16.8.94 il boia ghigliottina Sante Caserio. Francia in festa

Sante Caserio nasce a Motta Visconti (Mi) il 9 settembre 1873 da Giovanni e Martina Broglia. Il padre, contadino e barcaiolo, muore nel 1887. Sante, quinto di sei maschi, inizia presto a lavorare come aiuto di un calzolaio. Inviato a undici anni a Milano da uno zio commerciante di vini come garzone, nel 1886 diventa apprendista panettiere presso il forno delle “Tre Marie” e si iscrive alla Società di mutuo soccorso della categoria che contribuirà, poi, al pagamento delle spese processuali.

La scelta anarchica

Per sua ammissione, diventa anarchico nel 1891, suggestionato dai cruenti scontri di piazza Santa Croce in Gerusalemme, a Roma, in occasione del 1° maggio (di cui furono protagonisti Amilcare Cipriani e Galileo Palla). Frequenta Pietro Gori, che pubblicava allora a Milano «L’Amico del popolo» e che verrà in seguito accusato di essere stato uno dei “cattivi maestri” del giovane panettiere se non di essere suo complice. Conosce anche Filippo Turati che lascerà su di lui un’interessante e coraggiosa testimonianza, descrivendolo come “mite, pensoso, taciturno, notoriamente affettuoso e laboriosissimo”.

Fa parte del gruppo anarchico di via Santa Sofia Porta Romana e poi di quello, da lui stesso costituito, di Porta Genova. Il 26 aprile 1892 è arrestato per aver distribuito ad alcuni soldati, sul ponte di Porta Vittoria, un opuscolo dal contenuto antimilitarista intitolato Giorgio e Silvio  («L’Ordine», 3 dicembre 1892).

Dalla Svizzera alla Francia

Condannato a dodici mesi ridotti poi a otto grazie all’appassionata difesa di Gori, durante la libertà provvisoria lascia l’Italia sottraendosi anche al servizio militare e subendo perciò una condanna per diserzione. Si stabilisce dapprima a Lugano, poi si sposta a Ginevra, Lione, Vienne e infine a Cette (attuale Sète), dove trova lavoro presso il forno Viala e viene immediatamente schedato come “anarchiste assez militant”.

Nonostante le rigide disposizioni del Ministero dell’Interno in materia di anarchici stranieri, riesce a evitare l’espulsione perché il prefetto dell’Hérault dichiara testualmente “Quant à Caserio, je ne le crois pas dangereux”. Malgrado i suoi pochi studi, è un lettore accanito. Riceve periodici come «L’Intransigeant» di Rochefort (ex comunardo, poi boulangista e più tardi ancora antidreyfusardo), «Le Père Peinard» di Pouget, «La Révolte» di Jean Grave. Legge «L’Insurgé» di Lione e si abbona alle opere di Victor Hugo.

Il viaggio per Lione

A Cette frequenta il Café du Gard, abituale ritrovo degli anarchici, il cui padrone “passe pour être un peu anarchiste” ed è in stretti rapporti con Saurel, il più noto degli anarchici locali. All’inizio di giugno 1894 legge la notizia della prossima visita a Lione del presidente della Repubblica François Sadi Carnot, del presidente del consiglio Casimir Périer e di altre alte personalità, per l’inaugurazione dell’Exposition Universelle. Convinto di dover vendicare August Vaillant, a cui Carnot aveva rifiutato la grazia nonostante la marmitta esplosiva da lui lanciata in pieno Parlamento non avesse fatto vittime, lascia il lavoro la mattina del 23 giugno, acquista un pugnale e parte alla volta di Lione.

Copre la tratta Cette-Vienne in treno, facendo tappa a Montpellier, Tarascon e Avignone e percorrendo a piedi (per mancanza di denaro) il tratto Vienne-Lione (poco meno di 30 chilometri). Giunto in città, aspetta nei pressi del Palais de la Bourse, dove aveva luogo il banchetto, fino all’apparire, verso le nove di sera, del corteo presidenziale diretto al Grand Théatre per la rappresentazione di Andromaque.

Un colpo al cuore di Carnot

Avvicinatosi indisturbato al landeau del Presidente, riesce a vibrargli un colpo mortale. “Si sarebbe quasi portati a credere”, scrisse Gori, “che un potere misterioso abbia condotto Caserio sul posto preciso ove passava il corteggio del Presidente”. Subito dopo l’arresto, al diffondersi della notizia, una folla esasperata si dirige, al canto della Marsigliese, al consolato italiano, difeso a stento dalla truppa. Caffé e negozi tenuti da italiani vengono saccheggiati e incendiati, bande di manifestanti bloccano i pompieri e danno la caccia ai macaronis.

