8 settembre 1974/2: la rivolta di San Basilio nel racconto di Barbara Balzerani

san basilio
Una foto storica di Tano D’Amico, gli scontri di San Basilio visti dalle spalle della polizia. Foto filtrata con Prisma

In un primo post ci siamo affidati ad Alessandro Padula per ricostruire nel dettaglio, la vicenda della lotta per la casa di San Basilio che culminò, la sera di 46 anni fa, nell’uccisione di un giovane militante autonomo da parte della polizia. L’esito violento e tragico, il fatto che per la prima volta fosse stato aperto il fuoco da parte dei dimostranti, finirono per focalizzare sui giorni della rivolta, oscurando un anno e mezzo di lotta sociale.  

Alessandro Padula era allora un militante del movimento comunista rivoluzionario dell’area sudorientale di Roma. Divenne poi un dirigente della colonna romana delle Brigate Rosse. Quel giorno a San Basilio erano molti i compagni presenti che fecero poi la scelta delle armi. Tra questi un’altra militante del Movimento, Barbara Balzerani, all’epoca del collettivo dei Tiburtaros, che saranno tra i primi a entrare nella neonata colonna romana. Anche lei racconta quel giorno, in Cronaca di un’attesa. E’ puramente casuale che io abbia trovato due racconti di brigatisti per ricordare quel giorno a San Basilio e non deve destare meraviglia. Perché dietro la storia delle Br romane ci sono anni di lotte sociali nei quartieri e nelle borgate della capitale: 

Anni irascibili quelli, di lotte che quasi sempre contemplavano scontri di piazza. Anni di rivolte di interi quartieri contro il sopruso del giorno. Successe anche per difendere le case occupate in un quartiere tanto periferico che non sembrava neanche Roma. Tre giorni di battaglia strada per strada. All’inizio fu facile tenere testa alla polizia in quel dedalo di strade, cortili e sterrati tra i prati intorno per andare e venire. Bisognava essere del posto e sapersi muovere. La truppa non lo era e procedeva a fatica su un terreno sconosciuto e in mezzo a un’ostilità manifesta. Il quartiere, come succedeva quasi sempre in quegli anni stava tutto in piazza.

Compresi i “ladroni”, buoni compagni di strada che trovavano le loro ragioni in quelle occasioni di rivolta e che anche in carcere si mischiarono ai comunisti gruppettari, imparando la forza che ha la politica quando è in grado di cambiare le condizioni di vita. E questo succedeva in quella stagione di lotte che insegnò l’amore per la dignità di ciascuno, nessuno escluso. Oggi neanche a pensarci. Ma al terzo giorno cambiò il vento. La truppa aveva il vantaggio dei numeri e del ricambio dei belligeranti. Fu così che, con le gambe spezzate dalla stanchezza e gli occhi bruciati dai gas, subimmo l’epilogo di sangue.

Dal balcone della casa dove avevo trovato ospitalità per riprendere fiato, vedo il corpo a terra, immobile. Tra il fumo anche la testa bianca del compagno fotografo. Quella volta era toccata a Fabrizio, ventenne, armato di rabbia e di passione politica. Non lo conoscevo, ma ho ancora davanti gli occhi la compostezza di suo padre il giorno del funerale.
Finì così, col prete che non voleva la lapide-ricordo attaccata al muro della sua chiesa lungo la strada dove era stato ammazzato. Finì così, con l’illusione caduta che si potesse vincere alcunché affrontando le truppe nemiche con l’ordinaria violenza

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Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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