18 aprile 1975: Firenze, la polizia uccide Rodolfo Boschi, militante Pci
Il 18 aprile, a Firenze, la polizia spara e ammazza un compagno, Rodolfo Boschi militante del PCI e ne ferisce un altro, Francesco Panichi, militante dell’Autonomia Operaia; il PCI stravolge la figura di Boschi facendolo diventare, da antifascista militante e sincero qual era, un ignaro e occasionale passante; salva la faccia alla polizia scaricando su Panichi la responsabilità dei fatti e lo manda in galera per tentare di placare la collera operaia e proletaria e sviare così i contenuti della risposta antifascista che sorgeva spontaneamente già dopo gli assassini di Milano.
La polizia attacca
Alla manifestazione indetta dall’ANPI a poche centinaia di metri dalla Federazione del MSI, la partecipazione è di massa e militante. Ma prima ancora che il corteo si formi la polizia, presente in gran numero a proteggere la sede fascista, carica i gruppi di compagni che si trovano sparsi tra il luogo del concentramento e la sede del MSI. A questo punto l’ANPI, per evitare gli scontri che si andavano moltiplicando, sposta immediatamente i compagni in Piazza S. Marco per il comizio (molto breve) al termine del quale gli scontri con la polizia si protraggono fino a tarda sera in tutta la zona. Rodolfo Boschi, impiegato dell’ENEL, fa parte da tempo del servizio d’ordine del PCI e durante il concentramento per la manifestazione dell’ANPI partecipa al presidio delle strade che conducono alla sede del MSI.
Una squadretta di picchiatori
Più tardi, in via Nazionale, la scena che già si era ripetuta durante tutta la giornata: una squadra di «picchiatori» composta da 9 individui in borghese, sta sprangando un compagno della sinistra extraparlamentare. Boschi insieme ad altri compagni, è nelle vicinanze e di fronte al brutale pestaggio fa per intervenire così come fa Panichi che stava cercando la sua ragazza; i pistoleros di Stato prendono la mira e con molta precisione sparano su Boschi e Panichi, il primo è colpito al capo e muore, il secondo viene ferito all’ascella (molto vicino al cuore).
L’understatement dell’Unità
L’Unità, in prima battuta, minimizza: tre colonne di piede a pagina 5, con la testimonianza di un compagno di Boschi che ovviamente banalizza: eravamo di passaggio… e prepara il terreno per la difesa d’ufficio delle forze dell’ordine.
La notizia della morte del compagno si sparge rapidamente per Firenze e in tutta Italia. La base del PCI rumoreggia e vuole dare una risposta concreta: due case del popolo prendono ufficialmente posizione contro l’ennesimo deliberato assassinio di Stato. Ma a questo punto interviene la direzione del PCI che impedisce l’uscita dei volantini già pronti ed emette un comunicato «ufficiale» in cui si afferma la totale casualità della presenza di Boschi in via Nazionale e addossa di fatto la responsabilità della sua morte, non alla polizia, ma al provocatore di turno che per l’occasione è bell’e pronto: Panichi.
Il Pci se la prende con Panichi
A Firenze dunque il PCI tenta di giocare una grossa carta sull’ordine pubblico accreditando ancora una volta la tesi del «poliziotto proletario e figlio dei popolo» e nel contempo, cercando con tutti i mezzi di offrire di sè e della sua base un’immagine che sia la più pacifica possibile. Ed è proprio per nascondere la realtà della ribellione ideale e pratica di Boschi come di tutta la sua base, che il PCI si inventa di sana pianta la storia della provocazione di Panichi per colpire così tutta la sinistra rivoluzionaria e in particolare l’Autonomia Operaia. La verità che comunque si vuole soffocare è che il 18 aprile a Firenze la base del PCI, gli studenti e gli operai tutti, erano scesi in piazza duramente contro la DC e i fascisti per contrapporre i fatti all’antifascismo parolaio e per dire basta a commemorare ancora i propri morti. Al processo il poliziotto Orazio Basile viene condannato a otto mesi con la condizionale per « eccesso colposo di legittima difesa».
