30.10.77, Torino: muore Rocco Sardone in attentato pro-Raf
Rocco Sardone arriva a Reggio Emilia nel 1971 da Tricarico, il paese della collina materana del sindaco poeta, Rocco Scotellaro. Ha sedici anni e trova lavoro da operaio. Si inserisce subito nel movimenti di lotta per ottenere migliori condizioni salariali. L’impegno di Rocco è costante nell’avvicinare i proletari, soprattutto i giovani come lui. Per discutere le loro condizioni di vita e invitarli a lottare per migliorarle.
La militanza maoista
Col fratello Nicola entrano a far parte dell ‘Unione dei Comunisti (ml): i maoisti di Servire il popolo che danno vita al PCml. Nel 1974 è inviato dal gruppo a Venezia, per un intervento politico nella piccola industria. La vita a Venezia è densa di iniziative. Volantinaggi, lotte operaie, ma soprattutto moltissimi scontri con i fascisti, molto attivi nella zona di Venezia e di Mestre.
Lì stringe legami forti con le problematiche giovanili e inizia ad occuparsi seriamente non più solo di lotte salariali e sindacali, ma anche antifascismo militante, rifiuto del lavoro, importanza della musica, della comunicazione, della socialità nella formazione dei giovani.
Bologna, marzo 1977
Si trasferisce a Bologna e nel marzo 1977 partecipa agli scontri che si scatenano nel centro della città a seguito dell’assassinio da parte della polizia dello studente Francesco Lorusso.
A metà del 1977 si trasferisce a Torino con i fratelli Nicola e Pietro, e anche qui entra a far parte del movimento, e come sempre si butta a capofitto nella politica. Vuole esserci sempre, partecipa a tutte le iniziative, prende parte a tutte le assemblee, la lotta lo assorbe quasi completamente.
Un’azione per i compagni della Raf
Ad ottobre, quando arriva la notizia della morte in carcere dei militanti tedeschi della Raf, spacciata dall’informazione tutta come un suicidio, in tutta l’Italia esplode la rabbia dei compagni, e ognuno, anche individualmente, cerca un modo, uno strumento per colpire le forze dell’ordine, resisi responsabili degli ennesimi omicidi di giovani proletari.
Probabilmente è proprio per questo che, il 30 ottobre 1977, Rocco sta trasportando un ordigno rudimentale, per vendicare la morte dei militanti della Raf. Con il sogno nel cuore di dare un segnale, seppur piccolo, colpendo quello stato che da sempre combatte, con tutti i mezzi, quello stato che sfrutta, affama e poi uccide i suoi compagni.
L’ordigno che Rocco sta trasportando insieme ad altri due su di una 850, per un attentato dimostrativo contro la concessionaria dell’Audi, esplode all’altezza di Corso Toscana: un ragazzo lo porta in ospedale, dicendo che si è ferito sul lavoro e poi fugge. Rocco morirà poche ore dopo per le lesioni dovute all’esplosione e le scarse cure assicurate da un medico distratto.
FONTE: infoaut
La cronaca della Stampa sulle indagini
Fermata l’ amica del terrorista uccisa dalla bomba che stava innescando: è sua la “850,, saltata in aria – La ragazza, 22 anni, è un’impiegata della procura della Repubblica, ufficio colloqui – Nella casa del morto la polizia ha sequestrato impasti esplosivi, micce, batterie – Gli inquirenti non escludono rapporti del giovane extraparlamentare con “Prima linea”
« E’ lui, è mio figlio ». Con queste parole urlate in dialetto lucano una piccola donna vestita di nero, appena giunta da Tricarico dopo un viaggio angoscioso, ha riconosciuto ieri pomeriggio all’istituto di medicina legale il corpo straziato del giovane terrorista morto sabato notte in corso Toscana per l’a ‘esplosione d’una bomba a tempo.
Rocco Sardone, 22 anni, manovale disoccupato, da un mese a Torino ed abitante in via Beato Angelico 22. « Un buon figliolo — dice di lui il padre Antonio, 51, il viso impenetrabile e le mani sformate di chi ha sempre lavorato duro — un ragazzo dolce ». Le indagini di polizia e carabinieri, partite dall’«850» esplosa e piena di sangue, hanno portato al fermo d’una giovane incappata in un posto di blocco in via Castelnuovo ed accompagnata all’ufficio politico della questura: Flavia Di Bartolo, 22 anni, impiegata all’ufficio colloqui della Procura della Repubblica. Le ragioni di questo fermo: « Fabbricazione, detenzione e porto di ordigni esplosivi ».
