Report carceri.5: per il Garante tra i 13 morti soltanto uno è italiano

Il dilagare delle rivolte violente e devastanti in decine di carceri italiane ci chiama a uno sforzo di intelligenza. Mancano molte informazioni, spesso le uniche fonti di stampa sono i sindacati della polizia penitenziaria. Ma in attesa di raccogliere materiali e testimonianze di altre fonti, istituzionali e non, partiamo da quel che c’è. Per ogni carcere pubblicherò una sintesi, linkando alle fonti di stampa usate. Il file sarà aggiornato sia inserendo di volta in volta le carceri su cui raccolgo notizie sufficienti, sia inserendo nuove informazioni su rivolte già inserite. In questo caso segnalerò che si tratta di una nuova edizione, evidenziano la data con il grassetto.
Giovedì 12, il bilancio del Garante
Nella serata di giovedì 12 il garante dei detenuti offre la prima sintesi affidabile della catastrofe:
Il Garante dei detenuti “sta approfondendo la situazione delle oltre 1.500 persone trasferite o in corso di trasferimento a seguito dei disordini” nelle carceri dei giorni scorsi, che hanno vissuto oggi una giornata di “calma relativa”. Uno specifico approfondimento ha riguardato un campione di 65 persone (che verrà esteso): è emerso che in tredici casi è stata predisposta la visita in ospedale, due sono ricoverati e una persona è in rianimazione.
Da “un più accurato esame” è emerso che i detenuti morti sono stati complessivamente 13 (nel conteggio di ieri era stato “erroneamente inserito il caso di una persona ristretta a Bologna che invece abbiamo appurato essere stata ricoverata in rianimazione e successivamente essersi ripresa”). Delle 10 persone identificate finora in modo certo dall’ufficio del Garante una sola è¨ italiana e tre erano in attesa del primo grado di giudizio; il più giovane aveva 29 anni e il più adulto 42. Come in casi simili, il Garante nazionale ha avviato l’interlocuzione con le Procure per avere informazioni circa l’apertura di indagine al fine di presentarsi come persona offesa.
“In questo triste contesto – si sottolinea nella nota del Garante – dobbiamo segnalare oggi un suicidio (il dodicesimo dall’inizio dell’anno) avvenuto nell’Istituto di Novara: ancora una volta si tratta di un giovane straniero, egiziano, senza fissa dimora”.
Sono “molte” le segnalazioni che stanno arrivando al Garante nazionale da parte di familiari che hanno difficoltà ad avere contatti con i propri familiari a causa dell’interruzione dei colloqui e del non pieno funzionamento del sistema delle telefonate e delle video telefonate. Il Garante “ha chiarito all’Amministrazione penitenziaria che la possibilità di video-telefonate, in quanto sostitutiva di colloqui visivi
diretti, è naturalmente estesa a tutti le persone detenute indipendentemente dal livello di sicurezza del circuito di appartenenza”. E “certamente i colloqui che avvengono con separazione completa per vetro divisorio non hanno ragione di essere limitati su base di possibile contagio diretto”.
11 giugno Il report del ministro
Alla moria dei detenuti il ministro della Giustizia Buonafede ha dedicato due righe nella sua relazione odierna. Seimila detenuti protagonisti della rivolta nelle carceri, cominciata dopo le restrizioni imposte per l’emergenza Coronavirus e in cui sono stati compiuti “atti criminali” da parte di una minoranza. Tredici morti, per cause “per lo più riconducibili ad abuso di sostanze sottratte alle infermerie durante i disordini”. Quaranta feriti tra gli agenti della polizia penitenziaria. E “gravi danni strutturali” in diversi istituti, soprattutto nel carcere di Modena – dove i morti sono stati 9 – ormai “in gran parte inagibile”.
