Rossana Rossanda: un memorial pieno di vuoti
Alla fine, nella mia bolla social, che non ha nessuna rappresentatività universale ma esprime il mio sistema di relazioni, grande è la delusione per la commemorazione celebrata ieri di Rossana Rossanda. Un memorial nel segno dei grandissimi vecchi (nel senso materiale di vecchi assai) dell’antico Pci. Alla fine, a essere materialisti basic lei ha vissuto 25 anni nel Pci, 50 fuori e contro. Qualcosa vorrà pur dire. E quindi, dopo avervi rimandato a quanto già detto, cedo la parola a due colleghi che hanno qualcosa da dire di più e di meglio.
Frank Cimini: Stocazzo 1, 2, 3
1…. sto seguendo in streaming la manifestazione in ricordo di Rossana Rossanda… ho sentito come al solito un lungo panegirico berlingueriano di Aldo Tortorella… Berlinguer metteva in galera quelli che Rossana Rossanda si batteva per far liberare… è questa la storia degli anni ‘70… ma li non se ne parla… amen
2…. una banda di berlingueriani statolatri ieri l’ha commemorata prendendola in giro… mai pronunciate le parole Moro e sette aprile… Rossana farà molte visite notturne andando a tirarli per i piedi.. uno per uno… sti miserabili forcaioli reazionari comprendendo quel gruppo di infami che adesso ha in mano il Piedifesto e non scrive una riga sugli anarchici arrestati senza ragione tra Roma e Bologna…Amen
3 …. ancora sullo show indecoroso di ieri in piazza a Roma per fingere di commemorare Rossana Rossanda… i vedovi di Berlinguer hanno la faccia come il culo… il loro partito è finito in mano ai democristiani… più compromesso storico di così si muore… ha vinto Berlinguer… si godano la loro vittoria….ottenuta con leggi speciali tortura costituzione usata come carta igienica ma almeno stiano zitti…Amen
Frank Cimini: Giustiziami
Dal Manifesto al Piedifesto. Fanno finta di celebrare Rossana Rossanda per celebrare se stessi. Il numero dedicato alla fondatrice si candida alla nomination per il festival dell’ipocrisia e del falso.
La direttrice Norma Rangeri scrive che dopo la rottura del 2012 si erano “reincrociati”, che lo scontro non era sulla linea politica, ma sulla struttura del giornale. In realtà di Rossanda, del suo pensiero e delle sue battaglie nelle pagine del giornale non c’era più niente.
Il Manifesto di Rossanda aveva candidato Pietro Valpreda per sottrarlo agli schiavettoni e alla cella. Il quotidiano di oggi non scrive una riga sugli anarchici arrestati senza ragione tra Roma e Bologna neanche quando nel caso del capoluogo emiliano il Riesame li aveva scarcerati.
Nonostante due cronisti del giornale che si dice comunista disponessero delle carte dell’inchiesta. Evidentemente c’erano e ci sono direttive precise.
Del resto sono tempi in cui si è scelto di pubblicare appelli in cui si dice che il governo Conte è il miglior esecutivo possibile.
Si, con il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, pronto a inviare gli ispettori tutte le volte che i giudici di Sorveglianza, smentendo le Procure e le Distrettuali antimafia, scarcerano un detenuto per ragioni di salute anche solo per evitare che soccomba al Covid.
Non esiste traccia che sia una di quello che fece Rossana Rossanda anche in difesa di Mambro e Fioravanti, condannati sulla base di un impianto accusatorio assurdo e poco credibile.
La battaglia sul caso 7 aprile, che resta una pietra miliare del garantismo e del diritto, tempo fa sulle pagine del Manifesto trovò “riscontro” nella celebrazione dello storico inviato dell’Unità, Ibio Paolucci, il quale era stato tra i pm di complemento dell’operazione con cui il grande partito si liberava dei suoi avversari politici.
E non possiamo non ricordare l’ultimo misfatto nel numero del 2 agosto scorso, con l’articolo di Saverio Ferrari che dava credibilità alle bufale dietrologiche della Procura generale sulla strage di Bologna, con Licio Gelli che avrebbe dato un milione di dollari a Mambro e Fioravanti.