Le rappresaglie antitaliane

Per ristabilire l’ordine a Lione sono inviati numerosi squadroni di corazzieri. In poche ore vengono fermate 1.200 persone. “En aucun temps, même pensant la Révolution, même pendant les pires jours de la Terreur blanche, au moment des insurrections de Lyon, la prison n’a reçu un nombre aussi considérable de détenus”. In molte città francesi i lavoratori italiani sono licenziati. E se lo chansonnier operaio Jean-François Gonon canta: “Ne crions pas: Mort aux Italiens”, c’è chi auspica una guerra all’Italia.

Il giorno 27 circa 2.500 italiani arrivano a Torino dalla Francia. Il console italiano a Lione parla di oltre 3.000 rimpatri. All’ambasciata italiana di Parigi arrivano centinaia di telegrammi di cordoglio provenienti dall’Italia, tra cui quelli del re Umberto I e del presidente del consiglio Francesco Crispi e di alcuni cittadini di Motta Visconti, indignati dal gesto compiuto dall’“infame” Caserio.

Gli arresti dei sostenitori

Nel contempo però i giornali francesi danno notizia, per oltre tre mesi, di arresti per “apologia” dell’assassinio. A Clichy e a Saint-Ouen alcuni “camelots anarchistes” sono colti nell’atto di vendere a cinque centesimi immagini “représentant la glorification de Caserio dans l’accomplissement de son crime”. Alexandre Dumas figlio viene condannato a tre mesi e un giorno per apologia di reato e perché in possesso di pamphlets inneggianti a Ravachol, Vaillant, émile Henry. Louise Michel da Londra esclama: “Une fois de plus, l’anarchie aura bien mérité l’humanité”. Quanto all’armaiolo che aveva venduto il pugnale, ne espone parecchi in vetrine con la scritta “souvenir historique” e riceve centinaia di ordinazioni.

Il giro di vite

L’uccisione di Carnot provoca un nuovo giro di vite legislativo. Il nuovo governo Charles Dupuy (Périer è infatti stato eletto alla presidenza della Repubblica) vara una nuova legge che, con le precedenti, costituisce il complesso delle cosiddette “leggi scellerate”. Il presidente della Ligue des droits de l’homme, Francis de Pressensé, scrive di “violation de tous les principes de nôtre droit”. Quasi tutti i giornali attaccano la legge. «La Justice» parla di “régime russe”, mentre «La Petite République» di “crime de haute trahison”. Perfino «La Libre parole» dell’antisemita Édouard Drumont vede minacciata la libertà e Rochefort, dalle colonne de «L’Intransigeant», si scatena in editoriali pieni di ironia e di inventiva: “Mais quelle énergie chez ce garçon boulanger”.

Sante Caserio

Il processo e l’esecuzione

L’interrogatorio di Caserio viene chiuso il 15 luglio e il 2 agosto ha inizio il processo. L’imputato sceglie come difensore l’avvocato Podreider, amico nonché avvocato di Gori stesso, che però, per la legge francese, avrebbe potuto soltanto assistere il difensore d’ufficio. Podreider tuttavia, di fronte al rifiuto di Caserio di tentare la carta dell’infermità mentale, lascerà l’incarico. Solo il curato di Motta Visconti, pregato dalla famiglia, presenzierà al processo. Il 3 agosto è condannato a morte e, avendo rifiutato di ricorrere in Cassazione, viene giustiziato, come recita la canzone, «il sedici d’agosto / sul far della mattina”.

Lombroso e Gori

Nel luglio 1894, poco dopo l’attentato, Cesare Lombroso inizia a scrivere il libro Gli anarchici, in cui Caserio sarà non solo il protagonista del settimo capitolo, Rei per passione (giovani, dalla “fisionomia bellissima”, privi di complici e “modello dell’esagerazione della virtù”), ma comparirà anche tra i “suicidi politici”, gli “isterici politici”, gli “assassini filantropici”, i “neofili” ecc. Libro a parte, Lombroso interviene a caldo dopo l’esecuzione nella «Piccola antologia» e con lui, sulle colonne di altri periodici, figure come Guglielmo Ferrero, Vincenzo Morello (Rastignac) e Mario Morasso, oltre ai già citati Gori e Turati.

A Gori si deve anche il canto Sante Caserio che ha contribuito notevolmente a creare un alone di eroismo e di martirio attorno alla sua figura (“martiri ignoti o schiera benedetta / già spunta il giorno della gran vendetta”) e che, cantato sulle piazze di Viareggio, attrae il giovane Lorenzo Viani all’anarchia. Anche Armando Borghi ricorda (Borghi, p. 32): “Molta commozione fra noi per la giovinezza di Caserio. Le canzoni popolari lo cantavano”. Numerose sono infatti le canzoni, conosciute in diverse varianti, sulla fine del “bel ghigliottinato” e in molte di esse risuonano le varie versioni dei noti versi “I miei compagni son dell’Anarchia / io facevo il fornaio e non la spia”.

Fonte: Biblioteca Franco Serantini

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.