Non ci sono parole per definire questo soggetto. Questo il verbale della seduta parlamentare
Melfi, 9 marzo: presi 9 ostaggi per molte ore
MELFI – Dopo circa dieci ore, si è sostanzialmente conclusa nella nottata tra lunedì 9 e martedì 10 marzo la rivolta di un centinaio di detenuti nel carcere di Melfi che hanno protestato contro le restrizioni decise per il coronavirus. Sono stati liberati i nove ostaggi – quattro agenti della polizia penitenziaria e cinque operatori sanitari tra cui due medici e una psicologa- e i detenuti sono rientrati nelle due delle quattro sezioni del carcere interessate alla protesta. Il bilancio è di un recluso ferito. I rivoltosi hanno preso il controllo della zona del carcere in cui si trova l’infermeria. Attorno alla struttura (una delle «carceri d’oro» fatte costruire negli anni ‘80 dall’allora ministro Franco Nicolazzi), polizia e carabinieri hanno stretto un cordone di sicurezza per evitare che, approfittando della confusione generata, qualche detenuto provi a scappare come già successo nella vicina Foggia. A supporto delle forze dell’ordine sono giunte anche ambulanze e Vigili del fuoco.
Torino Vallette, 9 marzo: barricati in 4 sezioni
9 MARZO – Tensioni anche nel carcere torinese delle Vallette a seguito del modifiche introdotte dal governo nelle modalità di colloquio tra detenuti e familiari. I detenuti di quattro sezioni ordinarie del padiglione B si sono barricati posizionando i letti contro gli accessi.
9 marzo, Siracusa: fiamme e danneggiamenti
Sono stati 70 i detenuti che lunedì sera si sono resi protagonisti di una rivolta nel carcere di Cavadonna, alla periferia sud di Siracusa. Secondo una prima ricostruzione, hanno dato alle fiamme le lenzuola all’interno della struttura carceraria, ma hanno anche causato dei danni ad alcuni arredi. Si sono vissuti momenti di grande apprensione e temendo una evasione dei detenuti i carabinieri, gli agenti di polizia ed i militari della Guardia di finanza, arrivati in forze, hanno cinturato il penitenziario mentre un elicottero dei carabinieri si e’ alzato in volo rimanendo in zona fino alle due di notte quando la rivolta e’ stata sedata. I detenuti, controllati a vista dagli agenti della polizia penitenziaria, hanno poi chiesto di parlare con il direttore del carcere chiedendo di portare all’attenzione del governo alcune delle loro richieste, tra cui l’alleggerimento della stretta sui colloqui, sospesi per effetto delle misure anti coronavirus.
9 marzo, proteste pacifiche ad Aversa e S. Maria CV
Protesta senza violenza nelle due carceri più importanti della provincia di Caserta. Tensione nella tarda serata di lunedì 9 al carcere di Aversa dove sono ospitati 197 detenuti. Molti reclusi, durante il cambio di turno poco prima della mezzanotte, hanno iniziato a rumoreggiare e protestare bruciando pezzi di carta nelle proprie celle, sbattendo oggetti
sulle inferriate. La protesta è comunque rientrata dopo circa un’ora; la situazione è sempre stata sotto controllo.
E’ rientrata la protesta di alcune decine di detenuti al carcere di Santa Maria Capua
Vetere (Caserta), esplosa nel primo pomeriggio di lunedì 9. L’opera di mediazione portata avanti dai vertici della struttura carceraria e del Dap ha convinto i detenuti a rientrare nelle celle. La protesta ha coinvolto i reparti Nilo e Tevere. Una quarantina di detenuti è salita a cavalcioni su un muro che divide i due reparti mentre gli altri rumoreggiavano; una decina è salita sui tetti. All’esterno sono arrivate le forze dell’ordine in tenuta antisommossa. Dopo quasi tre ore, i detenuti sono rientrati quando è stato concesso loro un’apertura sui colloqui telefonici con i familiari, che saranno aumentati, ovviamente per i detenuti comuni.