E’ lei la proprietaria dell’auto saltata In aria in corso Toscana: il libretto, rinvenuto quasi intatto, è intestato anche a una sorella, Silvia, 29 anni, ed alla madre, Gina Querin, morta due mesi fa. Gli investigatori cercavano la ragazza dalla notte di sabato: I carabinieri — commentano il dottor Fiorello, capo dell’Ufficio Politico ed il dott. Criscuolo, capo dei servizi di sicurezza — erano andati nel suo appartamento di via Entracque e l’avevano trovato vuoto». Ma il letto era ancora tiepido e la casa in subbuglio come se la giovane l’avesse abbandonata in tutta fretta: nei cassetti sono stati trovati documenti che, aggiungono Fiorello e Criscuolo, «anche se non utili a questo particolare caso, potrebbero essere importanti per altre indagini sul gruppi eversivi».
Come si è giunti al «fermo»? « Flavia Di Bartolo non ha saputo fornire un alibi per i suoi movimenti nella notte della morte del terrorista. E’ caduta in evidenti contraddizioni». «Materiale importante» nell’alloggio di via Entracque e materiale ancora più significativo nella mansarda di Rocco Sardone in via Angelico: un pentolino pieno a metà d’un impasto esplosivo a base di zucchero vanigliato, colorato di potassio e zolfo; pezzi di miccia; batterie da 4 volts e mezzo e fili elettrici per il contatto. « Forse — dicono in Questura — la bomba che ha dilaniato il terrorista era fatta proprio con questa miscela e collegata a una sveglia-timer. L’esplosione si sarebbe verificata per un’errata regolazione delle lancette sull’ora di scoppio ».
Chi è, politicamente, Rocco Sardone? Un personaggio quasi oscuro che ha alle sue spalle alcune denunce per affissione di manifesti non autorizzati e per azione sovversiva a Reggio Emilia dove è vissuto, prima di trasferirsi a Torino con il fratello Nicola di 24 anni, sino a quattro settimane fa. Secondo gli inquirenti proviene dal partito comunista marxista-leninista italiano ed uguale «nascita » avrebbe Flavia Di Bartolo. «Esistono per Sardone anche legami — a livello di conoscenza se non di contatti — con alcuni esponenti di Prima linea».
Questo spiega lo sviluppo delle indagini che, a poche ore dall’esplosione di corso Toscana, hanno portato all’identificazione dell’attentatore e al fermo della sua amica: « E’ stato un lavoro “d’archivio”, lo studio di un mosaico ». Per questi stessi motivi non è da escludere che si giunga nelle prossime ore alla scoperta del complice che sabato notte ha condotto al pronto soccorso del Maria Vittoria, Rocco Sardone coperto di sangue e lo ha affidato ad una guardia giurata in servizio all’ospedale dicendo: «Ha avuto un incidente sul lavoro, lo faceta medicare. Io, intanto, vado a pagare il taxi». Ma il taxi ha atteso inutilmente che il cliente si rifacesse vivo: il giovane s’è dileguato forse saltando il muro che dà su corso Tassoni.
Sembra che nessuna delle persone che lo videro quella sera ricordi bene il suo volto: né l’agente del Maria Vittoria, né il conducente dell’auto pubblica, né Maria Mastromartino, una panettiera che abita di fronte al 24/a di corso Toscana e che è uscita sul marciapiedi subito dopo aver udito lo scoppio: « Erano le 2,30 — aveva detto la donna — ed ho visto una colonna di fumo. Subito dopo ecco due giovani che scappavano di corsa verso largo Toscana».
Uno di questi era Rocco Sardone, ferito a morte dalle schegge dell’ordigno che stava innescando sull’«850» dell’amico prima di piazzarlo, con ogni probabilità, alla concessionaria Audi-Nsu di via Viterbo. Il terrorista è fuggito, aiutato dal complice, sino a quando le forze non l’hanno abbandonato, lasciando sul marciapiedi una striscia di sangue sino alla cancellata della scuola media Frassati. Ed ancora in via Tiraboschi, via Messedaglia, via Lumi, sino in via Quadrone. Qui, una pozza rossastra e vischiosa testimonia che s’è fermato in attesa che il compagno raggiungesse piazza Vlllari e chiamasse un taxi.
