Le battaglie in carcere alle Murate e un ferito eccellente
La rissa descritta nella pagina fiorentina dell’Unità del 16 febbraio 1977 è soltanto uno delle decine di episodi che scandiscono la quotidianeità nelle carceri italiane negli anni di piombo. Le battaglie alle Murate si ripetono. Ne racconta un’altra Concutelli, che proprio quel 13 febbraio era stato arrestato. E il protagonista resta sempre Luciano Franci, neofascista aretino, stretto sodale di Mario Tuti. Nel primo caso a fiancheggiarlo due militanti dei Gruppi armati ordinovisti, Sandro Sparapani e Francesco Rovella. Numerosi i feriti tra gli extraparlamentari di sinistra, sottolinea il giornale del Pci. Sicuramente il cronista esagera quando parla di due coltellate al cuore per il ferito più grave, un 25 enne bolognese.
Certo, per la vittima che ha ricevuto due colpi al torace la prognosi è riservata. Ma ad attrarre la nostra attenzione è il suo nome. Fabio Ravalli. Sarà dieci anni dopo il leader dell’ultimo gruppo di fuoco brigatista, quello degli omicidi Conte e Ruffilli. La testimonianza di Concutelli è invece preziosa per un altro motivo. Perché spiega le ragioni per cui, contro ogni etica penitenziaria e malandrina i fascisti avevano ammesso nella loro comunità prigioniera un assassino come Angelo Izzo. Uno altrimenti destinato alle celle di isolamento con altri soggetti responsabili di delitti infami.
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