Matera, 9 marzo: un detenuto sul tetto
Protestano pure a Matera i detenuti della locale casa circondariale. Un detenuto è salito sul tetto. Una decina si rifiuta di rientrare nelle celle protestando contro le restrizioni ai colloqui con i visitatori imposte per l’emergenza coronavirus. Gli agenti della Polizia di Stato, i militari dei Carabinieri e della Guardia di Finanza sono intervenuti per contenere e gestire la
protesta in sinergia con la Polizia penitenziaria.
Bergamo e Augusta, 8 marzo: solo proteste rumorose
BERGAMO 9 MARZO – Situazione sotto controllo nel carcere di via Gleno a Bergamo, dove si è registrata una ’mobilitazione’ come in altre carceri italiane, ma dai toni più contenuti.
Gia la sera di domenica , dalle 21 in poi, alcune decine di detenuti hanno dato vita a una rumorosa protesta, battendo oggetti contro le sbarre delle celle e urlando dalle finestre, ma senza episodi di violenza. Alla base della protesta la limitazione dei colloqui imposta con l’ultimo decreto, in nome della prevenzione di possibili contagi.
Nessun caso di coronavirus si è comunque registrato tra i reclusi della casa circondariale di Bergamo, tra le province più colpite dall’epidemia. Nel cortile di via Gleno era già stata allestita nei giorni scorsi una tenda per il triage dei detenuti in ingresso.
Augusta, 9 marzo. – I detenuti del carcere di Augusta hanno protestato colpendo le sbarre delle proprie celle. A renderlo noto il dirigente nazionale del Sinappe, un sindacato di polizia penitenziaria, Sebastiano Bongiovanni, per il quale, pero’, la situazione è sotto controllo. “E’ accaduto nella serata di ieri – racconta il dirigente nazionale del Sinappe – quando i detenuti hanno fatto rumore colpendo le inferriate delle celle ma la protesta non si e’ estesa”. L’attenzione e’ comunque alta nel penitenziario di Augusta dove alla fine del mese di gennaio un detenuto straniero avrebbe colpito due ispettori che avrebbero voluto riportarlo in cella.
Seri danni a REGGIO E.. Fallisce sequestro a FERRARA
C’e’ anche Reggio Emilia tra le carceri in cui domenica 8 e’ scoppiata una rivolta dei detenuti Tre sezioni della casa circondariale sono state danneggiate in modo serio. Tensione anche nel carcere di Ferrara dove alcuni detenuti avrebbero cercato di bloccare un agente impugnando dei bastoni. La situazione comunque non è degenerata e l’intervento del personale penitenziario ha riportato la calma.
Report 4
FOGGIA, 9 marzo: 72 evasi, ancora 4 in fuga
Sono 4 i detenuti ancora ricercati quattro giorni dopo essere evasi durante la rivolta dal carcere di Foggia. Complessivamente, durante i disordini, dalla casa circondariale sono evasi 72 detenuti: 41 quelli catturati nella mattinata di lunedì 9 marzo, tra Foggia e Bari. Mentre altri 11 sono stati presi nella notte e 2 si sono costituiti. Martedì sono stati altri 7 gli arrestati, gli ultimi 2 a Manduria. Venerdì mattina si è costituito a Bari il figlio del boss del rione Libertà, in galera per estorsione. Le ricerche degli ultimi 4 sono state estese anche in Molise dove alcuni evasi avrebbero trovato rifugio.
Ci sono anche un omicida e tre persone legate alla magia garganica tra i ricercati. L’omicida è Cristoforo Aghilar, il 36enne che il 28 ottobre scorso ha ucciso ad Orta Nova, nel Foggiano, Filomena Bruno, 53 anni, mamma della sua ex fidanzata.
In nottata le forze di polizia hanno effettuato una ventina di perquisizioni nel Foggiano. Non è ancora chiaro se la protesta sia nata al momento dell’ora d’aria oppure se i detenuti siano riusciti ad aprire o a farsi aprire le celle per poi riversarsi davanti all’ingresso. Quattrocento quelli che hanno partecipato ai disordini. Devastate due palazzine ma anche l’infermeria e l’archivio del carcere.
