21 febbraio 1986: cade nella prima azione dell’UCC Wilma Monaco
Alla metà degli anni Ottanta i rifugiati politici italiani a Parigi sono qualche centinaio. C’è chi va in esilio per evitare il carcere e cambiare vita, chi cerca un po’ di respiro per riorganizzarsi. Wilma arriva a Parigi nell’85, ricercata dopo l’arresto dell’ex marito.
L’impegno tra lotte legali e illegali
Dalla fine degli anni Settanta partecipa all’attività di gruppi che effettuano azioni illegali sui temi della casa, del lavoro. Ma fa anche attività legale a Primavalle, la ex borgata romana in cui si è trasferita dopo l’infanzia trascorsa nel popolare rione di Testaccio. Ha un lavoro precario. Nell’Ottantatre si avvicina a un gruppo di compagni che si sono allontanati dalle Brigate rosse per divergenze sulla ritirata strategica.
Wilma è nelle battaglie del movimento contro la guerra, nelle lotte operaie. Con i Consigli di fabbrica autoconvocati per la difesa della scala mobile. La sua vita intreccia l’attività clandestina con quella legale. Eppure non rinuncia a momenti di normalità. L’amore, il fratello più piccolo. La comune passione per la Roma.
La militanza con l’UCC
Nell’aprile 1985, quando i compagni a cui si è avvicinata finiscono in prigione, decide di andare via. Viene accolta dai militanti della Seconda posizione. La divisione nelle Brigate rosse si è consumata l’anno prima. Nell’ottobre Wilma è tra i fondatori dell’Unione dei Comunisti Combattenti. Che intende basarsi sull’esperienza delle Br e sul marxismo leninismo, per giungere a una teoria e una pratica rivoluzionarie adeguate alla situazione.
La prima azione è programmata per il 21 febbraio 1986 a Roma. Il ferimento di Antonio Da Empoli, neodirettore del Dipartimento degli Affari economici e sociali della presidenza del Consiglio, collaboratore di Craxi. Un incarico importante ma nell’ombra. Da Empoli viene ferito in modo non grave. L’autista è un poliziotto, apre il fuoco. Roberta avanza, spara per coprire la fuga dei compagni. Ma subito le gambe perdono forza. Crolla a terra, ferita. Con una guancia poggiata sul marciapiede.
FONTE: Paola Staccioli/Sebben che siamo donne
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