Pensieri e parole in ricordo di Rossana Rossanda
Ora, ovviamente, ognuno ci restituisce il “suo” pezzo di Rossanda, quello più consono. Io, in uno sforzo di estrema sintesi, sono partito dall’ “album di famiglia” evocato da Frank Cimini e rilanciato da Dario Mariani. Chicco Galmozzi, nel ricordare la sua difficoltà a connettersi, al di là dell’empatia, con il lottarmatismo non brigatista, le riconosce il merito di aver denunciato in tempo reale il massacro di via Fracchia.
C’è pure chi, invece, con un sublime paradosso, da destra adotta la tecnica staliniana del cancellino: e così, nel coccodrillo pubblicato da Il Giornale, scompare tra i soci fondatori del Manifesto proprio Massimo Caprara, che di Montanelli fu strettissimo collaboratore e firma di punta.
Vediamo, quindi che ci restituisce il nostro algoritmo facebocchiano (ovviamente mantenendomi stretto sul mio giro di compagneria)
Chicco Galmozzi
Strano che tutti ricordano l’album di famiglia e non il fatto che Rossana fu l’unica a dire che via Fracchia fu una strage di Stato.
Sull’album di famiglia va detto che non intendeva essere esattamente un complimento anche se nonostante la sua carica eretica Rossana restava figlia del suo tempo e della sua cultura. Si veda il libro intervista (utilissimo) con Mario con cui si vede che esiste un medium fatto infondo delle stesse categorie politiche.
Per noi ha avuto pure affetto e comprensione ma non ci ha mai capiti.
Non poteva farlo ma le abbiamo voluto bene lo stesso.
Bruno Giorgini
Rossana Rossanda. Ha provato a scuotere il mondo. Cominciando da Pola dove nacque. Quindi militante comunista fu cacciata dal PCI. Troppo eretica, intelligente e donna per il Partito stalin togliattiano. Così andò raminga tentando con altri il manifesto, ancor oggi “quotidiano comunista”. Ha perso. Ha vinto. Non so. Ma certo ha illuminato il tetro comunismo delle burocrazie e del gulag con un lampo d’intelligenza critica e libertaria che ancora brilla.
Paola Tavella
Ricordo di Rossana numero uno, quando mi assunse al manifesto, io ero punk e siccome il colloquio era alle 8 del lunedì’ mattina non avevo modo di rimediare, comprai un cappellino verde di feltro a Porta Portese per coprire la cresta di capelli, una gonna di velluto a ruota molto carina, mi presentai puntualissima e lei, per anni, mi chiese come mai non indossavo più capelli, che mi stavano tanto bene. Ero talmente intimidita e emozionata che le davo del lei, e Rossana dopo avermi assunta fece una serie di telefonate a chi mi conosceva chiedendo: “Ma siamo sicuri che questa ragazza sia di sinistra? Mi ha dato sempre del lei, fra compagni non si usa”.
Ricordo di Rossana numero due, quando avevo una piccola scrivania nella sua stanza, lei perdeva gli occhiali e non poteva scrivere, allora prima o poi mi accusava velatamente di averli messi io da qualche parte. Veniva convocato Piero De Gennaro, capo assoluto della segreteria, insieme li cercavamo dappertutto come per una caccia al tesoro, mettevamo a soqquadro tutto il giornale, infine lei se ne andava furiosa per via della cecità e poi, il giorno, dopo si scopriva che li aveva lasciati sul comodino.
Ricordo di Rossana numero tre, quando le arrivò al giornale un invito per l’inaugurazione del primo negozio monomarca di Prada a Roma, un evento superesclusivo, e lei comentò: “Vedi, proprio quello di cui avevamo tanto bisogno” prima di fiondarlo nel cestino con lancio di precisione. Io lo recuperai, perché ero curiosa di quel biglietto in carta pregiata, e lei commentò: “Paola, tu non sei mai stata comunista mezzora in vita tua”, aveva perfettamente ragione e lo sapevamo da subito entrambe.
Ricordo di Rossana numero quattro, quando ero giovane e flirtavo con tutti ma avevo un adorabile fidanzato ufficiale, benamatissimo da RR. Uno dei miei corteggiatori, con scuse di lavoro, entrava e usciva alla stanza mia e di RR più volte al giorno e mi ammiccava credendo che lei non vedesse, ma lei vedeva TUTTO e, dopo una settimana di questo andazzo, di punto in bianco disse: “Se una donna ha al dito un diamante farebbe meglio a non scambiarlo con un topazio”. Imperterrita, in quell’estate criminosa, l’ultima di Nicolini, uscivo con un prendisole giallo a aeroplani celesti che lasciava poco all’immaginazione. Commento di RR: “E’ interessante notare che nei paesi caldi per difendersi dalle alte temperature ci si copre, invece di svestirsi”. Poi, nelle infinite ristrutturazioni di via Tomacelli, lei finì nella stanza di Valentino (che si aggirava perennemente nei corridoi per non disturbarla) e io in un loculo senza finestra ricavato praticamente dentro un muro. Nel mio loculo potevo finalmente parlare sboccato con i colleghi e al telefono, lei però mi sentiva, quindi entrò e, ridendo, disse: “Paola Tavella, se ti esprimi in questo modo non ti sposerai mai, torna nella mia stanza e diamo questo buco al povero Valentino”. Per inciso, Valentino era sempre senza stanza per ragioni tipo questa, a meno che i vecchi non litigassero e quindi uno, o l’altra, non sparissero dal giornale per rappresaglia, e quindi Vale ereditasse una scrivania.
