresso dalla nuova legge elettorale che conferma la soppressione delle preferenze. E allora forse tocca ricordare che nel grande vecchio Partito comunista (in cui non ho mai militato, né ho mai votato) c’erano le terne e le quaterne secche aggiudicate scientificamente dalla direzione alle sezioni, il divieto di propaganda personale, l’obbligo di versare metà dell’incasso al partito. Una disciplina ben più severa di quella che si sono dati i grillini. E la rappresentanza parlamentare era sicuramente la più onesta e qualificata di quei parlamenti (e senza dubbio anche degli attuali) perché venivano regolarmente eletti quelli che dovevano essere eletti a insindacabile decisione del gruppo dirigente.
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