Nello stesso pezzo si scriveva di “rapporti” tra Sisde (che nel 1978 non esisteva) e Brigate rosse, di Moro prigioniero in via Gradoli, dove non è mai stato, secondo le ricostruzioni di innumerevoli processi e della stessa commissione parlamentare di inchiesta, già di per sé capace di realizzare film fantasiosi.
Una lettera di replica alle bufale dietrologiche e complottarde firmata da diversi storici, giornalisti e addetti ai lavori non è stata pubblicata dal giornale che, a firma di Rossanda, il 26 marzo del 1978 gridava in faccia al Pci che le Brigate rosse erano parte integrante del movimento operaio. Album di famiglia.
Senza fare un plissé il Manifesto ha riportato le parole di Zingaretti che diceva di aver apprezzato Rossanda come insegnante del dissenso critico. Zingaretti, appena eletto segretario, si era inginocchiato davanti agli imprenditori del Tav.
Una vicenda drammatica, quella dell’Alta velocità: pur di vedere realizzata l’opera, il sistema condanna Dana per blocco stradale a due anni di reclusione negando le misure alternative al carcere.
Andrea Colombo
La giustizia, il carcere, il garantismo, i processi politici hanno occupato una parte non piccola dell’attività politica e giornalistica di Rossana Rossanda per alcune decine di anni. Seguì per intero il processo 7 aprile e creò con Luigi Manconi un giornale che derivava proprio dall’esperienza allucinante di quel processo, “Antigone”. Si battè per la difesa delle garanzie in tutti i processi e fu la prima a denunciare la montatura del processo per la strage di Bologna. Per anni perseguitò Niccolò Amato, allora direttore del Dap, (di solito telefonandogli a casa la mattina presto) per ottenere la scarcerazione per motivi di salute di Prospero Gallinari. Fu la più ferma di tutti nel negare le fantasie malate di complotto dietro il sequestro Moro e la più sottile nell’individuare i legami fortissimi tra le Br e la cultura del Pci degli anni ’50. Combattè una battaglia quotidiana contro il carcere e l’ergastolo e quando le chiesero, per sgambettarla, se volesse l’amnistia anche per Priebke non fece una piega e rispose con un sofferto ma sincero “Sì”.
Anche la riflessione sulle modifiche strutturali introdotte dalla fine del fordismo e del sistema di fabbrica sono state per decenni una parte fondamentale della sua riflessione di marxista lucida. Non si perdeva un testo. Il confronto con chi lavorava sugli stessi temi in Italia e nel mondo è stato continuo, quotidiano, battagliero, polemico ma curioso e aperto. Il libro che ha scritto con Ingrao, “Fine secolo”, registra in parte l’esito di quel lunghissimo confronto.Nel ricordo di ieri a Roma non c’era nulla di tutto questo. Sbianchettato come le foto dei bolscevichi ai funerali di Lenin. C’era pochissimo della Rossanda come persona, ricordi sommersi dalla retorica, e quasi niente dei quarant’anni passati nella redazione del manifesto. C’era solo, ossessivamente rimarcato, il Pci, il Pci, il Pci, il Pci. Senza polemiche, perché ciascuno fa il meglio che sa e può fare, ma non è stato (con pochissime eccezioni) un pomeriggio degno della persona che si ricordava.
vero quanto dici. Da anarchico militante, nel 71 andavo spesso a via Pomponazzi dove c’era una sede del Manifesto e ricordo pure di essermi anche scontrato con Magri per la questione Valpreda capolista alle elezioni. Rossandra fu un’anima (candida) combattiva che aveva sfanculato il revisionismo ancor prima del compromesso storico di berlingueriana memoria. Oggi c’è chi farebbe carte false per vivere quello storico ‘eurcomunismo’ dell’Enrico furioso: uomo pragmatico ma un tantino ancorato a dei presupposti che dicevano che al-di-fuori-del-PCI, sono tutti esaltati (qualcuno rammenta Estremismo malattia infantile del comunismo?) e/o provocatori e/o infiltrati e/o feccia da epurare