[Un pezzo scritto in occasione dell'illusoria assoluzione in appello di Sofri e C. per il delitto Calabresi, con una opportuna polemica con il procuratore Pomarici]Una due giorni in chiaroscuro, quella che si è consumata per la giustizia italiana tra l'avviso di garanzia a Freda per la strage di via Palestro e le assoluzioni per l'omicidio Calabresi. Da una parte una luminosa sentenza che fa pulizia della fandonie di un ciarlatano che era già stato abbondantemente smentito dai testimoni oculari del delitto Calabresi e che pure era riuscito a convincere dapprima i carabinieri e poi i magistrati inquirenti e giudicanti che Sofri aveva ordinato e Bompressi eseguito la condanna a morte del commissario più odiato di Italia. Nonostante le evidenti bugie di Marino, le grossolane contraddizioni, i cambi di versione, l'evidente carattere non disinteressato e nient'affatto lineare della sua folgorazione sulla via di Damasco c'era voluta una sentenza delle sezioni riunite della Cassazione per stabilire che la parola di un qualunque collaboratore della giustizia non serve per condannare nessuno. Dall'altra il sostituto procuratore Pomarici, lo stesso che ha “gestito” il pentito Marino, proprio alla vigilia della sentenza che clamorosamente sconfessa il suo operato si permette di emettere un avviso di garanzia contro Franco Freda sulle base di presunte confidenze fatte dall'editore padovano a uno spacciatore di droga. Un personaggio, quest'ultimo, dal quale - assicura chi lo conosce dai tempi dell'Università - lo sprezzante e aristocratico Freda non si sarebbe fatto fare neanche la branda, ammesso che gli avesse consentito di entrare nella sua cella singola, rompendo la clausura che si assegna ogni qual volta i tribunali dello Stato democratico ritengono di chiedergli conto dei suoi cattivi pensieri. Una qualsiasi persona di buon senso, dato il carattere manifestamente infondato delle rivelazioni del millantatore, avrebbe dovuto soltanto incriminarlo per calunnia e non certo aprire le indagini contro il più radicale organizzatore della cultura della Tradizione. Ma il lupo perde il pelo ma non il vizio...
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