Quando Sardone è giunto al pronto soccorso la mano sinistra era un moncherino sanguinante; il volto ed il petto, devastati dalle schegge e dalle ustioni. L’autopsia, compiuta ieri dal prof. Baima-Bollone, ha accertato che cause della morte, avvenuta quattro ore dopo il ricovero e un disperato intervento chirurgico, è stata causata da una «lenta emorragia interna»: tre frammenti dell’ordigno gli hanno lesionato i polmoni. [La Stampa, 1 novembre 1978]
I sospetti sul fratello Nicola
Si ricerca il fratello del terrorista ucciso dallo scoppio sulla sua auto Sabato scorso, dopo aver chiesto alla ditta in cui lavora un permesso di quattro ore, è scomparso –
Ha approfittato delle feste per un “ponte” innocente o sa qualche cosa della drammatica fine di Rocco? Si tenta di ricostruire attorno al corpo diluviato di Rocco Sardone, il giovane terrorista morto per lo scoppio della bomba a tempo che stava mettendo a punto sabato notte. Dopo il fermo di Flavia Di Bartolo, Impiegata precaria presso il Tribunale, si cerca ancora il complice dell’ucciso: il giovane misterioso che, nella notte di sabato, era con Sardone a poche decine di metri dalla concessionaria Nsu-Audi, probabile obiettivo dell’attentato finito tragicamente.
E’ il giovane che, dopo aver soccorso l’amico straziato dalle schegge, lo ha accompagnato al Maria Vittoria affidandolo poi ad una guardia giurate e dicendo: « Ha avuto un incidente sul lavoro, lo faccia medicare. Io vado a pagare il taxi che mi aspetta all’ingresso e torno ». Gli investigatori hanno compiuto ieri mattina parecchie perquisizioni in appartamenti di persone legate all’ucciso ma l’identificazione del «secondo uomo» è subordinata al ritrovamento del fratello di Rocco
Nicola, 24 anni, operaio in una fabbrica di Torino. E’ scomparso da sabato dopo aver chiesto alla direzione della ditta in cui lavora un permesso di quattro ore. Anche se, come si dice all’ufficio politico della Questura «nulla per ora lo collega all’attentato di corso Toscana , con il passare del tempo, la sua scomparsa rende via via più plausibili certi sospetti.
Nicola Sardone è irreperibile dal giorno in cui il fratello è morto per l’esplosione: è fuori città e non sa ancora nulla o si è nascosto? E, se si, perché? Secondo quanto dicono gli inquirenti, il giovane operalo avrebbe avuto, sin dai tempi in cui viveva a Reggio Emilia con Rocco, legami più o meno stretti con esponenti delle Brigate Rosse: da Renato Curcio a Tonino Paroli, arrestato proprio a Torino nel maggio del ’75.
La presa di distanze del Pcmli
Il fratello più giovane era invece militante del Partito comunista marxista leninista italiano e, sempre In Emilia, era stato denunciato per affissione di manifesti clandestini ed adunata sediziosa. In un comunicato che riecheggia quanto dice II Manifesto riguardo al giovane terrorista definendolo «vittima di una ideologia disperata e mortale che gli operai rifiutano », lo stesso Pcmli sottolinea di essersi sempre «dichiarato contrario alle anioni armate spontanee». E aggiunge: «Il profondo dolore per la morte del compagno Rocco non può purtroppo, farci tralasciare la precisazione che egli non ha mantenuto il collegamento di partito nell’iniziativa di protesta contro la socialdemocrazia repressiva in Europa » (La Stampa, 2 novembre 1977)
Post scriptum
Nicola Sardone non c’entrava niente con l’attentato. Sarà arrestato nella primavera 1981 a Magenta per appartenenza alle Brigate Rosse. Io l’ho conosciuto vent’anni dopo a Potenza, come dirigente e poi segretario regionale di Rifondazione comunista. Una bellissima persona.
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