Venti anni di razzismo delle curve italiane, da Verona a Verona

Tre giornate di campionato, due episodi di razzismo negli stadi italiani. Dopo i “buu” nei confronti di Romelu Lukaku a Cagliari, l’ultimo weekend di campionato ha portato al centro delle polemiche gli ululati razzisti indirizzati all’ivoriano Kessie e gli insulti territoriali al campano Donnarumma, sentiti al Bentegodi di Verona. Il club scaligero ha preso le difese dei suoi tifosi, scrivendo su Twitter che i fischi riferivano a “decisioni arbitrali che lasciano ancora oggi molto perplessi. Non scadiamo in luoghi comuni ed etichette ormai scucite. Rispetto per Verona e i veronesi”.

La reazione del Milan

Anche il Milan ha affidato ai social la sua presa di posizione: “Vogliamo ringraziare tutti, le societa’ e i tifosi che hanno mostrato il loro supporto a Franck Kessie’. Attraverso tutta la nostra storia, abbiamo sempre onorato i valori dello sport. Per questo condanniamo, ancora una volta, tutte le forme di razzismo o discriminazione: il calcio non dovrebbe dividere ma unire le persone”.

I commenti di Dzeko e Matuidi

Sul tema razzismo, sono intervenuti anche due big del nostro campionato come Edin Dzeko e Blaise Matudi. Il bosniaco ha ammesso che “in Italia il razzismo e’ un problema più grande rispetto all’Inghilterra e ad altri Paesi. Queste cose devono finire: spero che la Federcalcio possa intervenire in ogni modo possibile per fermare questo fenomeno”.
Il centrocampista della Juve ha ribadito quanto possa essere fondamentale la tecnologia “per punire queste persone che non hanno niente a che fare con il calcio, che penalizzano i tifosi venuti a vedere uno spettacolo”. Gli stadi italiani sono stati più volte teatro di episodi razzisti che hanno macchiato il nostro campionato.

Il caso Ferrier

A partire proprio da Verona e dal caso di Maickel Ferrier. Nella primavera del 1996 l’afro-olandese stava per essere acquistato dall’Hellas ma i tifosi gialloblù si opposero al suo arrivo.Due ultras neofascisti esposero in curva un manichino nero impiccato, sorretto da due persone mascherate coi cappucci a punta, stile Ku Klux Klan. Per questo episodio i due “tifosi” vennero arrestati con le accuse di istigazione alla violenza razziale e violenza privata. Alla fine il Verona rinunciò all’operazione (ufficialmente per presunti problemi fisici) di quello che sarebbe diventato il primo giocatore nero del club. L’ex difensore venne poi messo sotto contratto dalla Salernitana.

La contestazione di Treviso

Nel 2001 fece scalpore la protesta razzista di una trentina di tifosi del Treviso, che a Terni ritirarono i loro striscioni per opporsi all’ingresso in campo del giovane Akeem Omolade. Il 17enne attaccante nigeriano era al suo esordio in Serie B. Lo stadio Liberati difese il ragazzo subissando di fischi la protesta e, successivamente, tutta Treviso si ribellò a quella brutta figura. Sette giorni dopo, per Treviso-Genoa, al Tenni tutti i giocatori biancocelesti, compresi l’allenatore Mauro Sandreani e la panchina, entrarono in campo con il volto dipinto di nero. E in quella partita Omolade segno’ l’unico gol con la maglia dei veneti. Nel novembre del 2005, fece il giro del mondo la minaccia di smettere di giocare di Marco Andre’ Kpolo Zoro. Il giocatore ivoriano del Messina non reggeva piùi continui “buu” razzisti provenienti dallo spicchio della curva avversaria. Dopo aver afferrato il pallone ed essersi diretto verso la panchina, come a voler metter fine alla partita, i colleghi dell’Inter lo convinsero in qualche modo a restare in campo. La società nerazzurra intervenne subito con Giacinto Facchetti, che a nome dell’Inter chiese scusa a Zoro.

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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