L’espulsione dalle Br della Walter Alasia: all’epoca la stampa non capì niente

Spaccatura fra le Brigate rosse a Milano, prevalgono i «militari». Nuovo comunicato sull’uccisione di Briano e Mazzanti. La «Colonna Walter Alasia» rivendica, con prove, i due delitti contro i dirigenti assassinati nel capoluogo lombardo – Anche i «politici» vogliono uccidere, ma dopo
Il titolo che la Stampa del 2 dicembre 1980 dedica alla scissione delle Brigate Rosse è esemplare. Chi comunica una scelta politica ammazzando ha una logica militarista. I giornalisti, in fondo, sono persone semplici. Oggi sappiamo che era esattamente il contrario. I milanesi, ispirati dai prigionieri del nucleo storico che poi promuoveranno la nascita del Partito Guerriglia, erano contrari alla deriva militarista, alla logica dello scontro tra apparati di guerra e avevano provato a dirlo nella direzione nazionale allargata riunita sul litorale romano in estate. Proponevano perciò un ritorno alla fabbrica. Al luogo cioè dove, nei primi anni Settanta le Brigate rosse erano nate e si erano date fondamento e legittimità politica. Anche i brigatisti erano persone semplici. Non coglievano la catastrofe del lavoro operaio, su cui aveva dimostrato maggiore intelligenza l’Autonomia. Eppure, in un partito combattente, anche la battaglia politica interna si sviluppava attraverso le azioni armate: e quindi la Walter Alasia, appena espulsa dalla direzione nazionale, uccide due dirigenti industriali …
L’analisi della “Stampa”
DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE
MILANO — «Qui Brigate rosse, colonna Walter Alasia, in un cestino di fronte al giornale troverete nostri comunicati”, questa la telefonata giunta ieri pomeriggio al centralino del quotidiano La Repubblica. Nel luogo indicato i cronisti hanno trovato una busta bianca con il documento che rivendica le uccisioni dei dirigenti Renato Briano e Manfredo Mazzanti, l’originale della copertina dell’opuscolo numero 8 della brigata Alfa Romeo, negativi di fotografie scattate il 10 aprile scorso durante un’irruzione nella sede dc di via Mottarone (ferimento dì quattro persone) e quattro copie di un volantino indirizzato a «tutto il movimento”.
La Brigata Walter Alasia ammette in sostanza la frattura all’interno delle Br, afferma di essere l’unica portatrice della “verità” rivoluzionaria e si pone come punto di riferimento per ricostituire l’unità.
Quei burocrati della morte che sono i telefonisti e gli estensori dei documenti dei gruppi eversivi continuano dunque a combattersi con la grottesca guerra dei comunicati, rivendicando assassinii, smentendo le rivendicazioni, smentendo le smentite e alla fine cercando di fornire le prove dell’autenticità del proprio marchio di fabbrica.
Ci troviamo di fronte a un macabro litigio. Si eviterebbe volentieri di discorrerne, anche per non trasformarsi, malgrado ogni nostra volontà e intenzione contraria, in addetti stampa di bande di criminali, se il parlarne non potesse aiutare a capire, prevenire, difenderci.
Se la stessa prova del litigio e della conseguente frattura all’interno dell’organizzazione eversiva non fornisse a tutti i cittadini un motivo di conforto o di speranza ancorché labili. Le forze dell’ordine possono combattere più facilmente un gruppo dilaniato dai dissidi che non una banda armata, militarmente compatta, qual era quella dei brigatisti prima delle «dissociazioni» di Patrizio Peci e dì altri membri.
La guerra dei comunicati si era iniziata venerdì mattina in una Milano scossa e sdegnata per l’uccisione del dirigente della Falck, Manfredo Mazzanti. Telefonata all’Ansa: “Qui colonna Walter Alasia delle Br, abbiamo eliminato noi Briano e Mazzanti”.
Era proseguita sabato mattina. Chiamata telefonica a La Repubblica. «Qui Brigate rosse, non c’entriamo con Briano e Mazzanti, in via Manzoni troverete la nostra “risoluzione strategica” di ottobre. E’ la prova che diciamo la verità».
La «risoluzione» era nel luogo indicato e ieri sera è stata f atta trovare anche a Genova. Sabato sera altra telefonata a un’emittente privata «Colonna Walter Alasia, brigata di Sesto San Giovanni, confermiamo le eliminazioni dei dirigenti, in una cabina ci sono i nostri volantini».
Ieri pomeriggio, infine, i componenti della Walter Alasia si sono fatti vivi per la terza volta. Che cosa succede nel mondo del terrorismo?
Prima del ritrovamento dell’abbondante materiale di ieri gli inquirenti facevano almeno tre ipotesi: 1) l’unico documento autentico è la «risoluzione strategica» trovata in via Manzoni, quindi le Br non c’entrano con gli assassinii di Briano e Mazzanti;
2) sono autentici tutti i documenti, quindi nelle br c’è una frattura tra «politici» e «militari», una frattura forse più grave di quella registratasi nel 1974 o quattro anni dopo con l’allontanamento del gruppo di Faranda e Morucci;
3) i documenti sono tutti autentici, ma la frattura all’interno dell’organizzazione non esiste. La contraddittorietà delle comunicazioni fa parte di una sorta di «gioco degli specchi» per creare confusione e sconcerto.
La seconda ipotesi, quella del dissidio, appariva la più valida.
Ora con l’«imprimatur» dei componenti della Walter Alasia c’è la prova inconfutabile della frattura. L’ammissione viene dall’interno dello stesso gruppo criminale con la precisazione che tutti i terroristi milanesi condividono il punto di vista della brigata di Sesto San Giovanni. Quello espresso da chi parla a nome delle Brigate Rosse e prende le distanze (naturalmente) è il punto di vista ortodosso. Quello che ha come base la «risoluzione strategica» dell’aprile 1978, diramata nel corso del sequestro Moro.
Dopo le «dissociazioni» di Peci e di altri si era fatta l’ipotesi che si svolgesse un intenso dibattito su questi punti.
Continuare con le «azioni militari» (cioè con gli assassinii)?
Realizzare altre forme di terrorismo, incendi, assalti ai treni?
Porre al centro della propria strategia la fabbrica e tentare di stringere alleanze all’interno delle aziende?
Insistere nell’opera di «destabilizzazione» del sistema carcerario per accaparrarsi le simpatie di tutto il «proletariato extralegale» (cioè dei delinquenti comuni)?
Il documento fatto trovare ieri conferma l’esistenza di questo dibattito. Ma dalla discussione non è sorta alcuna linea di compromesso. I diversi punti di vista si sono trasformati in radicale dissidio tra i fautori di un’accentuata linea «militaristica» (come appaiono i componenti della «Walter Alasia») e i fautori di una linea più «politica».
Entrambi si scambiano l’accusa di «avventurismo». Naturalmente bisogna intendersi sul significato del termine «frattura». Non è che gli uni rinunciano al delitto e gli altri no. Entrambe le fazioni lo vogliono, ma in tempi diversi. Le previsioni rimangono pessimistiche. Il rischio che. soprattutto in Lombardia, si lamentino altre vittime è molto elevato. Ma nello stesso tempo, come ammette la stessa «Walter Alasia», i litigi possono favorire l’opera delle forze dell’ordine.
Clemente Granata
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