Raisi, il lodo Moro e un documento inedito: uno scoop bruciato 35 anni fa dalla buonanima di Santovito
«Finalmente c’è il primo documento scritto che attesta l’esistenza del Lodo Moro – dice Raisi, che oggi vive in Spagna –. Ne ha parlato di recente in Commissione Moro lo storico Marco Clementi e noi siamo andati a ritrovarlo negli archivi di Stato. È stato il governo Renzi a desecretarlo, gliene rendo merito, e ora tutti possono leggerlo. Un documento importantissimo perché fa crollare completamente la tesi del pm Cieri. Com’è possibile che io dalla Spagna trovi questo documento e gli inquirenti dall’Italia non l’abbiano mai trovato?». Raisi presto depositerà un nuovo esposto sulla strage di Bologna: «Di quale attentato parlava Giovannone? Difficile dirlo – conclude –, certo la circostanza temporale con il rapimento Moro fa riflettere».
Enzo Raisi, dal buen ritiro spagnolo, continua a inseguire la sua magnifica ossessione. E trova, ancora una volta, il Quotidiano nazionale a fargli sponda
Per la prima volta un documento scritto, segreto e riservatissimo, attesta l’esistenza del cosiddetto Lodo Moro, cioè il patto stipulato negli anni ’70 fra l’Italia e i palestinesi secondo cui gli arabi potevano trasportare armi nel nostro Paese in cambio dell’immunità dagli attentati. Il documento è un messaggio cifrato inviato il 17 febbraio 1978 dal Libano dal colonnello Stefano Giovannone, capo centro Sismi a Beirut, ai suoi superiori in Italia. Nel testo Giovannone lancia l’allarme su un’imminente «operazione terroristica di notevole portata programmata asseritamente da terroristi europei», di cui gli ha appena parlato il suo interlocutore abituale e cioè George Habbash, leader del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Non si dice quale sia questa operazione, perché Giovannone non lo sa. Ed ecco che arriva, nella seconda parte del messaggio, la prova del Lodo Moro: «A mie reiterate insistenze per avere maggiori dettagli, Habbash mi ha assicurato che l’Fplp opererà in attuazione confermati impegni miranti escludere nostro Paese da piani terroristici». Nero su bianco: «Attuazione confermati impegni». C’era un patto per tenere l’Italia fuori dalle bombe e i palestinesi si impegnavano a rispettarlo. Il Lodo Moro, appunto. Circostanza inquietante, un mese dopo questo dispaccio cifrato proprio Moro venne rapito dalle Brigate Rosse che lo uccisero il 9 maggio.
Peccato, per entrambi, che ancora una volta si confermi il vecchio aforisma: “Non c’è niente di più inedito della carta stampata”. Nessun inedito, quindi, anzi, minestra scaldata. E, come ciliegina sulla cassata, va detto che il “documento inedito” fu usato come fonte per attività investigative che non ebbero nessun esito. Per chi va di fretta può bastare leggere il passaggio specifico nel verbale della commissione Moro, IV volume, pagina 147, con la deposizione del capo del Sismi dell’epoca, generale Santovito.
Per chi ha voglia di verificare l’approssimativo uso delle fonti da parte dell’ex parlamentare finiano e una mezz’ora di tempo libero, qui, a Radio Radicale, c’è la registrazione integrale dell’audizione nella nuova commissione Moro del professor Clementi che, ovviamente, dice tutte altre cose e cita quel documento in ben altro contesto. Una più generale lezione di metodo ci viene dall’ultimo intervento del professore, pubblicato giusto ieri su Insorgenze: prima di scrivere, leggetevi i documenti…
Ciao Ugo
il documento non è nuovo e il Carlino non ha fatto lo scoop…
A citare la seconda parte (inedita) del dcocumento è stato Marco Clementi davanti alla nuova commissione Moro il 17 giugno scorso, così come da me riportato in un articolo sul Tempo:
http://www.iltempo.it/cronache/2015/06/27/era-seria-la-pista-palestinese-1.1430991
Un saluto
Gabriele