Ricordando ancora Alberto Magnaghi: Scalzone e Steccanella

Alberto Magnaghi, seduto al centro. Alle spalle Oreste Scalzone, a sinistra Toni Negri

Oreste Scalzone

Intanto, declino anch’io, facendo eco telepatica,la parafrasi usata, per render l’idea della densità complessa del dolore per la perdita di Alberto Magnaghi, da Franco Piperno : LA MORTE DI ALBERTO MI DIMINUISCE. In modo drastico, brutale. Quando muore un Amico così, è un fiotto di emozioni e memorie… Quanti miliardi di parole ci vorrebbero per dare anche solo una fuggevole ricostruzione di vita, relazioni, opere, contesti … E chi si vorrebbe subito salutare a voce, abbracciare.

Comincio da Lorenzo, il figlio musicista di Marisa e Alberto, fratello di latte stricto sensu di nostra figlia RossaLinda. Si riaffaccia con Lorenzo l’ingegno di casa Magnaghi — penso al fratello e ai suoi kiwi dorati — nel solco del nonno geografo a Scaletta Uzzone…

*** Non potrò richiamare i complici di Alberto nel tempo, altrettanti percorsi, fitte trame rizomatiche… Dalla Torino anni ’60 dei giovani comunisti vieppiú dissidenti e radicali nella rimessa in discussione “estremista”, al ’68, focolaio Architettura attigua al Valentino, ad oggi sulle colline di Firenze. In mezzo, quanto scorrere di fatti e cose, vite e destini.

**. La confluenza ne ‘La Classe’ e i clangori della lotta metropolitana — le bisarche incendiate a Corso Traiano e Nichelino… Poi il grande catino del Palasport, tentata costituente sfuggita al sogno di un rizoma solido di Soviet. ** E poi, da La Classe essendo nato Potere Operaio, tutta la sua lunga complessa vicenda (Si pensi a quante volte si è detto “giorni che valgono anni). ll processo di scioglimento strisciante del gruppo e le diverse riaggregazioni in forme, percorsi, azioni svariate e comuni…

Vennero gli anni del dilagare di lotte anche armate, contro la metropoli, lo sfruttamento, l’oppressione patriarcale, l’asfissía carcerale… Vennero le giornate campali del 77, dagli epicentri di Bologna, di Roma… Il 77 incrocia nel volgere di qualche mese l’ “attacco al cuore dello Stato” esemplificato col rapimento-Moro. È un colossale psicodramma che coinvolge variamente il Paese, piazze e Palazzi, fabbriche, galere, scuole.

*** Segue l’anno della riscossa dei poteri costituiti, l’anno delle retate del 7 aprile e del 21 dicembre. Vennero torsioni, contorsioni, lacerazioni. Pagine amare. Alberto firmò un paio di testi che in molti criticammo aspramente. Ma mai, come si vide anche nel dopo, ci fu in Alberto utilitarismo personale, e mai l’ incancrenirsi, l’incarognirsi in una fazione.

Il dopo del dopo — dopo il carcere il processo e, per lui, il cancro — si apre per Alberto una riflessione sul superamento senza rinnegamenti degli orizzonti teorici che erano stati quelli di “Città fabbrica ” e “Quaderni del Territorio“. Si pone il problema di portare il sapere critico dell’operaismo (nelle sue diverse anime, scuole e varianti) sul capitale come fabbrica di mondo, ad una progettualità al cui centro si colloca una sorta di ecosofia, nel senso deleuziano-guattariano. Le tracce di questo operoso lavorío esistono. Innanzitutto, la casa editrice “Eterotopia” è stata un luogo centrale di laboratorio e di restituzione di questa ricerca.

*** Con Lucia, avevamo visto una delle ultime volte Alberto in un meriggio di sole a una tavolata nel cortile della Calusca-Archivio Moroni-Cox Conchetta… In incontri come questo “territorialisti”, “bioregionalisti”, si applicavano a questa sognante e rigorosa avventura di critiche e pratiche. E, stringendo tra i denti il dolore e il senso di solitudine d’oggi, continueranno!

*** Un abbraccio intanto ad Anna la compagna di Alberto in questi lunghi troppo brevi anni di vita operosa; a Lorenzo, a tanti e tante “territorialisti” che non potremo purtroppo vedere di persona, questo sabato che viene . Addio addio…

Davide Steccanella

Una memoria “offensiva”

Apprendo della morte a 82 anni del Professore e architetto Alberto Magnaghi che nel 1979 fu vittima (come tanti) del “teorema Calogero” e delle infamie del “pentito” Carlo Fioroni.

Arrestato nel blitz del 21 dicembre, il 24 gennaio del 1982 sul giornale Lotta Continua fu pubblicata una sua “memoria offensiva” dal carcere, in cui denunciava «le parole del giudice al mio difensore “avvocato, gli faccia dire qualcosa che glielo metto fuori” (con riferimento alla legislazione premiale per i delatori). “Chi non ha nulla da confessare e nessuno da accusare? La cultura del sospetto vuole che sia inevitabilmente colpevole. Colpevole appunto, di non collaborazione».

La galera uccide

L’8 giugno 1987 la Corte di Assise di Appello di Roma assolverà Magnaghi per non aver commesso il fatto.

Nel 2014 aveva pubblicato per DeriveApprodi “Un’idea di libertà” e nel 2016, alla notizia della morte di Mario Dalmaviva (che era stato suo coimputato nel processo 7 aprile), scriverà su Il Manifesto: «La statistica dei compagni del Processo 7 aprile 1979 che hanno subìto una ingiusta carcerazione preventiva (fino a 5 anni e 4 mesi, come Mario) e sono morti prematuramente per malattia è impressionante: Luciano Ferrari Bravo, Augusto Finzi, Guido Bianchini, Franco Tommei, Emilio Vesce, Sandro Serafini, Giorgio Raiteri, Paolo Pozzi, Gianmario Baietta, Antonio Liverani… insomma, la galera uccide».

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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