Numerosi i danni causati all’interno del carcere di Foggia dove si sono registrati piccoli roghi che hanno distrutto suppellettili ed interi uffici. Alcuni detenuti hanno fatto irruzione sui tetti, mentre è stato appiccato un incendio nei pressi dell’ingresso del carcere.
Per il ministro Buonafede questa la dinamica della rivolta e dell’evasione di massa:
intorno alle ore 9,40, alcuni detenuti hanno cominciato la rivolta appiccando il fuoco a lenzuola e materassi e danneggiando suppellettili all’interno delle camere di pernottamento, attivando l’intervento della polizia penitenziaria. Nel frattempo, un numero consistente di altri detenuti, circa 200, in quel momento presenti nei cortili di passeggio a colloquio con il comandante, in massa imboccavano il corridoio verso l’uscita dei reparti. Durante il percorso forzavano i cancelli tra le sezioni favorendo l’uscita di altri detenuti e, dopo un tentativo di raggiungere la direttrice, nel frattempo sopravvenuta, tentativo fallito grazie all’intervento della polizia penitenziaria, proseguivano nella loro azione scardinando il cancello interno della porta carraia, riuscivano a vincere le resistenze della polizia penitenziaria e si portavano fuori dalle mura perimetrali dell’istituto in 72. Successivamente, grazie al lavoro congiunto della polizia penitenziaria e delle altre Forze dell’ordine, tempestivamente allertate, 56 di loro sono stati riportati in carcere. Allo stato risultano latitanti 16 detenuti, che erano soggetti al regime di media sicurezza. Risultano gravi danni strutturali.
BARI: proteste in strada, fiamme nelle celle
“Mettetevi le mascherine sulla coscienza”. E’ una delle scritte sugli striscioni dei familiari e
dei manifestanti in protesta all’esterno del carcere di Bari la mattina di lunedi 9 marzo. Al rullo di tamburo suonato fuori dalle mura, i detenuti rispondono a tempo battendo oggetti sulle grate, alle quali alcuni tentano di arrampicarsi. In alcune celle hanno appiccato il fuoco a coperte e indumenti. In una sezione alcune decine di detenuti si sono rifiutati di rientrare nelle celle.
In strada le donne, mogli e figlie dei detenuti, con mascherine sul volto e megafoni, sollevano striscioni con su scritto: “Il detenuto è uno di noi. Non lo lasceremo solo” e
“Domiciliari, indulto e amnistia per tutti i reclusi. Tutti liberi”. Polizia e carabinieri sono all’esterno a contenere la manifestazione di protesta mentre all’intero sta intervenendo la
Polizia penitenziaria.
RIETI, 9 marzo: 4 morti di overdose
Drammatico il bilancio della rivolta di lunedì 9 al carcere di Vazia. Infatti, sono stati trovati morti all’interno della casa circondariale tre detenuti. Appena si è diffusa la notizia è partita una nuova protesta, martedì mattina, con proteste verbali e battitura delle inferriate. Altri sei sono ricoverati all’ospedale De Lellis da ieri sera mentre due sono stati trasportati a Roma in elicottero in gravissime condizioni. Uno, subito in pericolo di vita, è morto la mattina di mercoledì. Durante la rivolta di lunedì, conclusa alle 21 con il rientro nelle celle dei detenuti, i detenuti avevano fatto irruzione all’interno della infermeria e della farmacia del carcere, abusando di quanto presente all’interno. Questa invece la dinamica della protesta: per alcune ore circa venti persone sono riuscite a salire sul tetto della struttura penitenziaria, con il volto coperto, brandendo spranghe, striscioni e lenzuola, urlando e colpendo ripetutamente parapetti e balaustre, al grido di “liberta’, liberta'”. Fiamme e fumo sono divampati anche da una torretta di guardia, posta sulla parte opposta rispetto a quella dove e’ divampata la sommossa.
