1 aprile 1980: il raid delle Brigate rosse contro la Dc e la macchina dei ricordi

La mattina di Pasqua, il 1° aprile scorso, Antonio Iosa, una vittima delle Brigate rosse, nel 38esimo anniversario della sua gambizzazione, ci consegna, dalla sua pagina facebook, una riflessione sulla Pasqua e il perdono, restituendoci tutte le contraddizioni di chi ha subito grandi sofferenze per le ferite patite eppure è impegnato da quasi quarant’anni in un percorso di riconciliazione con i terroristi autenticamente pentiti. Pur con tutto il rispetto che merita il suo vissuto particolarmente sofferto, questi temi non sono nelle mie corde. Trovo invece interessante come, a distanza di pochi anni, il ricordo della tragedia si sia profondamente ristrutturato. Questo è il suo racconto di domenica:

Il 1° Aprile 1980 fui oggetto di un attentato terroristico ad opera delle brigate rosse che fecero un’azione di rappresaglia contro una sezione periferica della DC milanese per vendicare l’uccisione di quattro terroristi in via Fracchia a Genova da parte dei Carabinieri dell’Antiterrorismo del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.
L’attentato terroristico doveva pareggiare il conto a Milano con la spietata uccisione di quattro democristiani scelti dai terroristi con l’uccisione alla testa. Io fui il primo prescelto per la condanna a morte con l’intimazione “inginocchiati stronzo” a fronte alla mia implorazione di non spararmi perché avevo moglie e due bambini piccoli di 7 e 10 anni.
Un momento di esitazione, dopo avere subito il sequestro e il processo della giustizia proletaria, fece sì che il gruppo di fuoco anziché mirare alla testa mirò alle gambe per timore della reazione di un gruppo di 40 soci che assistevano sbigottiti alla mia esecuzione e a quella di altri tre amici iscritti alla dc:Emilio De Buono, Eros Robbiani e Nadir Tedeschi…

Appena tre anni fa, quando in occasione del 35esimo anniversario del raid la Repubblica dedicò alla sua tragica vicenda un web doc, il suo racconto fu sostanzialmente diverso:

“Di quella sera m’è rimasto il ricordo della pistola puntata alla tempia, il terrorista che dice “se reagite sarà una carneficina”, io che lo supplico di risparmiarmi (“ho moglie e figli”), lui mi spinge contro la parete: “Inginocchiati stronzo!”. Poi rivedo solo lo sparo, l’improvvisa vampa alla gamba. Non c’è dolore, solo un calore insopportabile”. Quanti anni sono passati dall’agguato delle Brigate Rosse di via Mottarone a Milano, quattro democristiani messi contro un muro della sede e gambizzati senza pietà per vendicare i brigatisti uccisi dai carabinieri in via Fracchia a Genova? Trentacinque. Il 1 aprile ricorre l’anniversario. Nessuno ricorda più niente. Uno di loro, il più sfortunato, Antonio Iosa, 82 anni, ora è qui nel suo salotto e sfoglia l’album di una vita rovinata. Trentaquattro operazioni. Il rischio concreto dell’amputazione. Complicazioni a non finire. “Sembrerà incredibile, ma i dolori non mi hanno mai abbandonato un attimo”. Si alza, trascina la gamba: “Anch’io sconto il mio ergastolo, da sciancato” (…)  Il martedì santo del 1980, quattro sicari irrompono nella sede Dc del quartiere (oggi c’è un ristorante peruviano), annunciano “una perquisizione proletaria”, poi sparano al deputato Nadir Tedeschi, al segretario della sezione Eros Robbiani, al giornalista del Popolo Emilio De Buono, e infine tocca a lui, Iosa, accusato nel volantino di rivendicazione di “ingannare i proletari del quartiere”. Mentre rievoca tutto questo siamo proprio davanti al Perini. E’ quasi un bisbiglio: “Sul letto d’ospedale ebbi finalmente il tempo di pensare, mi resi conto che per il circolo avevo trascurato la famiglia. Me ne venne un dolore più acuto di quello per la gamba”

Che cosa ha determinato quest’operazione di riscrittura della memoria per un ricordo che dovrebbe essere ben strutturato? Al tema dell’inutilizzabilità delle testimonianze dei protagonisti per una storia evenementielle  avevo dedicato qualche anno una relazione a un convegno organizzato dalla Casa della Memoria nel 2011 a Brescia: ovviamente in riferimento ai guerriglieri neri… La storia si ripete.

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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