L’analisi di Galmozzi
Firenze, per via della sua composizione sociale, per l’assenza di importanti poli operai, era una sede per certi versi anomala per una formazione politica fondata sulla centralità operaia. Però, in città, la crisi dei gruppi della sinistra extraparlamentare aveva prodotto un ampio e considerevole schieramento di militanti che si collocavano genericamente all’interno dell’area dell’autonomia operaia. Sia Potere operaio che Lotta Continua avevano avuto storicamente una presenza molto forte a Firenze. Potere Operaio si era sciolto da due anni e, anche qui, l’emorragia da Lotta Continua era stata ben anticipata dal congresso di Rimini della fine estate 1976. Questa agguerrita area di militanti è stata protagonista degli scontri nel corso delle giornate d’aprile, che erano stati i più duri a livello nazionale dopo quelli di Milano.
Il 18 aprile già al mattino un corteo tenta di raggiungere Piazza Indipendenza, dove si trova la sede del MSI; al primo tentativo di avvicinamento seguono immediatamente le cariche delle polizia.
Nel pomeriggio: “AI termine della manifestazione il corteo si è sciolto dividendosi in gruppi che si sono ricomposti nelle numerose vie di accesso a piazza Indipendenza, bloccate da· polizia e carabinieri mentre i fascisti stavano intorno alla loro sede. Gli scontri iniziati verso le 19,30 sono costati subito cari alle forze di polizia: molte camionette e un idrante in fiamme mentre compagni si organizzavano per difendere le strade e la zona; gli scontri sono continuati, persino con maggiore durezza, nel quartiere popolare di San Lorenzo dove i proletari hanno offerto un sostegno materiale e morale entusiasmante.”
Gli scontri durano per tutta la serata e sono ormai passate le 23 quando Francesco Panichi, militante di Autonomia Operaia, nota un gruppo di 9 agenti in borghese intenti a picchiare un ragazzo a terra; subito cerca di correre in suo soccorso insieme ad altri compagni ma dal gruppo di picchiatori parte il primo colpo. Francesco e gli altri scappano ma l’agente Basile prende la mira e spara ripetutamente, uccidendo Rodolfo Boschi, militante del PCI, e ferendo Francesco Panichi, militante dell’autonomia operaia.
Quest’ultimo viene ricoverato e il giorno successivo il Sostituto Procuratore afferma di non poter procedere in alcun modo contro di lui per totale mancanza di indizi. Ma a questo punto il PCI pubblica un comunicato nel quale si addossa la responsabilità della morte di Boschi a “gruppi di teppisti e provocatori che hanno fatto versare il “sangue innocente di un giovane lavoratore“. Il PCI afferma che Panichi sia intervenuto negli scontri armato di pistola e arriva ad auspicare che la polizia concentri il proprio operato contro i presunti provocatori, in modo da “impedire che si scavi un solco profondo tra i lavoratori fiorentini e le sue forze di polizia e si crei una contrapposizione.” In seguito alla denuncia del PCI, il 20 Aprile Francesco esce libero dall’ospedale ma a fine giornata viene arrestato per tentato omicidio plurimo.
Secondo la ricostruzione di Lotta Continua, che pure aveva partecipato agli scontri, la responsabilità del comunicato non ricade sugli esponenti fiorentini del PCI, ma dalla direzione nazionale del partito. Certo è che si tratta di una anticipazione della prassi del PCI di farsi stato attraverso la delazione e il fiancheggiamento della repressione persino nelle sue manifestazioni più brutali e omicidiarie. Non a caso da questo momento la pubblicistica dell’autonomia operaia, giornali e volantini, acquisterà, nella polemica politica con il PCI toni particolarmente virulenti.
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