Andrea Colombo
Rossana Rossanda era ed è rimasta fino all’ultimo giorno della sua vita una militante rivoluzionaria. Domani sui giornali si leggeranno molte cose belle e giuste su di lei ma temo che questo particolare verrà omesso. A lei farebbe piacere che venisse invece ricordato.
Rossana si definiva una marxista e lo era: una delle più lucide intellettuali marxiste non solo in Italia. Ma era anche consapevole di non dover rinnegare il meglio dell’eredità liberale e democratica. Era libertaria e garantista, difendeva sul serio e non solo a seconda delle convenienze la centralità del Parlamento e il bilanciamento dei poteri, sapeva essere di parte e mai faziosa.
Rossana era una maestra che sapeva anche ascoltare: più di quanto non sembrasse a botta calda. Le discussioni sul ’77, dieci anni più tardi, sono state acerrime ma alla fine, quando quelle discussioni diventarono pezzi scritti e firmati, dimostrò di avere capito a fondo quell’esperienza così lontana dalla sua biografia.
Poteva essere una grande giornalista Rossana. Non sempre e non in tutti i pezzi come Luigi, ma quando si sentiva in vena era strepitosa. I suoi pezzi sulla prima guerra del Golfo sono un capolavoro anche di scrittura comica.
Però non si vuole bene alle persone perché sono grandi intellettuali o maestre. Per quello le si può stimare ma nulla di più. A Rossana volevo bene per la sua civetteria, per l’inveterata pur se mai maliziosa bugiarderia, come quando fece aspettare il segretario della svolta Occhetto per due ore di fronte alla sua porta senza riceverlo e poi spiegò “Ma perché avrei dovuto vederlo? Non lo conosco!”, o perché vedendo al cinema “Thelma e Louise” poco ci mancava che si alzasse e si mettesse a sparare in sala per l’entusiasmo.
Le volevo proprio molto bene.
Augusto Illuminati
Non solo di politica si discuteva con lei. Su quella battibeccammo spesso, poi però era gentilissima, quando inopinatamente scrissi di opera lirica mi raccontò, da brava intellettuale milanese, una serie di aneddoti su Maria Callas, che entrambi adoravamo. Il comunismo non era tutto eppure c’entrava con tutto
Alisa Del Re
Ciao Rossana, ciao compagna! Mancherai a molti. Sono addolorata e sto piangendo, ma voglio dirti grazie per tutte le discussioni che abbiamo fatto, grazie per aver mantenuto fermo il tuo essere comunista, grazie per aver cercato le ragioni del femminismo, grazie per il tuo affetto.
Mi è sempre stata amica. Mi mancheranno la sua intelligenza, persino la sua durezza nei giudizi, la sua insaziabile curiosità, la sua signorile gentilezza e l’affetto che dimostrava senza pudori per le persone che sentiva vicine
Alberto Pantaloni
Son quelle cose, soprattutto alla sua età, che prima o poi ti aspetti, ma poi quando accadono pensi che è come se se ne vada il ricordo di un’intera epoca, in un turbinio di emozioni che ci riconsegnano la ricchezza, l’amore, la profondità, l’utopia, la grande volontà di cambiare che aveva una generazione, quella generazione. Piangiamo oggi la morte di Rossana Rossanda, una delle figure più alte del lungo Sessantotto italiano…
Francesco Piccioni
Non è facile parlare di Rossana Rossanda, e si sarebbe molto arrabbiata con chiunque l’avesse voluta ricordare come una “icona”, ossia qualcosa di fondamentalmente innocuo e rassicurante. Non è facile per me, che le devo l’ingresso a il manifesto, 25 anni fa, nonostante i mugugni di molti. In queste ore abbondano i ricordi personalizzati, ritagliati sulla misura del “testimone” di questo o quell’episodio. Credo perciò che il modo più serio di ricordarla sia per un ruolo politico-culturale, dunque collettivo. Mi riferisco alla funzione avuta nell’impedire che “a sinistra”, si cementasse come “pensiero unico” la lettura dietrologica degli anni ‘70, vicende della lotta armata compresa. Non furono molti – anche dentro a il manifesto, e l’attuale decadenza lo dimostra – a condividere la sua volontà di capire la radicalità di scelte che certo non aveva apprezzato, e anzi combattuto. A motivare quella che solo i superficiali possono chiamare “curiosità” giocarono certamente diversi fattori. LEGGI TUTTO
Alessio Parrino
Erano bellissimi. Buon viaggio Rossana
Italo Nobile
Con la morte di Rossana Rossanda muore un’idea di Sinistra critica che non aveva trovato eredi all’altezza delle sfide che si sono presentate sin dalla fine del XX secolo. Dei protagonisti di quella svolta era quella che aveva più strumenti culturali, più lucidità di pensiero, più strutturazione caratteriale. Pintor e Parlato forse erano più giornalisti, ma il cervello pensante era lei. Magri e Castellina erano più politici ma proprio per questo più inefficaci. Ingrao più curioso ma più pavido non fece alla fine parte di quella esperienza
Iaia Vantaggiato
Addio a Rossana Rossanda, la ragazza del secolo scorso. Grazie per tutto quello che mi hai insegnato.
Oreste Scalzone
Rossana, Rossanda, è morta. Una folla, una ridda di emozioni e pensieri e memorie sopravviene. A dopo.
La mia ammirazione, la stima e la gratitudine per lei non sono mai venuti meno.