Sul posto carabinieri, polizia e guardia di finanza, che hanno fatto irruzione all’interno del carcere in assetto antisommossa, mentre un elicottero dei carabinieri forestali vola a bassa quota, monitorando dall’alto l’evolversi della protesta. Impegnate anche squadre dei vigili del fuoco del comando provinciale di Rieti, per domare le fiamme propagatesi all’interno della struttura.
La protesta, secondo quanto si apprende, e’ divampata al rientro dei detenuti dall’ora d’aria. La Procura di Rieti ha aperto un fascicolo.
Fonti: tgcom, corriere di rieti, rietilife.com, agi
ROMA e VELLETRI 9 marzo: devastazioni e scontri esterni
Cinque ore di guerriglia all’interno di Rebibbia e Velletri, tensione anche a Regina Coeli. E fuori dal carcere in via Tiburtina anche la protesta di una quarantina di parenti dei detenuti che hanno bloccato la strada fino al tardo pomeriggio, quando una delegazione di tre donne che hanno capeggiato il sit-in al grido «Libertà, libertà!» e «Tutti liberi!» è stata accompagnata all’interno della struttura carceraria per accertarsi delle condizioni di salute dei congiunti.
Una giornata all’insegna di scontri e interventi del Reparto mobile della polizia in tutte e tre le case di detenzione, dove ci sono oltre cinquemila reclusi. Le loro proteste, per l’emergenza coronavirus, le cure e l’isolamento nelle celle, nonché i colloqui familiari contingentati per motivi di sicurezza, si sono aggiunte a quelle in tutta Italia in una trentina di penitenziari. Nessuno degli operatori delle forze dell’ordine intervenuto è rimasto ferito, mentre la magistratura ha avviato indagini per ricostruire i fatti e accertare le responsabilità dei capi delle rivolte. La polizia ha lasciato presidi attorno alle carceri romane e a quella di Velletri, per scongiurare il rischio di evasioni che non ci sono state. Ma la tensione rimane alta un po’ ovunque.
Il primo allarme a Rebibbia Nuovo Complesso, poco prima delle 14, quando decine di detenuti nel reparto G11 hanno cominciato a incendiare materassi e coperte, a battere le stoviglie sulle sbarre delle finestre. Quindi in tanti sono usciti e sono riusciti ad arrivare nei corridoi di passaggio, dopo aver scavalcato muri e pareti. Si è temuto che potessero anche uscire dal carcere ma non ci sono riusciti. I vigili del fuoco hanno spento i roghi che hanno comunque provocato danni a due piani del carcere, dichiarati inagibili. Nella notte forse alcuni reclusi sono stati trasferiti in altre strutture.
Una nuvola di fumo nero si è alzata da Rebibbia, mentre i parenti dei detenuti bloccavano la Tiburtina fra le proteste degli automobilisti. Decine di pattuglie della polizia municipale hanno deviato il traffico in entrambe le direzioni mentre l’area del sit-in è stata circoscritta con le transenne. Una donna, fra le leader del movimento, è salita su un’auto della polizia sedendosi sul cofano. Più tardi tensione anche a Regina Coeli dove però i detenuti hanno provocato danni inferiori, mentre a Velletri, dove la calma è stata riportata solo verso le 17, sono stati piuttosto ingenti con cariche della polizia e dei carabinieri insieme con personale della polizia penitenziaria e dei commissariati dei Castelli che si è precipitato nel carcere veliterno. L’attenzione a questo punto rimane molto alta, anche per quello che potrebbe accadere nei prossimi giorni.
FONTE: Corriere.it
MODENA: un caso di coronavirus innesca la rivolta
All’interno del carcere Sant’Anna di Modena, dove domenica è scoppiata la rivolta che ha portato alla morte di nove detenuti a quanto pare per overdose di farmaci, era stato precedentemente riscontrato un caso di Coronavirus in un carcerato.
