Il sabato più temuto, quello che ha fatto parlare di manifestanti disposti “ad uccidere” e di atmosfera “da golpe”, è passato. Con incidenti gravi e violenza dilagante, ma molto più circoscritta rispetto alle settimane scorse. A gridare “Macron dimettiti” sono stati 125.000 manifestanti in tutta la Francia, setacciati con un’operazione preventiva che ha isolato i violenti e portato a centinaia di arresti.
Impressionanti le immagini diffuse sulla pagina facebook Anarcharsis, con video che documentano la brutalità poliziesca. Gli agenti sparano grossi proiettili di gomma sui dimostranti inermi.
Le immagini scioccanti della rivolta francese, la settimana scorsa, gli Champs-Elysees in fiamme e l’Arco di Trionfo profanato, la devastazioni di interi quartieri e le centinaia di auto in fiamme hanno fatto sì che questo quarto appuntamento con la protesta della Francia “del basso” sia sembrato un sabato di ordinaria violenza. Si è svolto fino al primo pomeriggio quasi senza incidenti. Si è concluoso poi con una coda al veleno: scontri a place de la Republique con lancio di molotov e lacrimogeni, violenze a Bordeaux – con barricate e veicoli incendiati – ma anche a Tolosa.
La vera differenza è stata l’emarginazione, fin dall’alba , dei casseur. La strategia messa in atto dal ministero dell’Interno – bersaglio anche di una fuga di notizie sulla quale è stata aperta un’inchiesta – ha puntato sulla
prevenzione, la mobilità e l’efficacia. La prevenzione è stata attuata nelle stazioni ferroviarie, nei luoghi di arrivo dei pullman, sui punti di ritrovo dei manifestanti: identificazioni, perquisizioni e fermi, centinaia e centinaia ancora prima di cominciare. Negli zaini e nelle tasche di chi non ha potuto
partecipare alle proteste c’erano maschere, mazze da baseball, biglie di ferro, addirittura bocce da gioco. Trovate anche diverse armi, fionde e bottiglie molotov.
A Parigi, gli Champs-Elysees sono stati accessibili soltanto a chi aveva accettato di essere perquisito. Gli altri sono rimasti a protestare, a intonare la Marsigliese e a inginocchiarsi con le mani dietro la testa come gli studenti di Mantes-la-Jolie – la scena che ieri ha scandalizzato la Francia – ma lontani dall’Arco di Trionfo.
Il piano ha tenuto bene, anche per il dispiegamento di uomini e mezzi senza precedenti: 90.000 gendarmi e poliziotti in tutta la Francia, 8.000 solo a Parigi. E’ stato messo in campo di tutto, compresi i blindati che non si vedevano in giro da anni. Sono stati usati per sgomberare i relitti di auto e arredo urbano in fiamme. La polizia ha usato anche i proiettili di gomma. Feriti due giornalisti del Parisien colpiti appunto dalle pallottole. A un certo punto, per mettere in fuga gruppi di giovani che assaltavano i pochi negozi aperti nel Marais, sono comparsi i gendarmi a cavallo.
Parigi è apparsa una città morta, per uno dei weekend tradizionalmente più ghiotti per i commercianti, a ridosso delle feste di Natale. I negozi erano chiusi ovunque, anche i grandi magazzini, i musei, i cinema e i teatri, la Torre Eiffel, i giardini della città . Assenti le auto, poche le persone che si avventuravano a piedi, rarissimi i turisti, molti dei quali erano stati invitati dalle autorità del proprio paese a farsi vedere in giro il meno possibile. Proprio come i francesi, esortati a non uscire di casa se non per necessità imperative.
In serata sono arrivate le cifre del ministro dell’Interno Christophe Castaner, che ha parlato di “situazione sotto controllo” già alle 19, a parte le sacche di resistenza incontrollabili a Republique o nella rue Sainte-Catherine a Bordeaux: 1385 persone controllate in tutta la Francia, 974
poste in stato di fermo, 620 solo a Parigi. I feriti sono stati 118, di cui 17 poliziotti. .
La rivolta francese si è allargata anche a Bruxelles: almeno 400 persone fermate e un poliziotto ferito nella capitale belga, dove era sceso in piazza un migliaio di manifestanti. L’agente, colpito al volto, non è in pericolo di vita. Alcuni ’gilet gialli’ hanno lanciato oggetti, tra cui ciottoli, contro le forze dell’ordine schierate nel quartiere delle istituzioni europee, completamente chiuso.
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