[La morte di Lorenzo Nuvoletta è il pretesto per ricordare un autentico scoop di Sergio De Gregorio, già allora chiacchieratissimo per le sue spregiudicate frequentazioni. E ancora non avevamo visto niente]
Il giudice è stato buono. Ha permesso che don Lorenzo Nuvoletta, divorato dal cancro, si spegnesse nella sua reggia di Poggio Vallesana. Solo qualche giorno fa, infatti, erano stati concessi al boss della Cupola campana gli arresti domiciliari benché fosse evidente da mesi il fatto che il Padrino non aveva speranze di sopravvivenza.
E' troppo facile oggi fare le pulci su questo ennesimo caso di barbarie giudiziarie, di accanimento persecutorio nei confronti di quello che era oramai soltanto un moribondo. Ma intorno alla vicenda della malattia di don Lorenzo Nuvoletta si è consumata anche una piccola storia ignobile all'interno del mondo dell'informazione.
Era l'autunno-inverno '90 - cito a memoria senza riscontro d'archivio - poco dopo, comunque, l'arresto del boss di Marano. Lavoravo all'epoca al “Giornale di Napoli”, testata per la quale collaborava Sergio De Gregorio, un collega talvolta chiacchierato, a volte responsabile di comportamenti discutibili, eppure di grande talento e assai ben informato nelle cose di Cosa Nostra. Grazie a De Gregorio fummo il primo giornale a lanciare la notizia che Nuvoletta era ammalato di cancro al fegato.
Un autentico scoop, che però fu liquidato da molti colleghi come un'operazione eterodiretta dai consigliori del boss. E non era soltanto la livida invidia della concorrenza. Emergeva piuttosto una cultura del sospetto, una subalternità alle fonti ufficiali che portava tanti cronisti di nera e di giudiziaria a farsi “trombette della Vicaria”, portaparola di Questure, comandi di Gruppo e Procure varie. Gente abituata, per le quotidiane frequentazioni, a ragionare da questurini, a dimenticare che tra i nostri doveri fondamentali c'è quello che non bisogna avere pregiudizi verso le notizie scomode o che comunque lacerano il velo delle nostre certezze.
In questi tempi cupi, in cui c'è chi vorrebbe riscrivere anche la cronaca con la scolorina, e non ha pudore a smentirsi il giorno dopo facendo finta di non avere scritto il contrario il giorno prima o qualche settimana fa, andrebbe riscritto invece l'elogio della memoria e di questa elementare norma deontologica, dell'autonomia dell'informazione dalle fonti ufficiali e dal potere.
Ci dicono che nel pomeriggio agenti della Digos si siano recati negli uffici di un'agenzia di stampa e nella redazione napoletana di un quotidiano napoletano per chiedere ad alcuni colleghi come avessero fatto a sapere che il sindaco Bassolino era andato a colloquio dal sostituto procuratore Miraglia per fornire chiarimenti sulla vicenda del doppio raddoppio del suo stipendio, giudicato illegittimo dalle opposizioni consiliari e inopportuno da componenti della sua maggioranza.
Non sappiamo se si tratti di una iniziativa autonoma della Questura - ma non riusciamo a credere a un vicequestore Merolla sconvolto da un improvviso e prematuro colpo di sole - o di un atto di polizia giudiziaria. Siano andati gli agenti della Digos o ce li abbiano mandati, comunque, è lecito ritenere che questa improvvida iniziativa sia il prodotto della stizza che il sindaco Bassolino ha già avuto modo di manifestare il giorno stesso del colloquio.
E' sicuramente bizzarro che il sindaco espresso da una coalizione progressista che per l'intera campagna elettorale ha denunciato i pericoli del monopolio informativo detenuto dalla controparte si sia in qualche modo assunto la responsabilità di chiedere un'informazione blindata ma stia sicuro Bassolino e quanti altri perseguono questo disegno illiberale: non riusciranno a chiuderci la bocca.
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