Come riporta la stampa locale – circostanza confermata all’Ansa dall’Ausl di Modena – già venerdì scorso, prima dell’esito del tampone, la sanità penitenziaria aveva provveduto a isolare il detenuto in questione insieme alle persone con le quali era entrato in contatto.
Bologna, rivolta coronavirus: i detenuti devastano il carcere della Dozza armati di bastoni
Cinque sono morti nel carcere di Modena (tre trovati domenica sera più due scoperti oggi nel nuovo padiglione) ed altri quattro nelle carceri dove erano stati trasferiti: a Parma, Alessandria, Verona (mentre era in trasferimento a Trento) ed a Marina del Tronto.
Secondo il Resto del Carlino sarebbero tutti tunisini, tossicodipendenti, che hanno approfittato della rivolta per assaltare l’infermeria e fare razzia di farmaci assumendo dosi letali di metadone.
Altri detenuti sono stati portati in ospedale. Sei sono considerati più gravi, portati nei pronto soccorsi cittadini e di questi quattro sono in prognosi riservata, terapia intensiva. Lo spiega l’Ausl di Modena in un bollettino. In tutto sono 18 i pazienti trattati, in gran parte per intossicazione. Ferite lievi anche per tre guardie e sette sanitari.
FONTE: Ansa, testate locali
MILANO, 8-9 marzo: inizia Opera, a San Vittore scontri fuori al carcere e cori ‘Oi vita mia’
Il primo carcere milanese a scendere in lotta, è stato il complesso di Opera. Sull’onda di quanto trapelava da Modena, la situazione è degenerata e un paio di sezioni di un reparto, oltre un centinaio di carcerati, avrebbero distrutto «tutto quello che potevano», secondo fonti del Sappe
Protesta estesa a San Vittore la mattina di lunedì 9 marzo: detenuti sono saliti sui tetti e gridano “Libertà, Libertà” e “Vergogna”, la polizia penitenziaria e le forze dell’ordine sono intervenute per sedare i disordini nei reparti e gli incendi in alcune celle del quinto braccio, con gli agenti entrati con scudi e manganelli. Un altro momento abbastanza singolare della presa di posizione dei detenuti è avvenuto in tarda mattinata, quando dalle voci provenienti dall’interno della prigione si è alzato un coro con il ritornello di ‘O surdato ‘nnammurato’. Così, tra un “Oje vita, oje vita mia” e un “oje core ‘e chistu core”, i detenuti sono poi tornati ad urlare slogan per richiedere i loro diritti: “Noi vogliamo i nostri colloqui”.“
Dopo due ore i detenuti sono scesi dai tetti, poi un gruppo di 4 è tornato sul tetto. Il pm Alberto Nobili, responsabile dell’antiterrorismo milanese, arrivato con il questore Sergio Bracco, è entrato nel carcere per trattare con i detenuti. Un ambulatorio del quarto raggio è stato devastato, un detenuto ha ingerito una grande quantità di metadone, ma è stato soccorso.
Tra le richieste dei detenuti c’è anche la riduzione del numero di presenze. Dalla strada adiacente al carcere erano visibili carta e stracci a cui è stato dato fuoco attaccati alle grate di una finestra e getti d’acqua per contenere le fiamme.
Alla fine è stata raggiunta la tregua dopo una lunghissima trattativa tra due pm e i detenuti che avevano innescato la protesta, culminata sul tetto.
