La sera del 23 gennaio 1973, il Movimento studentesco della Statale, l’organizzazione politica stalinista, egemone all’Università di Milano, aveva indetto un’assemblea alla “Bocconi”. Alla sua organizzazione aveva partecipato anche Roberto Franceschi, militante del MS e iscritto ad Economia politica. Assemblee del genere erano all’ordine del giorno, essendo rimasta la “Bocconi”, in quel periodo, l’unica università di Milano ancora agibile.
Quella sera, il Rettore ordinò che potessero entrare nell’ateneo solo gli studenti bocconiani che mostrassero il libretto all’ingresso. Negarono l’accesso a lavoratori o studenti di altre scuole o università. Ciò significava di fatto vietare l’assemblea. La Polizia intervenne con un reparto della terza celere intenzionata a far rispettare il divieto con la forza. Ne nacque un breve scontro con gli studenti e i lavoratori. Mentre questi si allontanavano, poliziotti e funzionari spararono vari colpi d’arma da fuoco ad altezza d’uomo. Lo studente Roberto Franceschi fu raggiunto alla nuca, l’operaio Roberto Piacentini alla schiena. Dopo sette giorni Roberto morì senza riprendere conoscenza. Vittima della volontà di scontro con i movimenti espressa dal governo centrista di Giulio Andreotti, che sarebbe caduto solo nel mese di luglio.
All’Università “Bocconi” Franceschi era uno dei leader del movimento studentesco. Il suo essere dalla parte degli sfruttati significava per lui mettere a loro disposizione il meglio della ricerca scientifica. Scrisse di lui un compagno di studi: «Roberto, la sua ferrea volontà, la sua onestà intellettuale, la sua incrollabile fede nella scienza, la sua costante ricerca della verità, il suo amore per la cultura, la sua illimitata fiducia nelle possibilità dell’uomo, dopo la sua morte, hanno aiutato me e molti altri compagni a superare le difficoltà, a correggere gli errori e ad andar avanti».
La madre Lydia Franceschi è stata per quel che ricordo la prima madre impegnata al fianco del movimento come testimone della memoria del figlio. La sua organizzazione l’ha coltivata supportando la Fondazione a lui dedicata. La commissione artistica del MS, alle cui attività collaboravano un paio di membri della prima formazione italiana di combat rock, gli Stormy Six, gli ha dedicato quella che a mio avviso è una delle più brutte canzoni politiche degli anni 70
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