A innescare la miccia sono stati i detenuti de ‘La Nave’ il reparto modello riservato a chi soffre di forme di dipendenza. Persone che hanno scelto di seguire la strade del recupero. Creato nel 2002 al quarto e ultimo piano del terzo raggio della casa di reclusione nel centro della città, prevede celle aperte 12 ore al giorno e la programmazione di attività psicoterapeutiche, lezioni sulla legalità, corsi di musica, teatro e attività sportive. Proprio da questa particolarità deriva il nome: una “Nave” per detenuti in transito verso una nuova vita. I detenuti hanno avuto accesso all’infermeria e hanno aperto armadietti e cassaforti: come è successo altrove il pericolo è che ingurgitino il metadone usato per placare la tossicodipendenza da eroina.
Intanto viale Papiniano e le altre strade che conducono al carcere di San Vittore sono state bloccate. I vigili hanno apposto un nastro per fermare l’accesso.
Un gruppo di anarchici, che da stamane sta appoggiando la protesta dei detenuti, si è scontrato coi poliziotti in tenuta antisommossa schierati davanti all’ingresso principale del carcere di San Vittore. A innescare le tensioni il fatto gli anarchici hanno bloccato il passaggio di un pullman della penitenziaria. Gli agenti hanno chiesto loro di spostarsi e al rifiuto è scattata la carica durata pochi secondi. Nessun ferito. Coinvolto l’ex Br Paolo Maurizio Ferrari.
Fonte La repubblica, Agi, La stampa, Milano today
PAVIA, 8-9 marzo: un agente ferito lieve, due intossicati
È di un agente lievemente ferito e altri due intossicati il bilancio della rivolta scoppiata domenica sera nel carcere di Torre del Gallo a Pavia e conclusasi verso le 3 di notte di lunedì. La Procura di Pavia, nel corso della giornata di lunedì, ha smentito la notizia, che era circolata nelle prime ore, del sequestro di due agenti.
In realtà, secondo la versione fornita dagli inquirenti, ci sarebbe stata solo un’aggressione ai danni di un solo agente di polizia penitenziaria (rimasto leggermente contuso). Altre due guardie carcerarie sono rimaste leggermente intossicate a causa delle esalazioni del fumo provocate dagli incendi appiccati durante la rivolta.
La rivolta era scoppiata intorno alle 20. Una trentina di detenuti, dopo l’aggressione alla guardia, si erano asserragliati sul tetto, desistendo dalla loro protesta soltanto in piena notte. A protestare, all’esterno del carcere, sono stati anche diversi parenti dei detenuti. Sul tetto sono stati dati alle fiamme alcuni materassi.
FONTE: La provincia pavese
POGGIOREALE domenica 8: devastati 4 padiglioni
Quattro reparti distrutti e danni per milioni di euro nel carcere di Poggioreale dove ieri circa un migliaio di detenuti ha dato vita a una rivolta innescata dalla sospensione dei colloqui imposta dal Dpcm per contrastare l’epidemia da coronavirus. E Poggioreale ci ha messo, nel cuore della prima domenica del grande isolamento, il suo carico da novanta.
Quasi un migliaio di detenuti in rivolta devastano, domenica pomeriggio, il carcere napoletano, tuttora record di sovraffollamento. Scontri, percosse, colluttazioni. Padiglioni non più utilizzabili. Almeno quaranta i feriti, complessivamente: sono quasi tutti agenti della polizia penitenziaria, alcuni medicati e assistiti per sospette fratture. Si sospetta un’unica regia. Favorita dalla circostanza, proprio dalla Procura di Napoli segnalata più volte, che ormai nelle celle entrano centinaia di micro telefonini.
Racconteranno a tarda sera, sotto choc, gli uomini in divisa: “Quei reclusi volevano ucciderci: dopo avere aperto tutti i rubinetti delle celle per ore, hanno staccato i fili della corrente e ci hanno fatto arrivare per l’allarme nei locali che avevano allagato. Sono scattati i sistemi salvavita, ma queste ore non le potremo più dimenticare. Dobbiamo dire grazie ai tanti colleghi liberi dal servizio che, dopo i nostri Sos, hanno lasciato casa e famiglie e sono venuti ad aiutarci”.
La rivolta rientra in serata, in realtà, grazie ad un eccezionale spiegamento di forze dentro e fuori il carcere, con l’intervento di agenti antisommossa della polizia e dei carabinieri. A Poggioreale arrivano, appena appresa la gravità della situazione, anche il questore Alessandro Giuliano e il procuratore capo Gianni Melillo. La Procura apre un’inchiesta per devastazione. Ma si valutano anche le altre ipotesi. Dentro, a mediare, anche il garante dei detenuti, Samuele Ciambriello.
Comincia tutto intorno alle 15 a Poggioreale. Qui i detenuti che si armano – favoriti dalle regole della “socialità”, cioè celle aperte durante il giorno – sono poco meno di mille. Un esercito. Mobili, brande e suppellettili vengono fatti a pezzi e usati poi come manganelli e ” proiettili” scagliati contro le divise. Avviene al padiglione Napoli, al padiglione Milano, al Salerno e al Livorno. Gli altri, con condannati di pericolosità superiore, picchiano contro i cancelli. Urlano “amnistia, indulto”. Tutto serve perché il fiume di uomini possa guadagnarsi il via libera nel penitenziario, sabotare il maggior numero di ambienti, arrivare sui tetti del “Napoli” da cui urleranno la loro protesta. Fuori, elicottero della polizia anche nel buio. Pesante il bilancio.
Alcune ali sono totalmente allagate, l’acqua in alcuni punti arriva a quaranta centimetri dal pavimento. Materassi incendiati. Soprattutto, circa quaranta i feriti, quasi tutti agenti della polizia penitenizaria. Sei, invece, per ora, i detenuti medicati. In serata, da Roma, plauso per la capacità di risposta della penitenziaria.
FONTE: La Repubblica
FROSINONE domenica 8: devastazioni senza feriti
Mezzo carcere devastato, novantacinque i detenuti che sono stati trasferiti domenicasera presso le case circondariali di Viterbo, Civitavecchia, Cassino, Velletri, Rieti e nella regione abruzzese. E’ questo il bilancio della rivolta nel penitenziario di via Cerreto a Frosinone. Le trattative sono andate avanti fino a tarda serata di domenica e si sono concluse positivamente grazie alla mediazione del garante regionale Stefano Anastasia. Tra le richieste dei detenuti che per tutto il giorno dopo aver divelto una grata sono usciti nella zona passeggio della struttura arrampicandosi sui muri e sui cornicioni, quella di ripristinare i colloqui con i familiari e l’obbligo della mascherina e guanti per il personale operante per evitare un eventuale contagio del Coronavirus.
Fonte Tg24, Corriere della Sera
SALERNO sabato 7: distrutto un piano
Visite vietate fino al 31 maggio a causa dell’emergenza Coronavirus, scoppia la rivolta a Fuorni, con oltre un centinaio di detenuti fuori controllo e un allarme rientrato dopo qualche ora.
I fatti si sono verificati sabato 7 marzo, quando circa 200 ospiti della struttura hanno scatenato un putiferio all’interno della prima sezione. Una rivolta coi detenuti che si sono dotati di armi improvvisate come i ferri delle brande, e che hanno devastato il primo piano della struttura, arrivando perfino ad aprirsi una via verso l’esterno.
Le inferriate dei finestroni sono state divelte dai detenuti, che sono riusciti a salire sui tetti. Sul posto una task force a partire dal questore di Salerno Maurizio Ficarra, coi rinforzi inviati dalla polizia penitenziaria da tutta la regione, poliziotti, carabinieri Campania e vigili del fuoco. A sorvolare l’area l’elicottero del Nec di Pontecagnano.
Inutili i primi tentativi di intavolare una trattativa, coi detenuti che, in possesso degli idranti, hanno respinto i rappresentanti delle forze dell’ordine. Solo in serata l’allarme è rientrato ed i rivoltosi hanno fatto ritorno dietro le sbarre.
FONTE il GIORNALE
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